Un altare celtico in Islanda

A fianco della Hringvegur/Strada anello, poco fuori da Reykjavík e sulle falde dei Monti Esja si trova una fattoria, Esjuberg, la cui storia è tra le più antiche in Islanda. La fattoria è raggiungibile deviando a destra sulla strada per Borgarnes, in corrispondenza del cartello Kerhólakambur, che indica il nome di un rilievo che è meta assai popolare per le camminate, tra la gente della capitale islandese. Qui, sui terreni della fattoria di Esjuberg, fu fondata la prima chiesa cristiana in Islanda, come raccontato nella Saga degli abitanti di Kjalarnes (Kjalnesinga saga).

La saga è l’unica a trattare eventi avvenuti nei dintorni di Reykjavík, e purtroppo la capitale islandese manca di una saga dedicatale.

In questi anni, nella zona di Kjalarnes, che è una frazione del comune di Reykjavík, sta pian piano prendendo forma un progetto per il quale un altare all’aperto con la pianta di una croce celtica sta venendo costruito sul terreno della fattoria di Esjuberg, per commemorare e mantenere viva la memoria storica dell’arrivo del cristianesimo in Islanda, che fu presente fin dalle origini, e non soltanto dall’anno mille con la conversione ufficiale. Alcuni dei coloni che nel IX/X secolo si stabilirono in Islanda erano già cristiani.

Il monumento consiste in due cerchi concentrici di pietre che faranno da panche, sormontate da uno strato erboso decorativo, al centro ci sarà un altare di roccia con la riproduzione di una croce del monastero scozzese di Iona. Esso si fonde perfettamente con il paesaggio circostante.

Il concept dell’altare all’aperto (Immagine: Sögufélagið Steini)

Trovo questa iniziativa davvero bella, perché il concetto di paganesimo viene costantemente distorto e propinato ai visitatori nei modi più pacchiani e antistorici, nonostante l’Islanda abbia avuto soltanto un secolo circa di paganesimo e un millennio abbondante di cristianesimo.

Penso che il problema è che per molti di noi oggi “cristianesimo” evoca immagini di prediche pedanti, vecchi bacchettoni che fanno discorsi percepiti come retrogradi, masse di disperati in preda all’isteria per il miracolatore di turno e deserti medio-orientali.

“Paganesimo”, per contro, evoca immagini di eroi che si muovevano in un mondo fatto di foreste di conifere, montagne nebbiose e isole misteriose nel freddo oceano del nord. Magia, mistero, rune e altre cose del genere hanno un fascino irresistibile, e lo capisco bene. Tuttavia, mi causa parecchia frustrazione il fatto che in un mondo dove l’informazione è così accessibile, la gente scelga lo stesso di rimanere arroccata nei suoi preconcetti senza voler andare a fondo delle cose. Ciò risulta ancor più insopportabile se consideriamo come questa fobia del cristianesimo stereotipato abbia risvolti pratici ridicoli. Un esempio per tutti: il capolavoro letterario di Gunnar Gunnarson è stato pubblicato da Iperborea con il titolo bellissimo ed evocativo di “Il pastore d’Islanda” ha in realtà un titolo ben diverso nell’originale: “Aðventa“. Sapete perché non l’hanno tradotto con “Avvento”? Perché avevano la paura – più che giustificata – che, per certi pregiudizi sulla pesantezza e la noia di tutto quanto è Cristiano, la gente non lo leggesse. E invece ora è diventato un bestseller natalizio – come è giusto che sia.

Gli islandesi stessi non sono immuni da questa auto-fobia mirata al cristianesimo: nonostante esso sia tutt’ora la religione di stato, molti di loro amano rimarcare il fatto che – a parte i matrimoni e i funerali – in chiesa non ci va più nessuno. Gli stranieri invece sono campioni nel proiettare i loro sogni su questa società e vengono qui convinti di trovare il paradiso dell’ateismo e del razionalismo. Magari lo trovano anche, perché si muovono in circoli dove la maggioranza è atea, e poi spiattellano a mezzo internet per tutto il cosmo che l’Islanda è una terra 100% atea.

In circoli dislocati ovunque sullo spettro politico, non è raro incontrare l’idea per cui dove il cristianesimo sarebbe un cancro. Se sei di certa destra il cristianesimo è quella religione debole ed effemminata che ha soppiantato i valori mascolini del paganesimo germanico (valori immaginati oggi n.d.a) e che è alla radice di quell’universalismo che è alla base del turbomondialismo che vuole cancellare le peculiarità dei popoli, se sei di certa sinistra il cristianesimo è un’associazione a delinquere di stampo oscurantista che vuole controllare le vite delle persone imponendo il proprio ethos, è una sorta di setta cospiratoria che per tutta la sua storia ha represso la libertà individuale.

Entrambe queste visioni sono profondamente sbagliate e riduttive. Un esempio di confutazione per la prima tesi è che le letterature nazionali emerse nel medioevo, e recuperate dai romantici con l’emergere del nazionalismo, sono un risultato della diffusione della cultura cristiana, che portava con sé la tecnologia della scrittura e la competenza autoriale sviluppata dagli autori classici. Nel secondo caso, si potrebbe citare il fatto non trascurabile che in un mondo dove gli omosessuali venivano ammazzati a vista, la chiesa offriva un rifugio che li rendeva intoccabili. Non certo la soluzione più auspicabile, ma un’alternativa al bullismo e alle vessazione che altrimenti sarebbero stati l’unica opzione. Il processo a Galileo, invece, sempre dipinto come una violenta repressione di una setta di crudeli oscurantisti contro la luce del progresso scientifico, era semplicemente una questione di forma, per la quale la chiesa pretendeva (e giustamente) che Galileo non presentasse le sue scoperte come verità assolute, perché il consenso scientifico dell’epoca non era d’accordo con lui, e perché la sua teoria presentava problemi che Galileo non era riuscito a risolvere. Nelle università si fa così: gli studenti triennalisti spesso sono portati a scrivere delle sciocchezze ingenue presentandole come verità assolute, e pian piano imparano il metodo più cauto dello scrutinio delle prove, per cui nuove teorie vengono sottoposte ai propri colleghi con cautela e con umiltà secondo il processo di peer review. Galileo non era riuscito a confutare un argomento aristotelico per il quale (detto semplicemente) la terra non poteva muoversi rispetto alle stelle, ma dovevano essere le stelle a muoversi rispetto alla terra, perché altrimenti queste avrebbero dovuto muoversi a velocità diverse. Esattamente come quando viaggiate in auto e gli alberi a lato della strada sembrano correre più rapidamente delle montagne sullo sfondo. Ovviamente è un argomento sbagliato, ma era un’ottima osservazione e Galileo avrebbe dovuto dimostrarne la fallacia per confermare la sua teoria, ma non ci è mai riuscito. La chiesa non voleva che Galileo non portasse avanti la sua ricerca di conoscenza (che per il cristianesimo occidentale è parte integrante dell’esperienza umana fin dai tempi di Sant’Agostino, passando per il picco supremo dell’uso della logica aristotelica che è San Tommaso. Vedete come la storia non è quella caricatura piatta che ne viene fatta per pigrizia mentale o per interesse ideologico.

Purtroppo per molte persone il cristianesimo è soltanto l’esperienza negativa avuta personalmente per via del prete poco carismatico, per via delle letture domenicali noiose (parliamoci chiaramente: chi troverebbe la lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesi più avvincente degli episodi mitologici con protagonista Odino narrati nell’Edda?). Tuttavia, anche il cristianesimo medievale è impregnato di mistero, di magia, di eroismo e di fascino. Le saghe che toccano gli eventi che hanno portato alla cristianizzazione dell’Islanda non sono affatto meno evocative, avventurose, emozionanti e avvincenti di quelle che narrano delle eroiche vite dei colonizzatori.

Alla fine è soltanto un problema di marketing e immagine. È innegabile che l’apporto pagano alla storia islandese sia irrisorio e in molti casi trascurabile rispetto a quello Cristiano, ma i martelli di Thor e le rune del futhark antico (mai usate in Islanda) nei kit divinatori vanno forte. I cristi e le croci purtroppo non fanno sognare altrettante persone tra quelle che vengono qui.

Penso che questo altare presso Esjuberg sia un piccolo passo nelle giusta direzione: intanto gli islandesi – per una volta – stanno celebrando una parte reale della loro storia invece di distorcere, esagerare, implasticare e impacchianare una parte che magari nemmeno è esistita con il solo scopo di attirare turisti inconsapevoli, ma poi può essere anche uno stimolo a riconoscere il fascino dell’Islanda Medievale Cristiana per chi viene qui per conoscere questa terra.

Qui sotto riporto il passaggio all’inizio della Kjalnesinga saga, dove si riporta la storia che ha condotto alla fondazione della prima chiesa islandese.

Maður hét Örlygur. Hann var írskur að allri ætt. Í þann tíma var Írland kristið. Þar réð fyrir Konofogor Írakonungur. Þessi fyrrnefndur maður varð fyrir konungs reiði.

Hann fór að finna Patrek biskup frænda sinn en hann bað hann sigla til Íslands “því að þangað er nú,” sagði hann, “mikil sigling ríkra manna. […] Þá skaltu sigla vestur fyrir þar til er fjörður mikill gengur vestan í landið. Þú munt sjá í fjörðinn inn þrjú fjöll há og dali í öllum. Þú skalt stefna inn fyrir hið synnsta fjall. Þar muntu fá góða höfn og þar er spakur formaður er heitir Helgi bjóla. Hann mun við þér taka því að hann er lítill blótmaður og hann mun fá þér bústað sunnan undir því fjalli er fyrr sagði eg þér frá. Þar skaltu láta kirkju gera og gefa hinum heilaga Kolumba. Far nú vel,” sagði biskup, “og geym trú þinnar sem best þóttú verðir með heiðnum.”

Eftir það býr Örlygur ferð sína og er frá ferð hans það fyrst að segja að allt gekk eftir því sem biskup sagði. Hann tók í Þerneyjarsundi höfn. Síðan fór hann að finna Helga bjólu og tók hann vel við honum. Reisti Örlygur þar nú bú og kirkju og bjó þar síðan til elli.

Qui sotto una mia traduzione italiana:

Un uomo si chiamava Örlygur. Tutti i suoi ascendenti erano irlandesi. A quel tempo, l’Irlanda era cristiana. Allora era re degli irlandesi Konofogor. Quest’uomo sopra menzionato era in lite con il re.

Andò a trovare suo cugino, il vescovo Patrekr, che gli chiese di salpare per l’Islanda “perché adesso c’è”, disse, “un grande movimento di uomini ricchi. […] navigherai verso l’ovest [dell’Islanda] fino a quando un grande fiordo si proietterà da ovest verso l’entroterra, e vedrai nel fiordo tre alte montagne, con una valle in ciascuna di esse. Dirigiti verso l’ultima montagna, dove troverai un buon approdo. Lì si trova un saggio capo locale di nome Helgi Bjóla, che ti prenderà con sé perché non è molto devoto agli dèi pagani e ti farà vivere a sud sotto la montagna che ti ho detto prima. Lì erigerai una chiesa che dedicherai a San Colomba. Fa’ buon viaggio”, disse il vescovo,” e proteggi la tua fede al meglio delle tue possibilità in mezzo i pagani”.

Così Örlygur partì, e del suo viaggio non c’è nulla da dire se non che tutto si verificò secondo quanto gli aveva detto il vescovo. Approdò a Þerneysrsund. Poi trovò Helgi Bjóla che lo accolse. A quel punto Örlygur eresse la sua casa e la chiesa e là visse fino alla vecchiaia.

La saga, con il tipico stile laconico che caratterizza il genere, testimonia la fondazione di un tempio Cristiano sul suolo islandese negli stessi anni in cui il Paese stava venendo per la prima volta colonizzato dall’uomo (se si esclude la presenza – non confermata definitivamente dall’archeologia – di eremiti cristiani di origine irlandese/scozzese.

È un tassello importante della storia di questo paese, che si interpreta e conosce meglio alla luce della sua tradizione cristiana che non alla luce di un neo-paganesimo inventato l’altro ieri a solo scopo di marketing. Sono un medievista e un insegnante, per me è importante mostrare ai miei studenti la complessità e le sfaccettature della storia, che non è mai quello che pensiamo, e che è facile vedere da prospettive diverse se ci si abitua ad allentare la presa dei nostri lacci ideologici e pregiudiziali.

Fate tesoro di queste riflessioni!

Una risposta a “Un altare celtico in Islanda”

  1. Avatar Loredana Ginevra Ianni
    Loredana Ginevra Ianni

    Complimenti, è un’analisi precisa ed equilibrata che esamina i fatti senza mai scivolare nel folklore e nel mito idealizzato di un paganesimo alterato a fini non di studio ma commerciale.

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