Ecco la mia soggettivissima Top10 delle ottime ragioni per cui uno dovrebbe almeno provare a vivere in Islanda:
1. L’acqua esce subito calda: inverno a Cremona. -2°, sono nudo e aspetto di entrare nella doccia mentre l’acqua scorre, convinto di averla lasciata scaldare a sufficienza. Ma niente. L’acqua è gelida e io non sono da meno. Questo in Islanda non mi succede, perché dai rubinetti esce acqua termale già calda. Puzza di uovo ma almeno è acqua buona.
2. Ci si chiama tutti per nome: “prof.” per me è un’onomatopea che richiama le scoregge. Senza troppa offesa, e con rispetto per chi fa bene il proprio lavoro di insegnante. Dottore ai laureati fa ridere. Dottore ai medici è pleonastico. Presidente al primo ministro sa di lecchinaggio, Presidente al Presidente puzza di monarchia, Presidente ad un ex-presidente è demenzialità da feudalesimo medievale.
3. C’è tanto spazio: Dove abito in Italia non è affatto male, il sud della Lombardia non è tutto urbanizzato come la fascia pedemontana, ma studiando a Milano spesso trovo il brulicare umano un tantino soverchiante. La gente brulica anche qui, e tanto. Specie in centro nel week end, ma è molto più facile trovare un angolo di pace per respirare.
4. La parità tra uomini e donne è pressoché assoluta, e spesso sono le ragazze a prendere l’iniziativa: detesto i ruoli imposti per tradizione. Non capisco perché una bambina non possa giocare con un trattore e un bambino con il dolce forno. Perché la donna non possa lavorare mentre il marito sta a casa coi bambini. Aprire la porta alle donne e pagare loro da bere sempre e comunque non è cortesia: oltre a puzzare di acquisto di favori più o meno sessuali, è paternalistico e irrispettoso, anche per quelle a cui piace. Le ragazze non sono trofei da accaparrarsi o cuccioli da viziare. Trovo anche davvero triste l’etichetta del corteggiamento per cui uno spesso si atteggia a zerbino, o mette in moto giochi psicologici. Ti piace qualcuno? E dillo santo cielo! In Islanda ti chiedono di uscire per un caffè e ti dicono onestamente di essere interessate. Talmente semplice…
5. La partecipazione alla vita politica è alta: questo è facilitato dalle dimensioni ridotte della popolazione. È più facile sentirsi uniti così. L’alta partecipazione e il coinvolgimento politico degli islandesi è però qualcosa che noi non ci sognamo neanche. La maggior parte degli italiani lanciano la moneta da ragazzi, o seguono le ombre di un genitore o conoscente carismatico, e decidono se stare a destra o a sinistra. Quando la loro squadra gioca la votano, anche senza sapere bene perché gioca e cosa vuole fare. È una cosa che odio dal profondo dell’anima. Ed è patetico perché ti trovi i rastaioli sbragoni autoproclamatisi di “estrema sinistra” che se ne escono con frasi razziste e omofobe, oppure gli skinhead che fanno discorsi di stampo social-democratico.
6. Non fa mai troppo caldo: so che tante lucertole amano il sole, ma a me il calore fa sclerare: sopra ai 25° impazzisco e divento irritabile e insofferente. Il lato positivo del freddo islandese è che è molto stabile, mai estremo nelle zone costiere, il che facilita l’adattamento. Passare da 4° la mattina a 20° nel primo pomeriggio, come succede spesso a Cremona, mette a dura prova l’organismo. La mattina si ha freddo, e poi per lo sbalzo si suda come dei dannati.
7. L’aria è pulitissima: qui i venti atlantici spazzano costantemente l’aria che non è mai stagnante o umida. Vengo da una zona non ventilata, umida, con un’acciaieria, un inceneritore ed una ex-raffineria che ha imboscato rifiuti speciali nel territorio. Ho detto tutto.
8. Ciclisti e pedoni dominano la strada: molti odiano i ciclisti perché svicolano e si infilano. Svoltano a destra quando c’è il rosso e ti rallentano alla partenza del semaforo. Mi spiace. Ma trovo che ne abbiano tutto il diritto. Stai inquinando e dando soldi a quelli che probabilmente sono dei criminali internazionali, è giusto che tu soffra mentre guidi. I ciclisti sono moralmente superiori, è giusto che il resto dell’umanità si adatti alle loro esigenze.
Scherzi a parte, faccio 6+6 chilometri al giorno solo per andare in università, col tempo islandese. Faccio la spesa anche se piove e riesco a portare tre borsine piene alla volta. Non campate scuse demenziali. Se venite da fuori prendetevi una bici pieghevole, parcheggiate gratis lontano dal centro e pedalate fino al lavoro. Vi fa bene. Se volete portare il SUV dentro all’ufficio, vi meritate tutti i mali del mondo. E tutti i ciclisti irritanti del cosmo. In Islanda vedo ciclisti fare un po’ quello che ne hanno voglia, e non ci sono animali coi nervi a fior di pelle che si buttano di peso sul clacson. Ho notato che hanno il bel vizio di rallentare comunque in prossimità di passaggi pedonali o ciclabili, e se un ciclista o un pedone decidono di buttarsi, frenano delicatamente per poi ripartire dopo due/tre secondi che, se si è in auto, non fanno così tanta differenza.
9. I panorami non sono sempre viziati da fili della corrente e simili: una cosa che detesto delle mie parti è che quando le giornate sono limpide e si ammira l’arco alpino, nelle foto non si riesce ad evitare qualche traliccio. Essendoci case sparse ovunque nella campagna, i fili sono pervasivi. Qui riesco a fare foto senza questo inconveniente. Una cosa piccola, ma per me che adoro fotografare paesaggi non è da poco.
10. Il rapporto con le persone non è mai rigidamente gerarchico: questa è la cosa che amo di più. A qualche sadico frustrato le gerarchie piacciono. Può piacergli l’idea di star sotto e obbedire, ma ancor di più gli piace l’idea di trovare qualcuno da avere sotto per poterlo taglieggiare e tiranneggiare a sua volta. “Rispetta i ruoli. Sono io che comando/decido. Ho io l’autorità”. La gente che ragiona così mi ha sempre ispirato violenti moti di ribellione e irriverenza. Eran quasi tutti professori. Qui i “prof.” (che non sono delle scoregge onomatopeiche come tanti di quelli delle nostre parti) li si chiama per nome, ci si scherza eppur li si rispetta per la competenza e la dedizione che dimostrano. Non per il meteorismo che precede il loro nome. Non credo che l’età non mi renda migliore di un tredicenne, e la laurea non mi rende necessariamente più colto o intelligente di uno che non ce l’ha. Non penso che un liceale meriti meno rispetto di me o io più di lui. L’anzianità non è un merito, e non merita certamente più rispetto della giovinezza. È solo una trovata gerontofila per prevaricare sui più deboli. Io voglio che sia rispettato Roberto Pagani, e non il titolo che gli hanno conferito con la laurea, o la sua età.
È un concetto che gli italiani faticano moltissimo a capire.
La Top10 si conclude. Fatene quello che volete, ma fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciao, persone!
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