Saga di Barlaam e Iosafat: il Buddha nell’Islanda medievale

Quando pensiamo alle saghe islandesi, di solito immaginiamo guerrieri, viaggi, battaglie, re, fantasmi…e magari magie, giganti e troll, se guardiamo a quelle più tarde e influenzate dalle romanze cortesi europee.

Eppure saga è il termine più generico che si possa immaginare: significa semplicemente “storia”, e proprio come per il termine italiano, queste saghe sono un corpus estremamente eterogeneo. Sono saghe anche le traduzioni in antico islandese delle vite dei santi, per esempio, e nel vasto corpus sono inclusi numerosi adattamenti di lavori europei, come il Bellum Igurthinum e la Congiura di Catilina di Sallustio, che assieme ai Pharsalia di Lucano sono stati tradotti e adattati in islandese con il titolo di Rómverja saga “Saga dei romani”. Poi c’è la Alexander saga, adattamento in prosa del poema Alessandreide su Alessandro Magno, composto da Gualtiero da Castiglione nel 1100, le Breta sögur, ovvero “Saghe dei Britanni”, adattate dal testo latino Storia dei re di Britannia di Goffredo da Monmouth. Insomma c’è davvero di tutto, in queste saghe.

Addirittura, a testimonianza dell’afflato quasi cosmopolita della cultura medievale islandese, abbiamo anche una traduzione di un racconto che ha la sua origine addirittura nelle vicende del Buddha!

AM 232 fol., codice pergamenaceo islandese del quindicesimo secolo conservato all’istituto arnamagnæano di Copenaghen, e contenente il testo della Barlaams saga og Iosafat.

Barlaams saga og Jósaphat (Saga di Barlaam e Iosafat) è la traduzione di un racconto didascalico che narra la storia di Iosafat, un principe indiano. Alla sua nascita, gli indovini avevano predetto che sarebbe diventato un Cristiano, così che il padre (il quale era dedito alla persecuzione dei cristiani nel suo regno) lo fece crescere isolato nel palazzo per impedirgli di venire a contatto con la nuova dottrina. Un monaco di nome Barlaam, fingendosi un mercante, riesce con un trucco a parlare con il principe, dicendo al re di possedere una pietra che solo un giovane può vedere. Iosa far si converte, per la rabbia del padre. Il quale sarà costretto a dividere il regno in due, affidandone la metà cristiana al figlio. Vedendo gli atti caritatevoli compiuto da questo, si pente e si converte e lascia il regno in mano al figlio, il quale però abdicherà per trascorrere il resto dell’esistenza in ascetismo.

Il nome del principe Iosafat, è la storpiatura del termine sanscrito Bodhisattva, termine che indica una persona in cammino verso l’illuminazione. Il testo, una versione tarda della vita del Buddha, è arrivato in Europa, e dunque in Islanda, attraverso traduzioni e adattamenti in varie lingue, prima in persiano, poi in arabo e siriaco. La storia fu poi tradotta in georgiano e adattata a un contesto Cristiano nel X secolo, e infine fu tradotta in greco e in latino. I due protagonisti furono addirittura canonizzati come santi nella Chiesa ortodossa e in quella cattolica. Dunque attraverso questa serie di traduzioni e adattamenti, il Buddha è divenuto un Santo per i cristiani dell’Europa medievale!

Il racconto della vita del Buddha divento popolarissimo nell’Europa medievale, ed è dunque giunto dall’India fino addirittura in Islanda, come raccontato in questo articolo, e questo è una bella testimonianza di quanto la cultura islandese potesse recepire e incorporare spunti che arrivavano addirittura dall’altro lato del mondo!

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