Paradiso segreto ai piedi dei ghiacciai islandesi

Abbiamo deciso di approfittare di una bella giornata di sole per fare una pazzia: andare in giornata verso la regione dei grandi ghiacciai, nel lontano sud-est. Sono cinque-sei ore di macchina e circa 400 chilometri. Spesso i turisti ci provano, magari anche in inverno, per la smania di vedere i ghiacciai nel breve weekend che hanno a disposizione. I risultati sono spesso disastrosi: incidenti, multe per eccesso di velocità, nessuna fermata lungo il tragitto e totale spreco del viaggio, buio al momento dell’arrivo…insomma, andare in giornata nel sud-est per chi va in Islanda la prima volta è davvero una sciocchezza, e non fatelo soltanto perché l’ho fatto io: io l’ho fatto perché in Islanda ci vivo da anni, perché la costa sud la conosco a menadito, e anche perché se succedesse un imprevisto avrei degli appoggi (ho i suoceri che vivono a metà del tragitto).

Premessa doverosa, perché non vorrei avere sulla coscienza esperienze di vacanza disastrose. Detto ciò, con partenza alle 7:30 da Reykjavík, abbiamo fatto una pausa caffè a Hvolsvöllur e raggiunto Vík per le 10:00, dove abbiamo preso il pranzo da consumare in macchina. Abbiamo raggiunto il Lómagnúpur e ci siamo fermati a contemplare il vasto deserto nero alluvionale ai piedi del ghiacciaio Skeiðarárjökull, che prossimamente verrà inondato, non appena il vulcano subglaciale Grímsvötn, risvegliatosi recentemente, prenderà ad eruttare.

Abbiamo costeggiato il sistema montuoso sul quale si posa il ghiacciaio Öræfajökull (Ghiacciaio delle terre desolate), guidando lungo le morene degli antichi ghiacciai, oggi ritiratisi più a monte.

In questa zona si trova una meta molto speciale. Non ne divulgherò il nome o l’ubicazione esatta perché esiste una sorta di regola non scritta per la quale si cerca di non rendere troppo popolare questa meta: è un angolo di Islanda impervio, selvaggio e terribile. Sarebbe una tragedia se dovesse finire recintato, con sentieri in terra battuta e gomme antiscivolo, e frotte di turisti annoiati più interessati al suono della loro voce che alla contemplazione del paesaggio. Il luogo non è comunque segreto, e cercando un po’ qua e là è possibile individuarne il punto di accesso.

La meta si chiama “Gola dei Rilievi”, e ospita due bellissime cascate, “Cascata Appesa”, e “Cascata dei Rilievi”, quest’ultima all’ombra di un’altura detta “Pizzo di Monte Radice”, sul quale svetta una punta che in realtà si trova più indietro sulla calotta glaciale, ma che per la prospettiva appare proprio al di sopra del picco e della cascata. Questa punta si chiama “Picco Lastra”.

Per raggiungerlo bisogna prendere una deviazione dalla strada principale, lungo due chilometri di sterrata sassosa che ricorda quasi il letto di un fiume. Non si tratta di una strada montana da percorrere obbligatoriamente in 4×4, ma va percorsa con prudenza. Si arriverà ad una radura ai piedi di un colle coperto di betulle da un lato, e di un argine artificiale dall’altro, i quali si uniscono a formare un triangolo. Da qui si diparte un sentiero tortuoso, non difficile, ma a tratti pericoloso: in alcuni punti, esso scorre sul fianco di ripide alture dal terreno sdrucciolevole e con decine di metri di salto. Occorre anche guadare un torrente e inerpicarsi lungo brevi creste ripide da ambo i lati. Non è assolutamente una destinazione per gruppi organizzati che possono includere persone con scarsa forma fisica, ma non è nemmeno un percorso da trekking estremo per hiker esperti.

Il sole splendeva, e nonostante qualche nuvola passeggera e la sua ombra, la temperatura era abbastanza alta e il sole abbastanza intenso da costringerci a stare in maniche corte, da farci sudare e da abbronzarci vistosamente. Risalendo i rilievi si poteva godere di una vista impareggiabile sulle pianure sottostanti, fino all’oceano, e sulle lingue di ghiaccio che diradano verso valle.

In una quarantina di minuti si raggiunge il fianco della gola, e qui ogni parola è sprecata.

Il fragore delle cascate, gli uccelli che volavano da una parete all’altra della gola, il torrente sul fondo, i colori del muschio e dell’erba, e il picco innevato che svettava su quella vista paradisiaca mi hanno folgorato per l’ennesima volta come la prima in cui ho viaggiato in Islanda. L’Islanda ha questo potere di emozionarmi costantemente e senza scampo – ogni volta come se fosse la prima.

Siamo rimasti da soli per un po’, ma poi ci ha raggiunto una coppia di fotografi austriaci vestiti con abbigliamento professionale dai colori accesi. Un tipo di abbigliamento che trovo fuori luogo a meno che non si vada in una spedizione artica, perché è un po’ come mettersi uno scafandro per andare a pescare ricci di mare in acque basse, o una tuta spaziale per un giro in deltaplano. L’abbigliamento migliore per le camminate in Islanda è:

  • Maglietta di cotone,
  • Maglia leggera (cotone o pile)
  • Lopapeysa (maglione di lana islandese)
  • Impermeabile eventuale da tirare fuori in caso di evenienza.

Quando facciamo escursioni nella natura ci vestiamo così. I colori delle lopapeysur (se scelti bene!) si mescolano o accostano benissimo con la tavolozza del paesaggio.

Tornati indietro, ci siamo recati alle lagune glaciali. Fjallsárlón era deserta: nonostante la prima volta che la visitai non c’era che una sterrata sconnessa, da qualche tempo hanno costruito una strada, un ristorante, una base per le gite in barca, e messo recinzioni ovunque. Ieri, tuttavia, c’eravamo solo noi a goderci il rumore degli iceberg che cozzavano placidi nella laguna.

Jökulsárlón non era invece deserto, ma quasi. Qui di solito si ammassano gruppi considerevoli di persone (e per ottime ragioni: è uno dei punti più suggestivi del Paese), ma ieri ce n’erano davvero poche, e sono rimasto per un po’ a contemplare le forme uniche degli iceberg e a osservare le graziose foche nuotare con grazia vicino alla riva.

Siamo stati davvero fortunati con il tempo, che è rimasto buono proprio fino al momento del ritorno, quando si è alzato il consueto vento fresco. Siamo ripartiti per le 18:00 e abbiamo raggiunto Kirkjubæjarklaustur per le 19:20, e lì abbiamo cenato al caro Systrakaffi, per poi tornare a Reykjavík per le 11:40.

Giornata davvero intensa, e ricca di meraviglia ed emozioni. La natura islandese non si smentisce mai.

4 risposte a “Paradiso segreto ai piedi dei ghiacciai islandesi”

  1. Ciao! Bellissimo! Puoi dirmi esattamente come si chiama il posto?

    1. Purtroppo no! È una metà che si cerca di non pubblicizzare troppo per evitare che venga rovinata dal turismo di massa :/

  2. Grazie Roberto, ho viaggiato con voi! Se torno in Islanda mi dici come devo fare per raggiungere quel luogo magico!

  3. Ho sognato !!!! Grazie

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