La lunga storia della mitizzazione dell’Islanda

Nella seconda metà del Cinquecento proliferavano trattati e trattatelli geografici, in concomitanza con il risveglio della curiosità proprio dell’era delle grandi esplorazioni. L’Islanda non fu risparmiata dalla curiosità scaturita da questo periodo di avanzata degli Europei verso i confini del mondo esplorabile. Tuttavia, le notizie che circolavano sull’Islanda in questo periodo erano spesso imprecise, del tutto sbagliate, o grossolanamente inventate per sensazionalismo becero (esattamente come accade ancora oggi!). Si parlava dell’Islanda come una terra di mostri, popolata da bruti, coperta di ghiacci, e con vulcani che si aprivano sull’inferno lasciandone scaturire i gemiti delle anime in tormento. La sua distanza dal continente veniva spesso esagerata, e in generale i resoconti si basavano sempre su notizie di seconda mano raccolte e rattoppate da fonti non proprio attendibili.

Nel periodo intorno alla riforma (completata nel 1550), l’Islanda fu interessata da un forte influsso tedesco, dovuto ai rapporti commerciali della potente lega mercantile detta Lega anseatica. Un’associazione di mercanti che deteneva di fatto il monopolio sul commercio nell’Europa del Nord nel tardo medioevo. Le idee del luteranesimo iniziarono a prendere piede in Islanda anche sull’impeto generato dai mercanti nord-tedeschi. Il rapporto commerciale con la Germania cessò tuttavia ufficialmente quando il re danese impose un severo monopolio commerciale sull’Islanda nel 1602. Soltanto pochi mercanti danesi autorizzati potevano commerciare, e avevano facoltà di decidere prezzi e condizioni, con il risultato che spesso scambiavano beni di prima necessità avariati con i poveri islandesi a prezzi esorbitanti. Il monopolio danese durò quasi due secoli, e viene ricordato come uno dei periodi più bui della storia islandese.

Il vescovo Guðbrandur Þorláksson

Per tutto il Cinquecento, tuttavia, il commercio fu caratterizzato da un forte elemento tedesco, al punto che il secolo viene definito, nella storiografia islandese, “l’età tedesca”, ed è dunque naturale che fossero i tedeschi a produrre un numero di resoconti (di prima e seconda mano) basati sulle loro – spesso davvero limitate – esperienze in Islanda.

Un punto davvero basso di questo genere si è toccato con un poemetto satirico composto dal mercante tedesco Göris Peerse, che pare abbia visitato l’Islanda brevemente in diverse occasioni, in cui gli islandesi sono dipinti come delle bestie incivili che vivono in buche infestate dalle pulci, sono dedite al bere senza disciplina e autocontrollo e, addirittura “dormono in dieci o più nello stesso letto, uomini e donne insieme, russando e scoreggiando come un mucchio di maiali”.

Questo poemetto fu preso come fonte da autori successivi e le storture contenute in esso vennero riciclate come informazioni valide in altri resoconti geografico-antropologici.

Arngrímur “lærði” Jónsson

Per rispondere all’andazzo, su incitazione del vescovo di Hólar, Guðbrandur Þorláksson (autore della prima traduzione completa della Bibbia in islandese), lo studioso Arngrímur Jónsson, detto lærði (il sapiente), compose un trattatello, “Brevis commentarius de Islandia”, una descrizione geografica e antropologica del Paese dove, con tono polemico, l’autore risponde in modo veemente alle infamie perpetrate dagli autori continentali a danno della reputazione del suo popolo. Il libro fu stampato a Copenhagen nel 1593 ed ebbe una vasta diffusione, come testimoniato dalla presenza di sue copie in moltissime collezioni in tutta Europa.

L’effetto desiderato non fu però ottenuto, purtroppo, perché i miti e le esagerazioni sull’Islanda continuarono (e come sapete continuano tutt’ora!), ma il libello ebbe il merito di stimolare l’interesse antiquario per la storia islandese, particolarmente in Danimarca, risvegliando la corsa allo studio per il passato medievale non solo islandese ma anche nordico in generale.

In occasione dell’anniversario della nascita di Arngrímur, nel 1968, è stata prodotta una ristampa della primissima edizione del suo libro. Sono riuscito a procurarmene una copia – pagata abbastanza salata – dopo diverse ricerche perché è ormai poco reperibile, ma sono davvero contento di aver potuto aggiungere questo gioiellino alla mia libreria.

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