Reykjavík, la storia di un nome

Perché Reykjavík ha questo nome? In Italiano viene reso con “Baia fumosa”, una traduzione più della traduzione (inesatta) inglese, che dell’originale islandese, il quale significa “Baia dei fumi”. “Baia fumosa”, semmai, suonerebbe più come “Reykjandi vík”.

Nella Landnámabók, o “Libro delle colonizzazioni”, tra i più antichi testi composti nel medioevo islandese (probabilmente nel 1100), ma sopravvissuto solo in copie più tarde, ci dice che la fondazione di Reykjavík ha segnato la nascita del primo insediamento permanente sull’isola, ovvero la prima fattoria colonica, fondata da un nobile, una sorta di “profugo politico”, Ingólfur Arnarson (figlio di Örn). Molti notabili si sarebbero dati alla fuga per liberarsi dalla tirannia del monarca norvegese, Haraldr hárfagri, “il Bellachioma”. Ingólfur, però, si recò in Islanda in cerca di fortuna. Dopo che il suo fratello giurato, Hjörleifur, aveva ucciso un rivale in amore che era il figlio di uno jarl (conte) di nome Atli, i due fratelli giurati consegnarono i loro averi come riscatto allo jarl e si recarono in Islanda. Prima in una spedizione e poi in modo permanente. Hjörleifur venne ucciso dai suoi schiavi irlandesi, ma Ingólfur lo vendicò uccidendoli dopo averli raggiunti sulle isole dove si erano rifugiati, che da loro prendono il nome: Vestmannaeyjar, “Isole degli uomini occidentali/degli islandesi”.

Ingólfur era il più notevole tra i colonizzatori, poiché raggiunse questa terra disabitata e fu il primo a colonizzarla, e gli altri colonizzatori seguirono il suo esempio.

Ingólfur avrebbe poi mandato i suoi schiavi in esplorazione, e loro avrebbero ritrovato i pilastri intagliato che aveva gettato a mare nella zona dove lui poi si sarebbe insediato, interpretando il loro spiaggiamento come un segno divino:

Ingólfur […] si insediò dove i pilastri del suo seggio (che aveva gettato a mare) si erano spiaggiati, e visse a Reykjarvík. I pilastri sono tuttora nella sala del focolare.

Questa storia è sicuramente inventata. Gli schiavi non avrebbero mai avuto modo di individuare due pilastri su una linea costiera di diverse centinaia di chilometri, senza contare che è stato provato qualche anno fa l’esperimento di gettare dozzine di tronchi a mare nel Sud del Paese e nessuno di questi ha raggiunto la capitale.

Al tempo della stesura della Landnámabók, Reykjavík doveva essere ancora una fattoria, e in effetti è rimasta tale fino al 1700 inoltrato, quando passo dall’essere una fattoria di poco conto a uno dei più importanti centri economici dell’isola, grazie alla costruzione di un centro di lavorazione della lana da parte di un imprenditore locale. Non esisteva una vera e propria capitale fino all’Ottocento, ma il centro politico e culturale più importante era Skálholt, sede della diocesi del sud. Quando un terremoto distrusse Skálholt, la cattedrale è la sua scuola di latino furono temporaneamente spostate a Reykjavík…ma non vennero mai più ristabilite nella loro sede originale, e da lì Reykjavík prese ad espandersi fino a diventare il centro più importante del Paese. È dunque una coincidenza se il luogo del primo insediamento permanente sia diventato poi la capitale!

Notare anche che nel testo medievale il nome presenta il primo elemento al singolare: Reykjar-, genitivo di reykur, “fumo”, quindi “Baia del fumo”.

La fattoria di Ingólfur pare sorgesse nel luogo dove oggi si trova la piazza di Ingólfstorg, poco distante dalla piazza del parlamento, Austurvöllur.

Viene da chiedersi perché Ingólfur Arnarson abbia dato questo nome alla sua fattoria, e di solito viene detto che la ragione sarebbe stata la presenza di sorgenti di acqua calda nella zona che avrebbero emesso vapore. Ma in pochi sanno dove era probabile che questi fumi fossero posizionati.

La zona di Grandi, a ovest del vecchio porto, è un distretto a vocazione mista, che unisce fabbriche, agenzie turistiche, musei (come quello delle balene), supermercati e negozi, ristoranti e molto altro. Grandi è un termine che indica un istmo, un braccio di terreno basso e sabbioso nel mare. Effettivamente Grandi era proprio questo, prima che riempissero le acque tra la costa e l’isolotto di Örfirisey (Effersey nella foto). Örfirisey significa “Isola risale”, e difatti l’isolotto doveva essere collegato alla terraferma con la bassa marea dall’istmo che ha dato il nome alla zona.

Qui sotto il confronto tra il profilo di oggi è quello di una volta (il piccolo cerchio rosso indica la posizione della piazza di Ingólfstorg, la “Baia dei fumi” in senso stretto è segnata dalla parabola rossa. La linea indica invece approssimativamente la posizione del lembo di terra che correva tra l’isoletta e la costa.

A parte l’interesse del dato storico in sé, nella zona di Grandi abbiamo anche la risposta alla nostra domanda sui fumi che hanno dato il nome alla baia.

Quando si ha bassa marea, camminando sul lungomare di Grandi, dove c’è una bella pista ciclabile, si può vedere spuntare dal mare un lembo di terra che collega la riva a un cumulo di scogli, e oltre questi si vede un isolotto piatto, il cui nome è Akurey “Isola campo”. Se si potesse camminare fino ad essa, la distanza sarebbe di un paio di chilometri.

Immagine da Google Maps.

Con l’alta marea, il mare non supera gli 80cm di profondità in questo tratto, ed è dunque pericoloso per le imbarcazioni. Fino a qualche anno fa si era pensato di riempire il fondo marino fino ad Akurey, ma nel maggio 2019 l’isola è stata dichiarata area protetta, dal momento che vi nidificano numerosi uccelli, incluse anche le pulcinelle di mare.

Il cumulo di scogli a metà tra la costa ed Akurey si chiama Hólmasker (Scogli degli isolotti), e nella cartina più vecchia troviamo il none Hólmarnir (“Gli Isolotti”). Si trova a 400m dalla costa, e sarebbe tecnicamente raggiungibile a piedi con la bassa marea, anche se la paura di una marea rapida che taglierebbe la strada al ritorno mi suggerisce di non provarci! In questa zona pare probabile che uscissero vapori dal sottosuolo, ma che i movimenti geologici abbiano cambiato la conformazione del terreno, facendo finire i soffioni sotto il mare.

Immagine da Google Maps.

Nel video qui sotto potete ben vedere il lembo di terra, gli scogli dai quali usciva probabilmente il fumo che ha dato il nome alla baia, e alla città che da essa ha mutuato il nome, e l’isolotto/riserva naturale di Akurey.

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