La credenza negli elfi nell’Islanda di oggi

Viene ripetuto costantemente, quando si parla di Islanda, che i suoi abitanti crederebbero nell’esistenza degli elfi. Glissando sui connotati di queste creature, dei quali ho già parlato abbondantemente in un precedente articolo, e che ricordo non avere nulla a che fare con i folletti, tocca soffermarsi su questa leggenda metropolitana del mondo contemporaneo. Per chi non ne fosse a conoscenza, esistono numerosi articoli, videoclip, meme (immagini con didascalie) che raccontano di come gli islandesi devierebbero i tracciati delle strade per non disturbare siti sacri agli elfi. Così il lettore si immagina un popolo di figli della natura che vagano per boschi popolari da animali parlanti, fatine colorate, gnomi sornioni ed elfi eterei. La realtà è più sintetizzabile in questi termini: il cantiere rischiava di danneggiare un sito di nidificazione di uccelli, ed è partito un contenzioso nel quale si è inserita una signora autoproclamatasi “veggente”, assieme a qualche accolito. Qui si sono messi a fare ostruzionismo, e hanno inserito la questione elfi in un dibattito che era innanzitutto ambientale. Ovviamente un cantiere che viene ostacolato perché rischia di creare un danno ecologico non interessa a nessuno, mentre un cantiere che viene ostacolato perché rischia di distruggere una chiesa elfica contenuta in un masso è molto più interessante. Come dimostra il fatto che questa storia, in modo distorto ed esagerato, sia diventata parte della “cultura” collettiva sull’Islanda. Prima ancora di sapere che l’Islanda si trova a cavallo di due faglie tettoniche, e che ci si può gustare lo squalo fermentato, la gente SA che gli islandesi credono agli elfi e deviano le strade per non abbattere i loro luoghi sacri.

A questo proposito, vorrei partire con una citazione che definirei illuminante e conclusiva, tratta dal libro The Little Book of the Hidden People (“Il piccolo libro del popolo nascosto”), di Alda Sigmundsdóttir, acquistabile un po’ ovunque, in Islanda, ma anche su Amazon.:

The Little Book of the Hidden People (Alda Sigmundsdóttir)

Giornalista: dunque gli islandesi non credono più agli elfi?
Alda: no, andiamo!, Viviamo nel XXI secolo.
Giornalista: ma l’articolo di Vanity Fair ha detto che ha dovuto interrompere la costruzione di una fabbrica di alluminio prima che qualcuno arrivasse per controllare se c’erano elfi che ci vivevano!
Alda: eh, no.
Giornalista: allora Vanity Fair avrebbe mentito?
Alda: magari non mentito ma sicuramente ha distorto la realtà. Quello che è successo e che è stato necessario condurre un’indagine archeologica per assicurarsi che non ci fossero importanti resti o rovine su quel sito che avrebbero potuto essere distrutte durante la costruzione. È stata anche fatta una mappatura per controllare se il sito fosse stato menzionato in racconti popolari islandesi. Racconti che non necessariamente includevano elfi. Ma dire che la costruzione è stata interrotta perché gli elfi vivevano sul sito è semplicemente ridicolo.
Giornalista: oh…
[…]
Prima di continuare dovrei fare una precisazione: potrebbero esserci persone in Islanda che ancora credono gli elfi. In effetti, mentre scrivevo questo libro, una persona mi ha detto di un loro amico che ci crede ancora. Non dimentichiamo inoltre dell’uomo che gestisce la “scuola elfica”, o della donna che sostiene di essere una veggente e porta turisti in giro per mostrare loro dove gli elfi vivono. Concederò a loro il beneficio del dubbio, ammettendo che è possibile che queste persone credono veramente le loro asserzioni e non stiano semplicemente facendo finta per fregare qualche turista poco informato. Tuttavia questa gente è l’eccezione piuttosto che la regola. Personalmente non conosco nessuno che creda che gli elfi esistono e, in contrasto a ciò che viene presentato nei media internazionali, noi islandesi non andiamo in giro parlando agli elfi tutto il giorno o rifiutando di costruire qualunque cosa a meno che non abbiamo parlato con loro prima.
A questo punto potresti pensare che trovo questa fissazione dei media con gli elfi un pochino fastidiosa e avresti ragione. Ciò non è semplicemente perché ciò implica una distorsione della realtà, ma soprattutto perché, una volta decontestualizzata, la credenza negli elfi diventa una stupida parodia di qualcosa che è in realtà piuttosto profondo. Il folklore islandese sugli elfi riflette la lotta di una nazione che viveva nella povertà più abbietta, ai margini del mondo abitabile, e lo sforzo eroico della sua gente per sopravvivere fisicamente, emozionalmente e spiritualmente. Questo è ciò che le storie degli elfi o del popolo nascosto sono realmente

L’autrice, nello spazio tra la conversazione con il giornalista e il commento successivo, racconta anche di come sia stata esclusa da una trasmissione televisiva sugli elfi, dove invece hanno intervistato un professore di folclore, il direttore della scuola elfi a, e un signore che sostiene di avere avuto esperienze con gli elfi da ragazzo. Lei non lo dice, ma è chiaro che la trasmissione (che ho rintracciato sul sito della BBC) voleva per forza di cose proporre un’immagine romanzata per catturare interesse per il mistico e il magico, e non era interessata a proporre un’immagine oggettiva di questo lato della società islandese. Devono aver deciso aprioristicamente che il pubblico voleva sentire la storia di una nazione moderna che ha mantenuto un legame con la natura attraverso la credenza in esseri magici, e sono andati a selezionare soltanto esempi che confermassero questo ritratto, escludendone altre sfaccettature.

Queste sono purtroppo caricature volgari che vengono inserite in articoli faciloni e ripetute a pappagallo da milioni di persone. Specialmente perché la credenza negli elfi non viene solo esagerata, ma trasformata in una ridicolaggine pacchiana dove gli elfi sono la sopravvivenza di credenze pagane, e diventano un vessillo nella battaglia di quelli che hanno gravi problemi personali contro il Cristianesimo, gli stessi che sorvolano sul fatto che il materiale, le storie e le credenze, che abbiamo sugli elfi sono in gran parte post-medievali, e inquadrano queste creature come discredenti di Adamo ed Eva nella cosmologia cristiana. Non già delle creature fantasy di un mondo dinamico ed eccitante che si contrappongono alla noia sterile di un Cristianesimo considerato di facciata, ma dei personaggi veri e propri della storia del mondo secondo la prospettiva cristiana, al punto che anche loro hanno le loro chiese e celebrano le loro messe. [Disclaimer: queste mie affermazioni non derivano da nessuna agenda politico-religiosa, non ho alcuna intenzione di fare propaganda per alcuna religione, ma mi interesso soltanto ai fatti storici]

Qui sotto, nella traduzione di Silvia Cosimini per il volume “Fiabe islandesi”, trovate la storia dell’origine degli elfi secondo il folclore islandese. Questa versione sulle loro origini è tramandata nella monumentale raccolta “Racconti popolari e fiabe islandesi” dello studioso ottocentesco Jón Árnason:

È chiaro che si tratta di creature umanoidi, incastonate nell’universo così come è concepito nella religione Cristiana. Spesso oggi commettiamo l’errore di credere che “Cristiano” sia un concetto atemporale, cristallizzato nella storia, e identificabile con la Chiesa (o le chiese) di oggi. Allo stesso modo, ci immaginiamo che tutto ciò che oggi parrebbe esulare dall’ortodoossia delle chiese istituzionalizzate (dunque tutte le credenze che non rientrano nel canone ufficiale), debba essere giocoforza superstizione pagana, magari celata per secoli o mascherata per fuggire alla sua soppressione. La realtà è che il Cristianesimo ha assunto innumerevoli forme, nel corso della sua storia, e quello di oggi è il risultato di millenni di dispute e scontri tra opinioni teologiche, morali e storiche diverse. Le chiese si separano perché non riescono a trovare compromessi su temi polarizzanti. In questo contesto, numerosissime credenze non “ortodosse” (ovvero non ufficialmente riconosciute) sono sempre esistite assieme a quelle canoniche.

Voler separare gli elfi dal contesto della società cristiana islandese porta anche ad incappare in alcune contraddizioni. Vi faccio un esempio: notizie sul folclore islandese compaiono essenzialmente soltanto dopo il medioevo, e moltissimi dei racconti a tema elfi o, magico o super naturale sono proprio ambientati nell’età moderna. Nel periodo medievale, che in Islanda combacia con quello cattolico, troviamo una tolleranza molto più marcata per forme di religione popolare che oggi sembrerebbero “stregonerie”, mescolando religione ed erbologia. Così come i culti di divinità locali venivano convertiti in culti di santi per accomodare le idiosincrasie locali. La Chiesa cattolica era molto più aperta e flessibile su queste cose di quanto non crediamo. Il luteranesimo, invece, è tutta un’altra questione: i luterani accusano i cattolici di non essere veri cristiani, ma pagani, perché adorano i santi, ed è proprio nel mondo luterano che prende piede il fenomeno della caccia alle streghe. Nel periodo di incertezza dovuto agli spostamenti di potere tra la Chiesa cattolica e le nuove fazioni luterane in lotta per la supremazia, si scatena un’isteria feroce che porta alla ricerca di capri espiatori. Nonostante la sua costante associazione con l’inquisizione cattolica, che invece si preoccupava soprattutto di questioni dottrinali, la caccia alle streghe è stato un fenomeno molto più marcatamente luterano, centrato in Germania, Scandinavia, isole Britanniche e paesi baltici. La pubblicazione del Malleus maleficarum ad opera del vescovo cattolico Kramer nel 1487, ha forse ulteriormente rafforzato l’associazione cattolicesimocaccia alle streghe, ma questo testo non fu mai approvato o adottato dalla chiesa cattolica, le autorità della quale tendevano verso un certo scetticismo riguardo all’esistenza delle streghe, dei sabbath e dei voli notturni. Ora, sembra davvero difficile credere che in un mondo come quello luterano, con la sua rigidità dottrinale, il sostanziale rifiuto per tutte quelle che venivano viste come “orpellerie pagane”, e la volontà di ripristinare un Cristianesimo “del libro”, ponendo al centro la Bibbia e scremando le varie costruzioni accessorie emerse nella storia della chiesa Cattolica, sarebbe stata possibile una proliferazione tale di materiale orale popolare che non avesse una giustificazione cristiana. I racconti popolari sugli elfi hanno spesso un fine didascalico, affine a quello degli exempla medievali, storie tese a rappresentare questioni morali illustrando conseguenze (positive o negative) di certe azioni. Queste storie hanno anche un innegabile valore artistico, estetico e di intrattenimento, ed è proprio per questo che è importante rappresentarle e conoscerle nel contesto storico-culturale che le ha generate. Sradicarle dall’universo Cristiano-luterano islandese che le ha generate, e presentarle come una sorta di fantasy ante-litteram, o Frankenstein del paganesimo germanico, significa distorcere la loro natura.

La facilità con cui questa caricatura degli elfi (e della credenza in essi in terra islandese) si è diffusa nel mondo, mi ha portato ad interrogarmi sulle sue ragioni: credo che da un punto di vista evoluzionistico, il cervello umano non è ancora pronto – almeno non in tutti i casi – a un’esistenza di tipo esclusivamente materialistico, e nonostante la nostra esistenza urbanizzata e informatizzata lasci ormai poco spazio per il sublime, c’è ancora un profondo bisogno di contatto con il trascendente, che le religioni organizzate non riescono più in molti casi a soddisfare. Ciò è comprensibile: in una società stratificata, gerarchica, complessa e corrotta, l’ultima cosa a cui qualcuno che ne è stanco potrebbe anelare è una religione percepita come stratificata, gerarchica, complessa e corrotta. Ecco che spunta il bisogno di credere che da qualche parte, nel mondo, ci sia un popolo che pur essendo prospero, felice e moderno, ha mantenuto un contatto col trascendente, ma non quello vuoto di chi va in chiesa per inerzia, uno vero e genuino che porta ad avere un contatto più diretto con la natura e le radici. Così come c’è stato il bisogno di credere che, da qualche parte nel mondo, a seguito della recessione del 2008, i banchieri fossero finiti in galera e una nuova società solidale fosse nata dalla ceneri del capitalismo, o così come nel medioevo permaneva la credenza che a ovest esistesse un’isola dove non si invecchiava mai.

Gli elfi islandesi in effetti nascono proprio così: gli islandesi poveri, malati e affamati avevano bisogno di credere che da qualche parte, in quel mondo ostile, vivessero persone belle, in salute, ricche e dalle esistenze sontuose. L’Islanda che vi viene raccontata in molti casi, però, proprio come gli elfi dei racconti popolari, è soltanto una favola.

Io, a differenza di Alda, conosco persone che sostengono di credere agli elfi, ma non in modo diretto. Se chiedi loro cosa ne pensano, invece che dirti “sì, ci credo”, ti raccontano una storia che hanno vissuto in prima persona e che non si sanno spiegare se non con gli interventi di queste creature. Questo non equivale a credere negli elfi. Parafrasando, è come dire: “succedono cose strane e inspiegabili che potrebbero portare qualcuno a pensare che gli elfi esistano”. Queste cose possono essere fortune, tragedie, incidenti, fenomeni naturali dalla natura non chiara… rimane il fatto che sono assai pochi gli islandesi che prendono queste credenze veramente sul serio: anche quelli che non vogliono escludere categoricamente l’esistenza degli elfi, lo fanno spesso scherzandoci su per metà.

Sostanzialmente, gli elfi si collocano sullo stesso piano di qualsiasi costruzione che definiremmo “religiosa” (non intesa come dottrina, ma come credenza) volta a fornire spiegazioni e giustificazioni per eventi e fenomeni inspiegabili. Allo stesso modo in cui, in altre culture, una malattia improvvisa o una guarigione miracolosa possono essere attribuite all’azione nefasta di un demonio o a quella salvifica di un santo o un angelo, così un islandese (che dal 1550, con la conversione forzata al luteranesimo, non può più rivolgersi ai santi) può attribuire agli elfi fenomeni of eventi che non sa spiegare altrimenti.

Un masso associato agli elfi, nelle campagne islandesi.

Quando sono in campagna (che in Islanda significa essenzialmente “fuori città/nella natura”), circondato da elementi naturali associati agli elfi, e immerso in quella natura toccante e imponente, a ore di macchina dalla città, non posso rimanere immune dalla suggestione che le storie di elfi (ma anche di fantasmi) che circolano nelle famiglie islandesi, e che sono state registrate dai folcloristi già nell’Ottocento. Ma per me la magia sta più nell’immaginare quelle storie sugli sfondi che ho davanti agli occhi, così come farei se dovessi visitare le location di film a me cari. Non ha senso inventarsi una credenza che non esiste per conferire più spessore a questa tradizione. Anche se il 100% degli islandesi dichiarasse categoricamente di NON credere agli elfi, uno potrebbe comunque leggerne le storie e immaginarvele sullo sfondo di quella natura incredibile, e ciò arricchirebbe immensamente l’esperienza, senza alcun bisogno di distorcere la realtà.

Una risposta a “La credenza negli elfi nell’Islanda di oggi”

  1. […] (consiglio a tal proposito la lettura dell’articolo di Un Italiano in Islanda, che trovate qui) In sostanza, quella relativa agli elfi non sempre essere più diffusa, in Islanda, di quanto non […]

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