Ci sono troppi turisti, in Islanda?

Si fa molto parlare, da alcuni anni, del problema del sovraffollamento turistico in Islanda. La domanda è: esiste davvero un problema? E in caso affermativo: cosa si può fare per risolverlo?

Un po’ di numeri: l’Islanda, conta 360.000 abitanti e circa 2 milioni all’anno di turisti. Il Nord Italia, al pari dell’Islanda per estensione, conta circa 30 milioni di abitanti, e la sola Milano, in un anno, ne riceve più di 10 milioni, mentre l’Italia intera, a fronte di un’estensione territoriale tripla rispetto a quella islandese, ne ha ricevuti più di 100 milioni. Se si volesse mantenere la stessa proporzione di visitatori rispetto estensione territoriale, l’Islanda dovrebbe riceverne 30 milioni.

Capite bene che i circa due milioni di adesso sono quindi una tutto sommato ridicola, rispetto ai numeri di un paese come l’Italia. Perché allora si insiste così tanto sul fatto che l’Islanda stia venendo snaturata dalle orde di turisti?

Una serie di motivi:

1) Ce ne sono di più rispetto al passato.

2) Le infrastrutture sono a volte carenti perché essendo un paese grande, ma poco popolato, non ci sono sempre le risorse necessarie.

3) Perché essendo un paese caro, i turisti si ingegnano per risparmiare in modo che creano problemi (campeggiando nei giardini di privati), bivaccando nelle chiese…)

4) Perché i turisti vanno sempre negli stessi posti.

Mi irrita non poco quando leggo di gente che si lamenta di essere stata in Islanda e aver trovato più gente rispetto alla volta precedente. Quello che queste persone stanno dicendo, anche se non se ne rendono conto, è che loro avrebbero più diritto di altri – non si sa poi perché – di visitare questo paese. Se queste persone vedono un problema nei flussi turistici, è ridicolo come manchino di rendersi conto di farne parte a pieno titolo.

I flussi aumentano, e il signor Mario Rossi non ha nessun diritto di decidere chi sia o non sia degno di venire qui. Anche io incontro gente che – se seguissi la mia inclinazione – spedirei a casa a pedate, ma non mi permetto di discuterne, perché mi rendo conto che non sta a me decidere.

Ovviamente si può discutere però di questioni estetiche, e su come si possa creare una strada, un sentiero, o un parcheggio, senza però imbruttire il paesaggio, ma quello che è certo è che un italiano non ha alcuni diritto di pretendere che questa o quella parte l’Islanda venga mantenuta in uno stato consono alle sue aspettative di turista. L’Islanda non è un parco naturalistico per le vacanze di qualche italiano in cerca di sa lui cosa. È una nazione con poche risorse economiche, e nel rispetto delle leggi e del buon senso, costruire una strada o un parcheggio sono un atto non già velleitario ma doveroso per gestire i flussi in sicurezza, mantenere in piedi questo settore economico, e contenere l’impatto dell’industria sull’ambiente. La mancanza di infrastrutture, come già ampiamente dimostrato dal caso islandese, non comporta una riduzione degli afflussi, ma un aumento di infortuni e decessi. Per cui non ha senso lamentarsi della creazione di strade, parcheggi, sentieri…e nemmeno dei chioschi e dei servizi, visto che senza di essi la gente rovina il foraggio del bestiame defecando dove capita, o distrugge il muschio secolare campeggiandoci sopra.

Una soluzione quale può essere?

Posto che il problema della sicurezza dipende innanzitutto dal buon senso del turista, e che certe persone è meglio che si attengano alle mete più classiche dove possono camminare nei sentieri battuti e sulle passerelle di legno, la cosa migliore da fare è distribuirsi. In Islanda ci sono migliaia, ma che dico?, milioni di mete nascoste e semi-nascoste che potete esplorare nella più totale solitudine (che è poi quello che tanti vogliono quando giungono qui). Alcuni (pochi purtroppo) mostrano queste meraviglie segrete sui loro profili social avendo cura di non pubblicizzare troppo la location esatta. In questo modo si evita l’effetto gregge, che è il vero problema dell’Islanda:

Quando si dice che le pecore sono stupide, in realtà si intende che sono “pecore”, nel senso che sono programmate per stare in gregge, e se disgraziatamente una di loro si lancia in qualche anfratto, tutte le vanno dietro. Questo comportamento si osserva molto bene in occasione del réttir, e pur avendo il risvolto negativo del “se una di butta nel fosso allora anche le altre lo fanno”, ha il vantaggio evolutivo di garantire più chance di sopravvivenza in caso di attacco esterno. Per i predatori è più difficile puntare una preda all’interno di un gregge turbinante. Se of una di queste pecore scegliesse una direzione diversa, il predatore ci metterebbe davvero poco a individuarne una da puntate e uccidere alla svelta. Stesso dicasi per le zebre. Le zebre sono sono bianche a strisce nere per mimetizzarsi con la natura, che è di tutt’altro colore dalle loro parti, ma per confondersi con il loro gregge. Per un leone è molto più difficile puntare una zebra in mezzo al delirio di un gregge in corsa. Non si capisce dove inizia una bestia e inizia un’altra in tutto quel caos di strisce. Se invece dipingi una macchia rossa sul manto di una zebra…garantito che al primo attacco sarà quella ad essere catturata dai predatori.

Gli esseri umani sono così. Ci chiediamo come certi orrori del passato siano stati possibili, e non ci rendiamo conto che se ci fossimo trovato in quelle situazioni, anche noi con tutta probabilità avremmo partecipato alle atrocità, non per cattiveria innata, ma per paura di trovarci appiccicata addosso una macchia rossa che ci rendesse facili prede. È uno dei motivi per cui mi infurio con tanti miei colleghi in accademia che fanno un gran ciarlare di certe loro posizioni politiche, quando è palese che esse non sono frutto di una reale riflessione, quanto del disperato bisogno di sentirsi di avere le strisce bianche e nere addosso per paura di essere individuati e attaccati.

Perché dico questo? Perché secondo me la ragione per cui, oltre agli ovvi esempi dele mode e delle manie sociali, questa teoria spiega anche perché i turisti si ammassano negli stessi posti. D’accordo, a volte è per via di un merito intrinseco dei posti: vedere San Pietro non è vedere qualsiasi chiesa. Siamo d’accordo, ma in tanti altri casi, la scelta è dettata da, secondo me:

1) il bisogno di fare quello che fanno gli altri

2) la paura di fare quello che non fanno gli altri

Nel primo caso, la gente vede certe fotografie online o in qualche rivista e sente un bisogno disperato di recarsi sul posto. In questi casi succede che pur di vedere una metà, magari ridicola, come tante che conosco qui in Islanda ma non nomino altrimenti la gente si offende, i turisti si perdono una miriade di altre cose molto più meritevoli per andare ad impantanarsi in un carnaio indegno fatto di cordoni e cose di gente chiassosa che crea file di puntini di colori imbarazzanti dal giallo evidenziatore al viola quaresima, che non restituiscono proprio l’immagine che uno si aspettava.

Nel secondo caso, si teme che una volta tornati, la gente ti chieda “Hai visto la tal cosa?” e tu ti senta in imbarazzo a dover giustificare il motivo per cui la tal cosa non l’hai vista. In pratica, si ha paura di dover rendere conto agli altri di aver fatto scelte diverse e di essere considerati stupidi o sfigati per non aver visto altro.

Io, grazie al cielo, ho sempre avuto il gene del Bastian contrario, quindi per me il problema non si è posto, perché mi sono sempre naturalmente sentito attratto dallo “strano”, dai gusti di gelato, alle scelte sportive, a quelle musicali. Ci sono vantaggi e svantaggi in entrambi i modi di essere, e nessuno è migliore in assoluto. Ma nel caso specifico del sovraffollamento turistico percepito, è forse meglio protendersi verso l’estremo dell’individualità piuttosto che su quello della collettività. Per esempio scegliendo meno mete tra quelle canoniche ed inserendone altre poco frequentate. Per fare un esempio sciocco, a milioni si accalcano per salire sulla balconata di Skógafoss, che non vale assolutamente la pena, mentre pochino nessuno si spingono a Kvernufoss, che è una delle cascate più pittoresche del sud ed è quasi accanto a Skógafoss!

[Poi qui apro una parentesi: alcuni si vantano di evitare il Sud perché affollato (giudizio miope e sbagliato), ma fanno un pochino ridere perché la loro soluzione al sovraffollamento del Sud è solitamente le andare a sovraffollare le mete più gettonate di altre parti, non certo l’individuare zone meno battute]

Si potrebbe obbiettare che esplorare zone meno battute dell’Islanda costituisce un rischio grave, mancando appunto le infrastrutture. Qui mi viene da dire: decidetevi! O avete l’Islanda selvaggia oppure l’Islanda sicura, e su quest’ultima non si può mai essere certi, visto che la scorsa settimana due ventenni cinesi sono morti a ridosso della strada principale per aver ignorato le allerte meteo ed essersi messi in cammino nella tormenta pur di fotografare il relitto aereo di Sólheimasandur.

In conclusione, dal mio discorso si possono trarre i seguenti punti:

1) Non è vero che ci sono troppi turisti.

2) Il problema non è di quantità ma di distribuzione.

3) I turisti arrivano comunque e non intervenire con la creazione di infrastrutture non intacca gli arrivi ma aumenta gli incidenti.

4) L’Islanda ha il diritto dovere di creare infrastrutture per venire incontro alle esigenze del turismo, primo settore economico per produttività.

5) Se non vi piace più la tal cascata per via dei cordoni e dei piumini dai colori pacchiani, c’è ne sono altre centinaia a disposizione.

6) Posto che uno abbia la responsabilità per farlo e sappia come muoversi, sarebbe meglio visitare zone meno battute.

7) Non c’è nulla di male a saltare alcune mete canoniche piuttosto che altre.

8) Invece di vantarsi di aver visto quello che han visto altri milioni, ci si può anche vantare di aver fatto qualcosa di totalmente diverso.

9) Non ha senso evitare luoghi affollati a sud per andare ad affollare sempre gli stessi nel nord.

10) Nessuno ha il diritto di decidere cosa è come l’Islanda dovrebbe essere.

11) Il fatto che stia diventando più attrezzata non è un male assoluto.

12) L’Islanda è per tutti e tutti possono trovare quello che cercano.

3 risposte a “Ci sono troppi turisti, in Islanda?”

  1. Comprendo appieno molti passaggi del tuo post. Mi è capitato di dovermi quasi giustificare con alcuni amici per il fatto che quando ho visitato Parigi non sono andato sulla Tour Eiffel o a vedere uno spettacolo al Moulin Rouge. O che quando sono stato a Madrid non ho visitato il Prado o il Santiago Bernabeu. Personalmente trovo moto più interessante bighellonare tra vicoli e strade meno battute, ma non sempre questa scelta viene compresa.

  2. Comprendo appieno molti passaggi del tuo post. Mi è capitato di dovermi quasi giustificare con alcuni amici per il fatto che quando ho visitato Parigi non sono andato sulla Tour Eiffel o a vedere uno spettacolo al Moulin Rouge. O che quando sono stato a Madrid non ho visitato il Prado o il Santiago Bernabeu. Personalmente trovo moto più interessante bighellonare tra vicoli e strade meno battute, ma non sempre questa scelta viene compresa.

  3. https://francobattaglia.blogspot.com/2022/06/qualcosa-di-islandese.html
    ti rilascio alcune impressioni, frammentarie e imprecise, ma reali, testate di persona. Persona curiosa e aperta. Credo questo sia importante quando visita una nuova terra.
    E grazie a te!

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