Baðstofa, la cultura islandese in una stanza

Baðstofa significa letteralmente “stanza da bagno”. Ciò che descrive, però, non ha nulla a che fare con i bagni. Questo termine indica, infatti, l’ambiente principale delle case islandesi dal tardo medioevo fino al XX secolo. In esso si trovavano i letti, disposti lungo le pareti, ma era anche il luogo dove si mangiava e si lavorava (sedendo sui letti), appoggiandosi a delle assi di legno intagliate che venivano poste sul grembo come piano da lavoro, ma che venivano riposte a fianco del materasso durante la notte.

Come si sia arrivati a definire questo spazio, così importante nella cultura islandese antica, “stanza da bagno”, è una curiosità che esige un chiarimento. La baðstofa è effettivamente una sorta di spazio sacro, per chi studia e conosce la cultura islandese. In essa si svolgeva lo húslestur, la “lettura casalinga” serale di testi religiosi e la kvöldvaka “veglia serale”, momento conviviale di lettura di storie, poesie e anche di musica. Al lume di lampade alimentate con olio di pesce o cetaceo, gli islandesi preservavano, trasmettevano e incrementavano il loro patrimonio culturale, imparando a leggere e scrivere e raggiungendo molto presto un tasso di alfabetizzazione che aveva del miracoloso. Le grandi saghe medievali, le poesie devozionali, le strofe in rima cantate durante le danze conviviali, i numerosi testi storiografici, scientifici, teologici, epici e letterari sono stati composti, letti e copiati in questi spazi umili.

Ricostruzione archeologica di una casa del primo periodo. L’erba cresceva spontaneamente sulla torba usata per la costruzione, facendo sembrare queste case delle piccole colline erbose.

Le abitazioni più antiche, costituite da uno scheletro in legno ricoperto di spessa torba, fino all’inizio del secondo millennio erano composte da un solo stanzone, nel mezzo del quale si trovava il focolare. Un foro sul soffitto lasciava uscire il fumo, sormontato da un comignolo in legno che impediva alla pioggia di entrare. Accanto al focolare erano disposte le panche che fungevano da sedute durante il giorno e da letti durante la notte.

Ricostruzione archeologica dell’interno di una casa del periodo più antico (Eiríksstaðir, Islanda occidentale).

Nel capitolo 11 della Fljótsdæla saga, ambientata alla fine del primo millennio, si dice che: “Ai vecchi tempi era normale che le baðstofur non fossero comuni e che le persone accendessero grandi fuochi per riscaldarsi. C’era molta legna da ardere, perché ogni regione era boscosa. Inoltre, il modo in cui erano disposti gli edifici era che si trovavano uno accanto all’altro, senza stanze. Era tutt’uno, la sala in cui la gente sedeva a mangiare, e il luogo in cui dormivano, ciascuno nel proprio spazio lontano dai tavoli. Ma più all’interno dell’edificio c’erano letti ad armadio, e lì dormivano le persone più importanti.

Le saghe indicano che, già nel XII secolo, gli edifici iniziarono a essere divisi in moduli separati, dividendo la stanza del focolare (ora chiamata eldhús) da quella per dormire (svefnskáli). I muri interni in torba erano rivestiti da pannelli lignei, oppure da tappezzerie che avevano la funzione di preservare il calore.

Con l’affermarsi del potere ecclesiastico tra XI e XII secolo, entrò in Islanda la cultura europea, che portò dapprima allo sviluppo dei monasteri, anche questi costruiti in legno e torba, ma con le stesse planimetrie e strutture dei grandi monasteri continentali, dunque con una divisione chiara tra, ad esempio, chiesa, biblioteca, dormitorio, refettorio, ufficio dell’abate, magazzino etc. Anche le abitazioni laiche, presero a differenziare gli spazi.

Già nella Sturlunga saga, raccolta di saghe che coprono eventi avvenuti tra il XII e il XIII secolo, si menzione della baðstofa, “stanza da bagno”. È probabile che il nome indicasse originariamente una stanza dove si sì trovava un forno di pietre (forse abbastanza simile a quelli che usiamo in giardino per fare la pizza in casa, ma con pietre disposte a secco), che veniva scaldato con del fuoco per poi gettarvi sopra dell’acqua e produrre vapore, esattamente come in una sauna.

Planimetria della fattoria quattrocentesca di Fornu-Lá; Kristján Eldjárn, Tvennar bæjarrústir fra seinni öldum, 1951.

Ciò è effettivamente supportato dalla menzione più antica del termine, che compare come una glossa (traduzione annotata) della parola latina therme, in fondo alla seconda colonna del foglio 23r del codice pergamenaceo GKS 1812 4to, una miscellanea di testi astrologici, geometrici e geografici, composta a fine 1100, nonché uno dei più antichi codici islandesi preservati. Si trova a Reykjavík.

La parola latina Therme, scritta “Threme” per errore. Sopra si legge «bat ſtofa». Ho ricalcato le lettere digitalmente per renderle più visibili. Il manoscritto è troppo sbiadito.

Nelle saghe il termine compare 16 volte, se cercato nel database di testi antichi dell’Istituto Árni Magnússon per gli studi islandesi. Nella Eyrbyggja saga, composta tra il XIII e il XIV secolo, si trova il famoso episodio in cui Styr fa costruire una sauna/baðstofa per asfissiarci dentro i due berserkir che pretendono di sposare sua figlia. Nella Heiðarvíga saga (considerata una delle più antiche mai composte), dei personaggi vi entrano appunto per fare un bagno di vapore.

Il termine compare però ben 9 volte nella Sturlunga saga, dove viene detto che alcuni personaggi vi trascorsero una notte, dal che possiamo supporre che dal Duecento, almeno occasionalmente, si usasse la baðstofa anche per dormire o per trascorrervi del tempo non necessariamente bagnandosi, ma approfittando del piccolo forno in pietra originariamente pensato per produrre vapore. Lo scavo della fattoria di Gröf nella contea degli Öræfi (Sudest), è stata rinvenuta una baðstofa collocata per ultima in fondo al corridoio dell’abitazione, con delle panche piuttosto larghe ai lati, con resti di oggetti come frammenti di ceramica e fusaiole per la lavorazione della lana, il che indicherebbe la permanenza nella stanza per attività quotidiane.

Nel corso del XV secolo, da documenti come atti notarili, si deduce che ormai la baðstofa sia diventata una stanza per attività quotidiane. In diversi documenti viene riportato che i testimoni si trovavano nella “baðstofa” della fattoria tal delle tali. Nel secolo successivo, Oddur Einarsson racconta che le baðstofur avevano un pavimento in legno leggermente rialzato rispetto al terreno, di modo che l’aria più fredda vi restasse sotto, e chi si trovava sopra godesse dell’aria più tiepida, dormendo, sedendo e mangiando su delle “panche”, e scaldando lo spazio con un forno di pietre. Nello stesso secolo, Arngrímur Jónsson specifica che, specialmente in inverno, nelle baðstofur veniva accesso un forno di pietre tra le quali sono accese delle fiamme, e quando le pietre erano diventate incandescenti e il fumo uscito dalla stanza, vi si gettava sopra acqua fredda così che il calore si distribuiva per la stanza con il vapore creatosi.

Dal 1600 in particolare, si hanno notizie di baðstofur rivestite con pannelli lignei, come quelle che ancora sopravvivono nelle case in torba rimaste (solitamente risalenti al XIX, XX secolo), mentre dal XVIII secolo in poi esse diventano più confortevoli e raggiungono l’aspetto che si può osservare in quelle che sopravvivo ad oggi.

Baðstofur “classiche” non sopravvivono in ognuna delle poche case in torba rimaste, perché questo spazio fu abbandonato in diverse case in favore di una suddivisione più “moderna”, con stanze diverse per il sonno e per le attività diurne. I miei esempi preferiti, uno più umile e l’alto più signorile, sono quelli delle fattorie di Skógar (Sud) e di Glaumbær (Nord).

La piccola baðstofa di Skógar.
La baðstofa di Glaumbær.

Per questo articolo sono soprattutto indebitato con il testo Híbýlahættir á miðöldum, FÍ Arnheiður Sigurðardottir, 1966.

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