Esattamente dieci anni fa, ovvero nel 2010, ho sostenuto il mio esame di maturità. L’orale fu difficile, pieno di domande di contenuto, ma si concluse con un successo. Avevo portato una tesina in ambito antropologico-filosofico sulla società inglese.
Terminato l’esame, mi è stato chiesto quali passi intendessi intraprendere per il futuro. La commissaria esterna di inglese sembrava estasiata quando ho risposto dicendo che avrei fatto lingue. Era una scelta vecchia di poco più di un mese. Avevo la passione del medioevo, e pensavo avrei fatto lettere, concentrandomi su quello, ma poi ho realizzato di essere molto portato per le lingue straniere. La commissione ha reagito con curiosità mista a sorpresa quando ho aggiunto che avrei fatto lingue scandinàve. La commissaria esterna di inglese ha menzionato questa casa editrice che allora non conoscevo, che si occupava precipuamente di letteratura nord-europea: Iperborea. Negli anni, questa casa editrice inizialmente di nicchia e popolare soprattutto tra cultori e intenditori, è diventata – complice l’alto livello dele pubblicazioni, curate da importanti esperti – una presenza importante nel panorama editoriale italiano, e il loro lavoro di diffusione della letteratura nord europea non ha eguali.
Quello stesso anno, per via dei miei studi, ho letto i miei primi capolavori classici della narrativa scandinava, tra i quali la Saga di Gösta Berling di Selma Lagerlöf, Un vagabondo suona in sordina di Knut Hamsun, Niels Lynhe di J. P. Jakobsen, e Paradiso e Inferno di Jón Kalman Stefánsson. Dalla mia libraia di fiducia a Cremona avevo anche trovato una vecchia e ormai rara copia della Saga di Hrafnkell.
Oggi sono passati dieci anni. Ho una laurea in lingue scandinave e una in studi medievali islandesi. Sto lavorando al mio dottorato e vivo in Islanda ormai da sei anni. Nonostante la distanza, però, mantengo vivi i contatti (anche culturali) con il mio passato, e quando scendo in Italia non manco mai di fare scorta delle ultime pubblicazioni Iperborea a tema Islanda.
Ebbene, da quest’anno, nel catalogo iperborea, ci sarà anche il mio nome: ho proposto una traduzione di una saga islandese che è stata accettata, e sarà nelle librerie dal 13 maggio.
Considero questo un evento cardine della mia esistenza: nel 2018 avevo già pubblicato una traduzione delle Saghe della Vinlandia, ma allora non mi sentivo ancora all’altezza per scriverne l’apparato introduttivo, così avevo deciso di far scrivere l’introduzione a un professore islandese tra i massimi esperti della materia, e tradurre poi il suo scritto in Italiano. Questa volta, invece, ho sentito di potermi arrischiare e curare anche l’apparato introduttivo, che assieme alla traduzione è stato visionato da due dei massimi esperti italiani nel campo della letteratura nordica: Massimiliano Bampi dell’Università di Venezia e Fulvio Ferrari dell’Università di Trento. Posso dirmi dunque soddisfatto e tranquillo rispetto alla qualità del lavoro, che tenevo davvero a portare avanti perche questa è una saga per me assai speciale.
È una storia avventurosa e avvincente che inizia e si conclude nella tenuta da cui proviene e in cui vive la mia famiglia islandese. Ho passato innumerevoli momenti felici in questo luogo, assieme alle pecore e ai cavalli e alla grande famiglia allargata che si riunisce nella fattoria ogni estate. Dietro alla tenuta si ergono imponenti le alte rupi tipiche del sud dell’Islanda, le antiche scogliere prima che i ghiacciai primordiali si sciogliessero alleggerendo il carico sul terreno, facendolo così rialzare sopra il livello del mare, creando quelle sconfinate pianure dove oggi corrono i cavalli. Dalle rupi si vede a est il Ghiacciaio del Öræfajökull, con il picco più alto d’Islanda che spunta dalla sua calotta, il Hvannadalshnjúkur. A sud si vede il fiume Skaftá e la sua foce nell’oceano a 20km di distanza, mente a ovest, quasi come un abbraccio, l’altopiano di Keldugnúpur, che dà il nome al protagonista della saga, Gunnar di Keldugnúpur.
È una zona selvaggia, e nonostante moltissimi turisti passino, sono pochi quelli che si fermano, così che canyon, cascate, montagne e vallate rimangono deserti e carichi della loro ancestrale magia: in questa zona sono numerosi i luoghi, gli anfratti, le formazione rocciose attribuiti agli elfi. Qui, sul finire del medioevo, una persona del luogo deve aver pensato bene di plasmare una narrativa ancestrale sulle proprie origini e su quelle della sua gente. Ha creato dunque una sorta di mito fondante per la sua stirpe, un po’ come aveva voluto fare Tolkien, pensando a Il signore degli anelli come a una mitologia per il popolo inglese, che ne mancava una tutta sua. Questo mito fondante si ispira ai modelli delle altre saghe medievali, seguendo le vicende dei primi coloni della zona, ma con un più spiccato elemento magico e magnifico, probabilmente mutuato dalle saghe cavalleresche che erano assai popolari nel basso medioevo.
La storia è molto avvincente;
Ho pensato questa saga come una compagna di viaggio – reale o immaginario – nel Sud-Est dell’Islanda, e se volete accettare un consiglio da un veterano dei viaggi in questo Paese, potete portarvela dietro (anche in eBook sul vostro telefono), fermatevi in prossimità dei luoghi menzionati, e leggetene dei passaggi per tutti o per voi stessi ad alta voce. È un modo di vivere il paesaggio dandogli un valore ulteriore, che è quello della dimensione storica, la quale va spesso perduta nelle esperienze di chi visita l’Islanda, non essendo così ovvia, e prevalendo – comprensibilmente – l’elemento paesaggistico.
Sono molto felice che questo progetto sia in dirittura di arrivo: approderà nelle librerie a maggio, ed è bello pensare che il pubblico italiano avrà presto a disposizione questo pezzetto di Islanda, così da poter andare più a fondo nel conoscerla e apprezzarla.
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