L’Edda di Snorri e L’Edda poetica

Edda è un termine dall’etimo dibattuto, associato a due testi del Medioevo islandese: l’Edda in prosa, o Edda di Snorri, e l’Edda poetica. La prima è un manuale di poesia di corte nordica, che in gergo chiamiamo “poesia scaldica”, dal termine islandese per “poeta”, skáld, e fu composta all’inizio del XIII secolo dal potente signore islandese Snorri Sturluson, mentre la seconda è un’antologia di poemi di argomento mitologico ed eroico, diversi per stile e temi dalla poesia scaldica, tramandata da un copista anonimo in un manoscritto della fine del 1200, un piccolo e scarno libretto delle dimensioni di un tascabile, che per la sua importanza storica è considerato uno dei tesori nazionali d’Islanda.

La stesura di questi due testi, Edda poetica ed Edda in prosa è, per alcuni versi, senza eguali nel Medioevo germanico, e il grosso degli elementi in nostro possesso sulla mitologia pagana del mondo germanico sono sopravvissuti soltanto nel contesto di questi due testi. La ragione della loro esistenza è una delle questioni più interessanti della disciplina.

Illustrazioni da un manoscritto dell’Edda di Snorri, AM 738 4to, soprannominato “Edda oblunga”, nell’ordine, partendo da in alto a sinistra abbiamo: Þór (Thor), Njörður, Freyr, Freyja, Bragi, Loki e il lupo Fenrir.

Per ragioni ancora non del tutto chiare, gli Islandesi avevano assunto una sorta di monopolio culturale: erano considerati i migliori nel mondo nordico a preservare la storia antica, e i migliori a comporre poesia di corte. Il monaco Teodorico, autore di un compendio di storia dei re norvegesi, e Saxo Grammatico, autore delle Gesta dei Danesi, citano fonti Islandesi come se fosse assodato che esse fossero, in quanto tali, affidabili (gli studiosi moderni, invece, ci vanno cauti nel prendere tutto quello che ci dicono gli islandesi per oro colato!). Gli islandesi, inoltre, avevano acquisito fama di essere eccellenti poeti, e il ruolo di poeta di corte era uno dei ranghi più elevati alla corte norvegese.

La poesia scaldica, ovvero la poesia di corte nordica medievale, è di argomento principalmente elogiativo: spesso decanta le lodi di un monarca o di un potente, oppure commenta episodi storici, o ancora insulta nemici ed avversari del poeta. Essa è resa quasi impenetrabile dall’uso frequente di perifrasi analogiche (dette kenningar) che vanno a sostituire semplici parole, quai come delle metafore: dire braccio, sarebbe troppo banale; meglio “trespolo del falco”, spada è troppo prosaico, meglio “lampo della battaglia”. Alcune di queste metafore, tuttavia, facevano riferimento a episodi della mitologia nordica, che ai tempi di Snorri stava ormai svanendo dalla memoria collettiva del mondo nordico, ormai cristiano da circa due secoli. Ad esempio, “chioma di Sif” per oro, fa riferimento a un episodio mitologico in cui Sif, compagna del dio Þórr (Thor) avrebbe ottenuto una chioma magica in oro forgiata dai nani, dopo che la sua le era stata tagliata dal dio Loki.

Il termine Edda, nelle fonti medievali viene usato con il significato di “produzione poetica”, e la teoria oggi più accreditata vuole che sia derivato dal verbo latino ēdō “produco, diffondo, pubblico” (da non confondere con edō “mangio”), stessa radice di edizione. Esiste un parallelo in antico islandese: il sostantivo kredda “credo religioso”, derivato dal verbo latino crēdō “io credo”. La traduzione sarebbe dunque “Composizione (poetica)”. L’attribuzione di questo nome al testo di Snorri lo dobbiamo a una nota introduttiva presente all’inizio di uno dei manoscritti in cui esso è stato tramandato, il Codex Uppsaliensis, conservato ad Uppsala in Svezia:

Bók þessi heitir Edda. Hana hefir saman setta Snorri Sturlu sonr

Questo libro si chiama Edda. È stato composto da Snorri figlio di Sturla.

Senza questa nota, non conosceremmo né l’autore né il titolo dell’opera. L’Edda di Snorri è suddivisa in:

  • Prologo: dove l’autore inquadra gli dei nordici nel cosmo Cristiano come eroi troiani poi evemerizzati (ovvero “elevati” a divinità).
  • Gylfaginning “L’Inganno di Gylfi”: dove vengono spiegati alcuni elementi della mitologia attraverso il personaggio del re svedese Gylfi, travestito da viandante e sotto lo pseudonimo di Gangleri, che interroga su vari aspetti della mitologia un trittico reale formato da tre re di nome Alto, Altrettanto-Altro e Terzo, i quali non sono altri che Odino sotto mentite spoglie. Il formato del dialogo, in contrasto con la semplice stesura in prosa, era il formato privilegiato per l’esposizione didattica nel Medioevo,
  • Skáldskaparmál “Discorsi sulla poesia”: qui si ha un dialogo tra il dio marino Ægir e Bragi, divinità associata alla poesia. Qui vengono elencate una lunga serie di perifrasi poetiche (le menzionate kenningar) e di heiti ovvero parole singole utilizzate poeticamente in luogo di altre. È una sorta di prontuario ad uso dell’apprendista poeta.
  • Háttatal “lista dei metri poetici”: qui Snorri prende alcune sue composizioni poetiche per esemplificare qualche dozzina di versi poetici caratterizzati da diversi metri sillabicò, allitterazioni e rime interne. Di solito non viene inclusa nelle edizioni popolari per due motivi: 1) sarebbe inutile tradurre le poesie perdendo i metri e le allitterazioni che ne sono la ragion d’essere nel testo 2) di solito il lettore non studioso si approccia a questo testo per la mitologia, e non è interessato a queste composizioni di poesia di corte.
Una pagina del codice pergamenaceo GKS 2367 4to, soprannominato Codex regius dell’Edda di Snorri (c. 1350).

Il codice contenente la raccolta di carmi denominata Edda poetica è stata recuperata nel 1600 dal vescovo Brynjólfur Sveinsson, che ne ha fatto sono al re di Danimarca, intuendone il valore storico. Il codice, GKS 2365 4to (che non è una serie a casaccio ma sta per qualcosa come: “Antica Collezione Reale, elemento 2365 in formato A4”), viene spesso denominato Codex regius, anche se più precisamente andrebbe chiamato Codex regius dell’Edda poetica (in islandese: Konunngsbók Eddukvæða), perché esistono altri Codices regii, ad esempio dell’Edda di Snorri, o del corpus legale Grágás. La denominazione Edda poetica per questo testo, deriva dal fatto che si è riconosciuto in questi farmi alcuni dei testi ai quali Snorri ha attinto il suo materiale. Anche se il Codex regius dell’Edda poetica è stato copiato dopo la morte di Snorri, il materiale che contiene è più vecchio: se sia di poco più vecchio o addirittura di due/tre secoli prima è oggetto di dibattito. È importante non confondere la poesia eddica, ovvero quella dei poemi contenuti nell’Edda poetica con la poesia scaldica, che è l’oggetto della trattazione dell’Edda di Snorri.

La raccolta dell’Edda poetica inizia con la celeberrima Völuspá, “Profezia della veggente”, che inquadra la cosmogonia nordica e prevede la battaglia finale alla fine dei tempi. Seguono una serie di poemi mitologici, tra cui alcuni denominati “Detti” di vari personaggi, in particolare gli Hávamál, “detti dell’alto” sono una serie di raccomandazioni morali dalla bocca di Odino, oppure la Lokasenna “Lite di Loki”, dove il dio si imbuca ad una festa e rivela una serie di scandali commessi dagli altri dei, la cui funzione era probabilmente quella di denunciare indirettamente comportamenti ritenuti immorali, come l’adulterio. Sono seguiti da una serie di poemi eroici ambientati nell’età delle migrazioni (ovvero intorno alla caduta dell’impero romano d’occidente) i quali narrano le vicende del ciclo dei volsunghi/niflunghi (i “Nibelunghi” del Nibelungenlied tedesco) dal punto di vista di vari personaggi della narrazione. Esistono altri poemi che, per via della loro struttura e contenuto, vengono classificati come “eddici” e inclusi in diverse edizioni, pur non essendo stati inseriti nel Codex regius dell’Edda poetica. Questi erano interpolati in altri manoscritti che comprendevano miscellanee di testi di varia natura. A differenza della intricatissima poesia di corte che è l’oggetto della trattazione nell’Edda di Snorri, la poesia eddica dell’Edda poetica è molto più diretta, lineare e accessibile, e non vi si trova un ricorso significativo alle complesse forme perifrastiche del linguaggio poetico scaldico. Il manoscritto del Codex regius dell’Edda poetica presenta delle lacune, ovvero alcune pagine sono andate perdute. I poemi sono scritti su linee continue, come se fossero prosa, sicché la distribuzione dei versi deve essere dedotta attraverso il riconoscimento delle regole metriche che ne regolano la scansione ritmica.

L’inizio degli Hávamál (i “Detti dell’Alto/Odino) nel Codex regius dell’Edda poetica, il codice pergamenaceo GKS 2365 4to (c. 1275).

Gli studiosi hanno tentato di spiegare la stesura dell’Edda da parte di Snorri nel contesto della teoria del capitale di Bourdieu, interpretando la facoltà di comporre poesia di corte come “capitale culturale”, che andava perdendo il suo valore in un ambiente che si stava spostando sulla letteratura cortese importata dalla Francia. In parole povere, l’Edda di Snorri sarebbe un disperato tentativo di mantenere viva una conoscenza necessaria perché la competenza di un poeta di corte sia apprezzata e valorizzata. Sparita la conoscenza necessaria ad apprezzare questa poesia, spariva anche un’importante opportunità di carriera e prestigio.

Illustrazioni da un manoscritto dell’Edda di Snorri, AM 738 4to, soprannominato “Edda oblunga”, nell’ordine, partendo da in alto a sinistra abbiamo: il frassino cosmico che unisce i vari mondi, Yggdrasil, il serpente del Mondo di Mezzo (Miðgarðsormur), Baldur il buono e Heimdallur, il dio guardiano.

L’Edda di Snorri si propone dunque di spiegare le premesse mitologiche che stanno dietro all’uso di queste complesse perifrasi/metafore.

La lettura dell’Edda può dare l’impressione erronea che esistesse una sorta di “canone” mitologico germanico, trasmesso nella su forma cristallizzata fino alla stesura operata da Snorri. Ciò è assolutamente sbagliato: diverse parti della Scandinavia adoravano divinità diverse, e dovevano coesistere versioni spesso discordanti dei racconti mitologici. Difficilmente il mondo nordico pagano ha mai avuto una concezione sistematica della sua religione nello stesso modo in cui il Cristianesimo concepisce se stesso. Non esistevano dogmi, apparati amministrativi, catechismo, dottrine, congregazioni per la protezione dell’ortodossia e per la selezione dei testi canonici. Esisteva, semmai, un corpus eterogeneo di tradizioni, spesso contrastanti e senza un’organizzazione centralizzata. Sarebbe dunque sbagliato prendere Snorri come testimonianza di una realtà generalizzata del mondo nordico di due secoli prima, o addirittura del mondo germanico prima della conversione: non avendo altre fonti, non ci è possibile stabilire quanto diffuso fosse il materiale tramandatoci da Snorri, e quanti cambiamenti siano intervenuti nel corso dei secoli. Senza contare quelli che deve avere giocoforza inserito lui per il suo bias cristiano e per dare coerenza e coesione al testo.

Certo è, tuttavia, che Snorri interviene pesantemente sulla presentazione: nel prologo inquadra le divinità nordiche come eroi troiani fuggiti dall’assedio della loro città, in una modalità assai comune nelle storie di etnogenesi medievale. Virgilio inaugura questo topos letterario dell’eroe troiano in fuga che diventa capostipite di una civiltà, e gli autori medievali seguono a ruota. Snorri approfitta dell’assonanza tra il nome della stirpe divina di Odino (Æsir) e della loro fortezza (Ásgarðr) con “Asia” per collegare il pantheon nordico alla città della tradizione omerica.

Raffigurazione della Valhöll (comunemente latinizzata in Valhalla) nel manoscritto AM 738 4to, soprannominato “Edda oblunga” (1680).

Esistono altri paralleli, nella tradizione mitologica a noi pervenuta, con il Cristianesimo: dal mito del diluvio universale, all’interessante parallelismo tra odino impiccato e trafitto da una lancia con la crocifissione di Cristo, alla resurrezione del Dio Baldr e l’è mergete di una nuova età dell’oro.

I nazisti, in virtù del fatto che questi prodotti della letteratura islandese contenessero più informazioni sul supposto medioevo pagano-germanico, avevano identificato l’Islanda come una sorta di santuario dove gli antichi valori e l’antica cultura erano stati preservati, e hanno tentato di appropriarsi di questa cultura. È, tristemente, qualcosa che continua anche oggi, dove frange suprematiste traggono ancora ispirazione da questo materiale letterario elevandolo a testimonianza di un mondo in cui i loro presunti antenati regnavano incontrastati sopra alle altre razze, e la purezza nordica non era ancora stata intaccata. Viene da pensare che queste persone non abbiano mai letto questi due testi, perché l’immagine che ne emerge del pantheon nordico e degli dei è tutt’altro che glorificante o edificante.

Dalla lettura dei poemi Eddici o dell’Edda in Prosa, l’immagine che si ricava degli dei Norreni non è affatto quella che siamo abituati ai immaginare dall’iconografia di ispirazione wagneriana: gli dei non sono potenze della natura che governano aspetti del mondo sensibile. Þór non è il “dio del tuono”, né Freyja è la dea dell’amore. L’immagine che emerge di queste figure è quella di personaggi multi-sfaccettati, con pregi, difetti e peccati. Figure molto umane con le quali potremmo rapportarci, piuttosto che esseri superiori e inavvicinabili. Ugualmente, non li si deve immaginare – come invece viene fatto sempre – contrapposti ai giganti, creature in realtà allo stesso livello degli dei, con i quali questi si accoppiano, o dei quali sono a volte figli! L’attribuzione di un carattere specifico a ciascuna divinità è una prerogativa nostra, che abbiamo bisogno di coerenza e ci approcciamo alla mitologia antica come ci approcciamo a Star Wars o Harry Potter, dove Luke e Harry sono gli eroi positivi, mentre l’imperatore e Voldemort incarnano le forze del male. Questa dicotomia e caratterizzazione marcata dei personaggi in archetipi distinguibili non si trova nella mitologia nordica che desumiamo dai due testi in esame.

Non sono entrato nel dettaglio del contenuto dei due testi perché ritengo sia meglio incoraggiarvi a leggere gli originali: sono facilmente reperibili in traduzioni italiane autorevoli, senza bisogno di andare a consultare alcuna delle numerose riscritture moderne che tendono a fornire un’immagine falsata della realtà di questi testi:

6 risposte a “L’Edda di Snorri e L’Edda poetica”

  1. […] le condizioni per la fioritura di una cultura unica nella sua interconnessa complessità: le saghe, i poemi eroici, l’Edda di Snorri…tutto ciò ha preso forma in ambienti cristiani popolari da individui che erano pienamente […]

  2. […] Germanica antica è stata messa per iscritto praticamente solo in Islanda, e in particolare i due testi di riferimento sono l’Edda poetica, raccolta di carmi eroici e mitologici, e l’Edda in prosa, […]

  3. […] sorta di culla della cultura germanica, visto che è proprio in Islanda che furono composti gli unici testi in nostro possesso che ci offrano una visuale sulla mitologia germanica pagana. Il problema è che questi testi sono stati composti da autori cristiani ad almeno duecento anni […]

  4. […] nell’Edda di Snorri, esso viene elencato assieme agli altri mesi dell’antico calendario, e pure nel codice di […]

  5. […] il primo manoscritto ad essere restituito dalla Danimarca all’Islanda, assieme al piccolo Codex regius dell’Edda poetica, e da allora è custodito nella cassaforte dell’istituto dei manoscritti, appendice […]

  6. […] nordica ci sono rimasti alcuni racconti mitologici, essenzialmente contenuti in due testi, Edda poetica ed Edda in prosa. Nel primo caso si tratta di poemi ad argomento mitologico, morale ed epico, nel secondo si tratta […]

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