Oggi ho improvvisato una gita verso Snæfellsnes. Il tempo sembrava avrebbe tenuto, dalle previsioni, e le condizioni stradali erano ottime secondo il sito road.is. Ho già visitato la penisola numerose volte, ma mai in pieno inverno. Ho pensato fosse l’occasione giusta per visitare il Museo dello Squalo, nella località di Bjarnarhöfn, sulla costa nord della penisola. Raggiungibile con una piccola deviazione dalla strada principale che collega Stykkishólmur a Grundarfjörður.
Il museo si trova in un edificio accanto alla fattoria, di proprietà della stessa famiglia da generazioni. Sul terreno della proprietà è collocata anche una graziosissima chiesetta tradizionale, adagiata su uno sfondo drammatico.
Il museo è piccolo e molto accogliente, e ospita una mostra sulla fauna del luogo, unitamente ad una ricca collezione di reperti della vita dei pescatori di una volta. Attrezzi, cordame, mascelle di squalo e molto altro. L’ingresso costa 1200 corone. Degustazione della “delizia” inclusa.
La specie che viene pescata e utilizzata per la creazione di questa antica leccornia locale è quella di squalo groenlandese, una bestia enorme che vive nell’Atlantico settentrionale, ma in particolare intorno all’Islanda e alla Groenlandia. Ha un metabolismo molto lento, in virtù del freddo del suo habitat, e può vivere per centinaia di anni!
Gli squali venivano pescati già dal 1300, ma inizialmente non per la carne, che è tossica allo stato naturale. Venivano pescati per il fegato, che produceva un olio molto più limpido e che bruciava meglio degli oli di altri animali marini. Era molto ricercato per le illuminazioni stradali in Europa. L’olio di fegato di animali marini, consumato oggi per la vitamina D si chiama ancora lýsi, dalla radice per “luce”, perché usato appunto per l’illuminazione in epoche antiche.
La famiglia che gestisce il museo pescava tradizionalmente gli squali per la lavorazione, mentre oggi vengono acquistati dai pescatori di altre parti del paese che li raccolgono per sbaglio mentre pescano altri pesci con le reti a strascico. In media ne vengono lavorati una settantina di esemplari all’anno.
La carne è impregnata di sostanze che funzionano da antigelo per lo squalo, il quale vive a profondità di 1-3 chilometri, con temperature di poco sotto agli zero gradi. Questi antigelo sono tossici per l’uomo, ma si convertono in ammoniaca con la fermentazione, durante la quale vengono poi spurgati.
La bestia è enorme e può raggiungere sette metri. Non ha ossa ma solo cartilagine. La carne viene tagliata in filetti da qualche chilo.I filetti sono ammucchiati in cassoni di legno con spazi di alcuni centimetri tra le assi, e rimangono a fermentare per 6 settimane in stanze ventilate, dopodiché vengono appesi a seccare sui dei graticci coperti all’aperto, e lì restano per tutto un inverno. Intorno alla carne si crea una sorta di pelle scura che non si mangia ma svolge una funzione protettiva rispetto ad insetti e parassiti.
Anticamente la carne di squalo era consumata più regolarmente, almeno nelle zone in cui la bestia veniva pescata, quindi non in tutta l’Islanda, e poteva accompagnarsi alla pappa di avena. Essendo ricca di proteine, grassi, vitamine, minerali e altre sostanze era un ottimo nutriente per la popolazione.
La pelle dello squalo è cosparsa da microscopici uncini, e anticamente veniva usata come carta vetrata. Non sfregatela con il palmo della mano in senso opposto a quello degli incubi perché fa parecchio male!
Appesi a questo muro trovate alcuni esempi di reperti rinvenuti negli stomaci di squali: pelli di foca, cuccioli di balena, pelli di orso polare…
L’esibizione si conclude con un assaggio di carne di squalo fresca. Ero pronto al peggio, conoscendone bene il sapore…ma probabilmente l’averlo degustato sul luogo di lavorazione ha fatto la differenza perché non l’ho trovato affatto cattivo questa volta! Era un sapore più delicato di formaggio francese.
Oltre al museo abbiamo fatto tappa in alcune altre parti della penisola di Snæfellsnes. C’era poco vento e la temperatura era di circa 2°. Non ci siamo mai messi i giacconi per uscire se non per andare alla cascata di Kirkjufellsfoss (nella foto sotto), per via del percorso più lungo. Altrimenti per uscire dall’auto e guardare il panorama era sufficiente la maglia che vedete nella foto sopra.
Consiglio caldamente il museo per chi voglia conoscere meglio aspetti della società islandese al di là del semplice sight-seeing!
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