Sono tornato giusto ieri da questo viaggio incredibile che mi ha rivoltato lo spirito (o quello che è) come un calzino. Non mi sono reso conto nemmeno di quello che stava succedendo. Alt.
Per me l’Islanda era una di quelle mete inarrivabili a cui si pensa per un domani, quando si avranno soldi e volontà. Un domani che il più delle volte non arriva mai e lo si sa fin troppo bene. Be’, la fortuna ha voluto che mi trovassi a Edimburgo proprio l’anno in cui hanno aperto una nuova tratta tra la capitale scozzese e quella islandese, e che l’offerta lancio fosse incredibilmente vantaggiosa. Un centinaio di sterline andata e ritorno, quando per raggiungere la Terra del Ghiaccio ce ne vogliono almeno sette volte tanto!
Sono riuscito a spendere meno di 400€ in circa 8 giorni che ho passato sull’isola, e le spese hanno incluso anche una copia storica e critica molto elegante con sovracoperta dell’ Islendingabok (Libro degli islandesi) e Landnamabok (Libro della presa della terra), testi fondanti dell’identità islandese, il cui volume mi è costato una trentina di €!



Lo stop successivo è stato il parco nazionale di Þingvellir, il posto che a me interessava di più 😉

Una cosa che mi ha colpito tanto dell’Islanda è la pervasiva presenza di alberi in certe zone, che contrasta con la loro assoluta assenza in molte altre. Questa questione attira molto la curiosità di molte persone, mentre altre pensano che sia semplicemente troppo freddo perché gli alberi prosperino. Non è così: ai tempi della colonizzazione, una porzione consistente dell’isola era forestata (faceva eccezione l’interno, i cui altipiani, allora come oggi, sono una tra le aree più inospitali del mondo), ma lo sfruttamento intensivo per la legna e per far posto i pascoli, hanno spogliato troppo velocemente un terreno giovane e molto sottile, così che il vento e l’erosione lo hanno spogliato della sua parte superficiale più fertile. Un’altra grave minaccia all’espandersi delle foreste sono le pecore, che per tradizione vengono lasciate libere in ampi spazi, divorando ogni virgulto appena spunta e impedendo alle piante di crescere. Si stanno compiendo comunque grandissimi sforzi per riforestare, particolarmente in città e in alcune zone della campagna si trovano un mare di betulle e pini che abbelliscono notevolmente il panorama.
Per coltivare alberi da ripiantare, vengono usate serre alimentate a geotermico, onnipresenti in tutto il paese a quanto dicono. E qui colgo l’occasione per lanciare una mia invettiva colossale: non è vero che l’Islanda è un paese di carnivori e pescivori, anzi. Nei negozi il salmone non costa meno di un chilo di frutta, e il fatto che esistano tante serre geotermiche fa sì che siano disponibili frutti tropicali anche d’inverno. Non che costino poco, né che siano buoni come quelli brasiliani, ma è comunque qualcosa. Inoltre, a Reykjavik esistono più di dieci ristoranti vegetariani/vegani, e dalla Danimarca è arrivata la moda raw food. Insomma, mangiar verdura va di moda, con bona pace di quelli che credono di trasformarsi in una nazistica superiore razza nordica mangiando tutto quello che respira. I nordici mangiano verdura, idioti!
Mi devo calmare.

Nel pomeriggio abbiamo fatto una camminata un po’ estenuante fino al porto, e al ritorno abbiamo deciso di fare auto-stop, visto che a quanto pare è il modo di spostarsi più comune del Paese (a quanto dicono). Dopo due o tre tentativi falliti, si ferma un signore di mezza età, baffuto e con la coppola, biondo e dagli occhi azzurri, con due pargoli al seguito. Ci invita a salire e ci chiede dove stiamo andando. Dopo qualche domanda di rito del tipo chi siete e cosa fate, ci dice che una visita in Islanda non è completa senza aver provato una birra locale, e ci informa che è proprietario di due bar, uno dei quali proprio vicino al nostro ostello. Niente, non stavamo capendo dove volesse andare a parare, e prima che potessimo capire, ci scarica dalla macchina e ci conduce in un bellissimo pub, dove abbaia qualcosa alle ragazze dietro il bancone, che ci allungano due bicchierazzi di birra. Lui se n’è andato e non abbiamo potuto ringraziarlo neanche! La birra era fantastica, e non vi dico cosa ci sarebbe costata se l’avessimo pagata. Ai supermercati la birra è abbordabile, ma nei locali i prezzi per l’alcol sono inavvicinabili: l’equivalente di dieci € per un cocktail è la norma!

Il parlamento islandese è quanto di più sobrio possiate trovare. Questo paese, fino alla metà del secolo scorso, era quasi ai livelli di povertà del terzo mondo, e ha visto arrivare la sua ricchezza più avanti grazie al pesce. Ce n’era in abbondanza e c’erano anche i mezzi per esportarlo facilmente. L’Islanda era rimasta la stessa dal medioevo, e in qualche decennio è diventata il paese più ricco del mondo, con il tenore di vita più alto, con il numero di cellulari per abitante più alto, con la copertura di rete cellulare più estesa e tante altre cose ancora. Gli islandesi, forse per un senso innato di rivalsa rispetto all’arretratezza del passato, amano le novità tecnologiche, e non se ne fanno mancare una. Una cosa che adorerete, è la presenza massiccia di connessioni wi-fi gratuite, sui pullman, nei negozi, nei bar, nei ristoranti, all’ufficio turistico. Ovunque! Non manca mai! Così potrete condividere coi vostri amici di facebook il vostro entusiasmo.
Dietro al parlamento si trova “Lo Stagno“, un laghetto neanche troppo brutto e pieno di volatili amichevoli. Da quelle parti si trova anche la cattedrale cattolica. Un’altra gettata di cemento. Ohibò!
Il giorno successivo abbiamo fatto una bella cavalcata di due/tre ore tra le vallate, attraversando corsi d’acqua e salendo su colline impervie. I pony islandesi sono l’unica specie equina ammessa sull’isola, e pare che la legge che impedisca l’introduzione di altre razze per preservare quella locale e scongiurare malattie, sia la più vecchia ancora in vigore! Per la cavalcata abbiamo scelto una fattoria a conduzione familiare, così da finanziare l’economia locale (oddio come siamo bravi) e la scelta ci è piaciuta parecchio perché le persone -e i cavalli- erano davvero amichevoli.
Non ci siamo fatti mancare le acque termali, ma non nella pacchiana Blue Lagoon. Sebbene questa sia considerata uno dei must per chi viaggia in Islanda, abbiamo raccolto molte opinioni dai locali, e in media la risposta era “Io vado alla piscina xxx, la Blue Lagoon è più per turisti e sebbene il panorama non sia male, i 50€ di accesso non li vale, tanto più che non è nemmeno completamente naturale e l’acqua è tiepidina”. Quindi siamo andati in una piscina locale, appena fuori dal centro, dove abbiamo lessato le nostre membra in una piscina di acqua di mare pompata e arricchita di minerali e scaldata a 40°. Cristo che goduria. L’accesso alla piscina avveniva attraverso tornelli attivabili con un braccialetto gommoso magnetico, le docce avevano taniche di sapone collegate a un rubinetto (gratis) e una macchina centrifuga per asciugare i costumi bagnati (gratis anche questa). Il tutto per l’equivalente di 2/3€. Altro che Blue Lagoon.
Una sera abbiamo fatto una bella camminata fino al faro al limitare ovest della città. Panorama superbo, sole alto alle 10 e mezza di sera. Tanta roba. L’unica cosa è che eravamo stanchi, per cui per ritornare abbiamo fatto autostop. La mia ragazza ha fermato tre giganti biondi e tatuati dall’aspetto poco raccomandabile . E invece erano i tipi più simpatici dell’universo. Ci parlano in inglesi tutti sorridenti ed esaltati, uno mi fa “destra, sinistra, bianco, rosso!”, e mi informa di essere stato in Italia. Ci accompagnano vicino all’ostello e ci informano che per il weekend ci sarà del casino in città perché i pescatori tornano tutti all’ovile e quindi si fa baldoria. Pescatori o no, complice la luce che non manca mai nemmeno alle due di notte, Reykjavik non sembrava dormire mai. C’era sempre del casino o gente in giro, a qualsiasi ora. Data la totale assenza di buio nell’arco delle ventiquattro ore, è comodo dormire quando capita, e approfittare del sole, a qualsiasi ora si presenti. Ad esempio, se il pomeriggio è nuvoloso, conviene farsi una bella dormita e stare su fino a notte tarda quando, eventualmente, ci sarà bel tempo. Un famoso monumento della capitale islandese è il sun voyager, una rivisitazione stilizzata moderna di una nave vichinga, si trova sulla strada che costeggia il mare, a pochi passi da Höfði, una costruzione prefabbricata spedita dalla Norvegia, e considerata il più bell’edificio deLla città. E’ stata la sede dell’incontro tra Reagan e Gorbachev che ha posto fine alla guerra fredda.

Oltre a qualche cartolina, il mio meritato souvenir, come anticipato all’inizio è stato un libro abbastanza importante. Purtroppo il mercato del libro islandese non è mai economico e i prezzi non sono affatto prevedibili. Il motivo è la piccolezza del mercato, per cui prezzi economici non permetterebbero un ritorno economico apprezzabile. Tuttavia, se siete appassionati, è bello avere in casa una bella saga islandese nell’originale!
Be’, spero di avervi interessato. Ho omesso parecchi piccoli episodi minori, per non allungare troppo il brodo, ma spero di avervi dato un minimo di ispirazione e impulso!
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