I ghiacciai islandesi: l’anima del Paese. Un’anima che stiamo perdendo a velocità allarmante. Sono parte integrante del paesaggio, in particolare nel Sud-Est, ovvero la zona tra Vík e Höfn, dove sembrano quasi essere contenuti a malapena dalle montagne, che fungono da paratie per queste colossali masse di ghiaccio. I centri abitati ai piedi dei ghiacciai punteggiano la linea pedemontana, e sono attraversati dalla strada principale, che scorre avendo i monti e i ghiacciai da un lato, e i deserti alluvionali neri e i campi di lava dall’altro.
Sono proprio i ghiacciai a costituire una delle più spettacolari meraviglie che l’Islanda offre. La loro maestosità non lascia mai nessuno indifferente.

La foto qui sopra, che ho scattato dall’aereo, ritrae la lingua del ghiacciaio Breiðamerkurjökull (Ghiacciaio di Foresta Larga), un ghiacciaio di sbocco che origina nella colossale calotta del Varnajökull (Ghiacciaio dei Laghi). Ai suoi piedi potete notare tre laghi, originati dallo scioglimento delle lingue di ghiaccio che, ritirandosi, hanno lasciato un solco che si è poi riempito d’acqua.
Quello più grande, a destra, è il famoso Jökulsárlón. Diventato una laguna perché il ghiacciaio fino agli inizi del ‘900 raggiungeva il mare. Ora l’acqua salata penetra nel solco lasciato dalla lingua di ghiaccio e ne accelera lo scioglimento. Avendo il peso della lingua scavato il terreno di centinaia di metri sotto al livello del mare, quando il ghiacciaio sarà scomparso, al suo posto si troverà un lungo e profondo fiordo.

Ai tempi della colonizzazione (870-930), questa lingua non esisteva. Al suo posto si trovava una lunga valle, ma il ghiaccio l’ha riempita nei secoli avanzando di decine di chilometri e distruggendo insediamenti umani. L’estensione massima dei ghiacciai islandesi fu raggiunta alla fine del 1800. Da allora sono stati persi 2.200 km2 di superficie, con una media di 40km all’anno negli ultimi anni, che corrisponde al 7% del volume.

Alla luce di ciò potremmo essere portati a pensare che lo scioglimento non debba essere poi un fatto grave, se tanto i ghiacciai erano addirittura più piccoli di oggi 1000 anni fa. In effetti la terra, qualche miliardo di anni fa, era una roccia zeppa di acidi e tossine, ciò non vuol dire che un ritorno a quella situazione sia desiderabile: l’alleggerimento del terreno conseguente alla scomparsa delle calotte glaciali causa un innalzamento dell’Islanda rispetto al mare, cosa che sta portando alla scomparsa di porti naturali alla base delle economie di tante comunità locali (se il fondo marino si alza, le navi non possono avvicinarsi alla riva o rischiano di incagliarsi). La sparizione dei ghiacciai comporta inoltre una perdita di riserve d’acqua costanti, con conseguente inaridimento, rischio siccità e desertificazione. Höfn, la ridente cittadina del Sud-Est famosa per gli scampi sale di 1/1,5 cm all’anno (dite addio ai buonissimi scampi nelle zuppe – che qualcuno spaccia per aragoste ai turisti ignari).

Non solo, la scomparsa della copertura glaciale può esporre terreni instabili, causando frane e alluvioni catastrofiche. L’assottigliamento delle calotte può anche portare ad un aumento dell’attività vulcanica sotto di esse: con l’innalzamento della crosta dovuto all’alleggerimento del peso dei ghiacciai, si crea più spazio per l’accumulo di magma. Soltanto nell’ultimo secolo, la quantità di magma generato è aumentata dal 100/135%. Secondo gli esperti, se anche soltanto il 25% di questo magma raggiungesse la superficie, sarebbe sufficiente a causare ogni sette anni un’eruzione della magnitudine di quella del 2010 sull’Eyjafjallajökull. In altre parole, anche se sono esistiti periodi, nella storia del mondo, in cui il ghiaccio era meno abbondante di adesso, non significa che la sua scomparsa attuale non comporti gravi problemi e conseguenze mortali. Si è creato un equilibrio, nei secoli, che adesso stiamo alterando.
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