L’epidemia di coronavirus ha messo a dura prova la pazienza di tutti. Quasi ogni giorno ricevo richieste di italiani disperati che vorrebbero un aiuto per potersi trasferire, e mi implorano di trovare loro lavoro in qualche fabbrica, perché sono disposti a tutto. Il gruppo di Facebook degli italiani residenti sull’isola sta venendo invaso da richieste di informazioni. Parliamo di gente tra i 25 e i 60 anni, dunque una fetta considerevole, segno di quanto pervasiva sia la disperazione. Numerosi casi di mitizzazione dell’Islanda, contro la quale mi batto da anni, sono serviti a vendere un prodotto ai turisti e ad acchiappare click, ma nella condizione attuale hanno l’effetto di illudere dei disperati su possibilità e speranze che nemmeno esistono. Devo dunque rispondere, onestamente e con il cuore in mano che, pur capendo la situazione, non è certo il caso di mollare tutto per venire in Islanda, perché il sentito dire sui paradisi boreali nasconde un sacco di ombre che, una volta scoperte, fanno rimpiangere i problemi che si avevano a casa propria.
Se stai valutando un trasferimento, ti consiglio di leggere “Perché l’Islanda potrebbe non fare al caso tuo?” e “L’utopia islandese”, potrebbero essere determinanti nel capire meglio che tipo di scelta stai effettivamente affrontando. Inoltre potresti trovare interessante questa testimonianza di un italiano in Islanda.
La disoccupazione, a seguito della pandemia e del tracollo economico che ha causato, è relativamente molto alta, e in queste condizioni verrà sempre privilegiato qualcuno già inserito. Essere gli ultimi arrivati in una situazione mondiale come questa non è una buona idea. In questo articolo illustrerò a grandi linee il mondo del lavoro islandese, unitamente a varie considerazioni collaterali utili a farne un quadro più preciso:
- Inserirsi nel sistema islandese richiede una buona dose di burocrazia, facilitata per chi viene dall’Europa, ma che può comunque esercitare un peso considerevole sulla propria psiche.
- Venire in Islanda non dovrebbe essere una fuga da qualcos’altro: scappando dai problemi si finisce con il portarseli dietro.
- Se non c’è una passione per il Paese e la sua cultura, tutte le difficoltà risulteranno ancora più ostiche. Inoltre, bisogna guardarsi dall’idealizzare la società e credere che sia tutto come in una cartolina.
- Venire in Islanda solamente per “fare fortuna” rischia di tramutarsi in un fiasco: a meno che non siate lavoratori iper-specializzati e ultra-richiesti farete fatica a mettere da parte qualcosa.
- Nonostante circolino leggende su stipendi altissimi, il salario minimo non è fissato per legge, ma viene stabilito con contratti collettivi dai sindacati di categoria, e all’aumentare di questo aumenta anche il costo della vita, ragion per cui è un continuo rincorrere un miraggio. Gli stipendi si alzano, ma con loro anche i prezzi, e il potere di acquisto non cambia.
- Esistono soglie diverse per la paga oraria, calcolate a partire da fattori quali il livello di istruzione, l’iscrizione ad associazioni di categoria, l’ottenimento di abilitazioni e l’anzianità. Se non siete a conoscenza dei vostri diritti, è possibile che proveranno a pagarvi meno di quanto vi spetterebbe.
- Secondo l’accordo sugli standard di vita per il 2019 – 2022, firmato da uno dei più grandi gruppi sindacali e dalle camere di commercio, il salario minimo per i lavoratori deve essere, dal gennaio 2021, di 351.000 ISK (Corone islandesi) lorde. Circa 2200€. Se pensate siano tanti soldi, aspettate:
- Secondo le griglie di riferimento per il 2020, con un guadagno da 0 a 336.916 ISK pagherete il 35,04%, da 336.916 a 945.873 ISK il 37,19%. significa rimanere con 220.000 ISK nel caso in cui prendiate questo minimo di 351.000 previsto dal gennaio 2021.
- La quantità finale di tasse che pagherete varierà a seconda di una complicata serie di fattori che è difficile calcolare, ma includerà una quota obbligatoria per il sindacato, e una per il fondo pensione.
- A marzo di ogni anno si fa la denuncia dei redditi, e a meno di non disporre di un commercialista, arriverà spesso un salato conguaglio, unitamente alla tassa per la televisione, che dovete pagare anche se la TV non l’avete e non la guardate.
- L’affitto di una stanza in appartamento vi costerà almeno 80.000 ISK, un appartamento intero potrebbe andare dalle 125.000 alle 200.000 ISK o più.
- Il costo delle bollette è generalmente abbastanza basso. Tra le 20.000 e le 50.000 corone di spese. La maggior parte degli affitti include anche le bollette e a volte internet, però.
- Il cibo sarà una fetta considerevole del vostro salario, a meno che non vi nutriate di riso e noodles istantanei. Ve lo sconsiglio perché potrebbe venirvi il diabete.
- Non esiste “la tredicesima” come in Italia, ma viene offerto quello che si definisce desemberuppbót (aumento di dicembre), la cui entità varia a seconda del contratto di lavoro.
- Il lavoro viene calcolato in percentuali: 100% è a tempo pieno, mentre il part-time può essere una qualsiasi percentuale più bassa (50%, 75% etc.).
- Un lavoro a tempo pieno, 100%, è di 40 ore settimanali, generalmente 8 ore al giorno per cinque giorni (a meno di turni nei finesettimana per certi lavori, il sabato e la domenica sono entrambi liberi).
- Gli straordinari “yfirvinna”, o i turni ordinari il sabato, la domenica e le feste, sono obbligatoriamente pagati più della tariffa oraria normale. Se si fa un part-time la mattina, e viene chiesto di fermarsi al pomeriggio per qualche ora in più, anche se si è all’interno dell’orario di lavoro standard degli altri che lavorano a tempo pieno, si viene pagati di più per le ore di straordinario.
- Il lavoro è solitamente suddiviso in 37 ore e mezza più 30 minuti al giorno per la pausa, che è obbligatoria per legge anche se in alcuni casi questa soluzione può variare. A questo monte ore si aggiunge la pausa pranzo la cui lunghezza dipende da lavoro a lavoro. Essa non viene conteggiata, e in alcuni casi si può scegliere di saltarla per uscire prima. Lavorando in asilo, per fare un esempio, si ha diritto a una pausa di mezz’ora ogni giorno facendo il part-time, chi lavora full-time ha invece un’ora completa, inclusiva di pausa caffè e pranzo in un’unica soluzione. Alcuni lavori permettono di riorganizzare le ore distribuendole in modo diseguale sui giorni, ad esempio certi impieghi prevedono giornate di lavoro più lunghe con la distribuzione del lavoro su più giorni della settimana consecutivi, seguiti da più giorni di pausa.
- A seconda dei settori, prima dell’epidemia di Coronavirus, le competenze richieste potevano essere piuttosto generiche (buono spirito di adattamento, buona capacità relazionale…), particolarmente se l’offerta di lavoro superava di molto la domanda, il che poteva essere allettante, ma il rovescio della medaglia è che il licenziamento di eventuali incompetenti è molto più facile per il datore di lavoro islandese. Una volta si veniva comunque messi alla prova, e si aveva una chance per imparare un mestiere. Oggi i requisiti si sono comunque molto alzati: l’islandese, ad esempio, è richiesto preferibilmente ovunque, e iniziano a comparire richieste più precise di qualifiche e titoli.
- Attraverso i sindacati si ha diritto a tutta una serie di aiuti economici: sostegno per spese mediche ordinarie e straordinarie, per acquisto di occhiali, attrezzature, per le tasse universitarie o per l’iscrizione a corsi di formazione, per la partecipazione a conferenze pertinenti al proprio lavoro e molto altro. Ottenere questi aiuti, però, richiede un minimo di destrezza linguistica. Nessuno ve li offrirà, e dovrete essere voi a capire come chiederli e fare domanda. In islandese.
- Imparare l’islandese è uno sforzo di una vita. Se volete vivere in Islanda, ma ritenete di non potercela mai fare a studiare una lingua così difficile (per certi versi è più difficile del latino!) mettete in conto che sarete costantemente svantaggiati.
- Tanti si trasferiscono in Islanda convinti di trovare un Paese progressista e accogliente con gli immigrati, ma se siete stranieri è molto probabile che qualcuno, in qualche modo, si approfitterà della vostra ingenuità e mancanza di reti di sostegno per non darvi quanto vi spetta. Se non vi informate voi, nessuno vi dirà quali sono i vostri diritti.
- Sconsiglio di precipitarvi ad accettare qualsiasi condizione di lavoro e vita, per quanto degradante, pur di rincorrere un sogno o un film che vi eravate fatti. Non soltanto vi troverete in un Paese difficile, con un meteo inclemente, da soli e senza connessioni sociali profonde, ma è anche probabile che non racimolerete tutti questi soldi: alcuni vivono in condizioni di ristrettezza giusto per mettere da parte qualcosa e portarsela a casa, o per svernare in Asia dove i risparmi islandesi permettono di godersi un tenore di vita più alto, ma non potete pensare di vivere in Islanda in ristrettezze a lungo termine.
- Giusto oggi, una ragazza mi ha scritto chiedendomi se so dove potrebbe avere più possibilità di trovare lavoro, aggiungendo di essere disposta a “farsi sfruttare” pur di venire qui. Le ho dovuto spiegare che non solo avrebbe fatto male a se stessa, ma anche a noi residenti a lungo termine. Accettare pagamenti bassi credendo ingenuamente di aver trovato una cuccagna perché eravate abituati, in Italia, a tirocini e stage con al massimo un rimborso spese di viaggio di 200€, ha un grave impatto su chi in Islanda ci vive e ha famiglia: distruggete il mercato per i locali che non possono accettare salari così bassi perché hanno figli da mantenere e non possono permettersi di nutrirli solo con riso e noodles istantanei. Nel campo del turismo, ad esempio, ho conosciuto studenti italiani che sono stati messi a guidare gruppi per la prima volta senza alcun tirocinio, e senza mai essere stati precedentemente nelle destinazioni. Venivano messi lì con contratti imbarazzanti che, da studenti squattrinati e appena arrivati, non erano in grado di riconoscere come tali.
- Lavorando a sufficienza per permettervi uno stile di vita accettabile rispetto al costo della vita qui, è probabile non abbiate poi energie da investire per l’attività più cruciale si fini dell’inserimento sociale: l’acquisizione della lingua. Alcuni miei amici italiani mi hanno raccontato spesso che, dopo una giornata di lavoro sfiancante, non avevano le forze necessarie per concentrarsi sullo studio della lingua alla scuola serale, o a casa, e senza la lingua si fatica a creare connessioni sociali. Passare l’inverno in Islanda senza una rete sociale non è consigliabile: non si esce molto per via del freddo e del buio. Gli islandesi superano la stagione facendo squadra, organizzando feste e cene e tenendo vivo il morale socializzando, se non avrete una rete sociale solida sarete estremamente soli.
- L’ambiente di lavoro islandese è di solito democratico e informale. Non aspettatevi ordini chiari e precisi su cosa fare. Il vostro datore di lavoro pretenderà un vostro parere. Ugualmente, ci si aspetterà che siate intraprendenti, dovrete farvi avanti e intervenire nelle situazioni, non stare in disparte ad aspettare di essere interrogati. Questo potrebbe essere un problema per persone abituate all’ambiente di lavoro italiano.
- A meno che non siate esperti altamente specializzati e insostituibili, NESSUNO verrà a cercarvi o offrirvi stipendi da sogno. L’Islanda non è un paradiso felice con le porte aperte per chiunque. I lavoratori stranieri sono abusati e sfruttati anche qui, e se il vostro livello di istruzione e linguistico sono medio-bassi, è probabile che incappiate anche voi in qualcosa del genere.
- Nel 2018 è emerso un caso in cui lavoratori dell’est europa venivano sfruttati, lavorando 220 ore al mese e con un guadagno netto di 38.000 corone (200€), dopo le 50.000 che il datore di lavoro si teneva per alloggiarli in una topaia. Nessuno di loro parlava inglese o islandese, e non potevano scappare perché non sapevano a chi chiedere aiuto, né avevano i soldi per permettersi un volo di ritorno nel loro Paese.
- Nel 2020, tre lavoratori polacchi sono morti in un incendio di una casa non a norma nella quale vivevano 73 persone, tutte dell’Europa dell’est tranne uno spagnolo e un islandese. La casa non era a norma, e il degrado era stato esposto alle autorità da un servizio giornalistico del 2017, ma nessuno ha mosso un dito. A seguito dell’incidente, numerose proteste si sono levate ma è caduto tutto nel vuoto, e la prima ministra, che tecnicamente dovrebbe essere di sinistra, progressista, green, femminista e quant’altro, non ha avuto altro da dire, il giorno dell’incidente, se non congratularsi per i risultati di una partita di calcio. Nemmeno un minuto di silenzio è stato tenuto per le vittime di quella che è innegabilmente una negligenza dello stato e di tutte le istituzioni che hanno scelto di voltarsi dall’altra parte pur sapendo di quello che succedeva e succede sotto i loro occhi. Ad oggi, lo sfruttamento di lavoratori stranieri in condizioni di debolezza è una realtà radicata in Islanda, e gli sforzi per combatterla sono timidi e poco convinti. Se decidete di darvi in pasto a questo, informatevi su qualche storia di caporalato nostrano per sapere a cosa andate incontro.
Io, nel mio piccolo, continuo a martellare su questi temi. Come già detto, ho una responsabilità per il fatto che sono il blogger che scrive di Islanda più letto in Italia, e la gente si affida a me per molte questioni inerenti la Terra del Ghiaccio, non posso dunque esimermi dal mettere in chiaro queste questioni quando constato l’emergere di pericolose e allarmanti ondate di connazionali che vogliono buttarsi in fantomatici viaggi della speranza avendo solamente consultato materiale concepito per attirare turisti. L’Islanda è un Paese complesso, con una storia antica e una società molto omogenea e compatta dove non è facile inserirsi. Questo è importante tenerlo ben a mente, specialmente in questo periodo dove la situazione mondiale sta rendendo tutto più difficile.
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