Forse a qualcuno di voi è capitato di studiare la storia e di imbattersi in personaggi che, pensandoci un po’, sarebbe stato bello poter conoscere. Vuoi per il loro carisma, vuoi per la loro personalità, o per mera curiosità, a volte capita di immaginarsi a conversare con qualche grande del passato.
Da medievista, devo ammettere, non ho nessun personaggio del medioevo islandese che ardo dal pio desiderio di conoscere. Forse perché i personaggi del mondo medievale islandese non sono solitamente descritti in modo tale da offrire sufficienti dettagli sul loro carattere, tali da stuzzicare la curiosità. C’è però un personaggio della storia islandese che mi ha irretito e che mi piacerebbe incontrare, avessi a disposizione una macchina del tempo: si tratta di Magnús Ólafsson Stephensen.

Magnús nacque nel 1762 á Leirá (Fiume argilla), nell’Islanda occidentale, in una famiglia di funzionari pubblici che, secondo alcuni commentatori coevi, aveva stabilito una sorta di monopolio sulle cariche pubbliche islandesi: gli Stefánungar. Era discendente per linea maschile del vescovo Guðbrandur Þorláksson (†1627), che tradusse la Bibbia in Islandese. Il padre di Magnús, Ólafur Stefánsson Stephensen era stiftamtmaður, il più alto rappresentante del re danese in Islanda con potere esecutivo. Discendeva dal grande poeta Einar Sigurðsson di Eydalir (1538–1626), principale autore a figurare nella raccolta di versi Vísnabók pubblicata dal vescovo Guðbrandur Þorláksson nel 1612.
La madre di Magnús, Sigríður Magnúsdóttir, era figlia di Magnús Gíslason amtmaður, balivo che stava un grado sotto allo stiftamtmaður, e anche questi era di discendenza importante, nonché nipote acquisito del vescovo Jón Vídalín, autore dell’importante raccolta di prediche per la lettura domestica “Vídalínspóstilla” (1720), il testo più letto dagli islandesi per un secolo e mezzo. Il nonno paterno di Magnús, Stefán Ólafsson Stephensen, era un prete. I fratelli di Magnús furono Stefán, anche lui amtmaður, Þórunn, che sposò il vescovo Hannes Finnsson (figlio del celebre vescovo Finnur Jónsson, autore della monumentale storia islandese Historia ecclesiastica Islandiæ, il quale aveva sposato la sorella di Magnús Gíslason, nonno materno di Magnús Stephensen, e dunque prozio di quest’ultimo!), poi Björn, segretario della corte superiore, e Ragnheiður, che sposò il sýslumaður (prefetto) Jónas Scheving.

Se vi sembra abbastanza, sappiate che le connessioni familiari con importanti personaggi della politica e della cultura islandese non sono state elencate tutte, e ve ne sono molte altre che sarebbe esagerato elencare qui.
Magnús crebbe a Leirá fino a quando aveva quattro anni, ovvero fino al 1766, poi la famiglia si trasferì a Bessastaðir, dove oggi si trova la residenza del presidente della repubblica, e ci restò fino al 1770. Si trasferirono poi in altri luoghi del circondario. Il piccolo Magnús apparve subito come molto intelligente, e fu istruito da precettori privati fino al 1778, quando fu mandato alla prestigiosa scuola di latino di Skálholt (che sarebbe stata distrutta da un terremoto pochi anni dopo è trasferita a Reykjavík, trasformandosi nell’attuale liceo classico/scientifico). Studiò latino e greco, francese e tedesco e nel 1781 si trasferì a Copenaghen per iniziare l’università. Lui avrebbe voluto fare teologia, ma il padre lo costrinse a fare giurisprudenza. Frequentò però anche alcuni corsi di scienze naturali e, cosa rara per un islandese, poté anche dedicarsi alla musica.

Quando era ancora studente e ventiduenne, nel 1784, fu inviato in Islanda a compilare un rapporto sulla recente eruzione dei Lakagígar. Viaggiò a nord dei ghiacciai fino a raggiungere i pascoli delle genti di Síða (Síðumannaafréttur, dove i miei suoceri fanno andare le pecore in estate!) e da lì scese verso sud. Disegnò una mappa della colata, che inserì nel suo resoconto, Kort beskrivelse over den nye vulcans ildsprudning i Vester-Skavtefields-Syssel paa Island i aaret 1783 (Breve descrizione dell’edizione vulcanica nella conta occidentale di Skaftafell in Islanda nell’anno 1783). Ho la fortuna di avere una copia di una ristampa anastatica del volumetto, uscita negli anni ‘70, che appartenne al grande studioso medievista Sigurður Nordal, che intrattenne una fitta corrispondenza con J. R. R. Tolkien.

Ólafur Stephensen aveva anche incaricato il figlio Magnús di fare pubblicare a Copenhagen un manuale di calcolo e algebra che aveva composto tempo prima, e che divenne libro di testo nelle scuole delle cattedrali di Skálholt e Hólar. Magnús racconta di avervi aggiunto lui stesso dei capitoli, dal che si deduce che avesse anche disposizione per la matematica.
Una volta laureatosi, tornò in Islanda e divenne subito lögmaður nel 1788, una delle più alte cariche legali del tempo, con giurisdizione sul Nord e sull’Est del Paese. Sposò la ragazza che amava, Guðrún Scheving, dalla quale ebbe tre figli (Sigríður, Ólafur e Þórunn).
Nel 1793 assunse la carica di landfógeti deputato alla gestione economica del Paese, succedendo al grande Skúli Magnússon, il “padre di Reykjavík”, anche lui mente illuminata e persona di grande spessore. In un periodo di carestia, Skúli, all’epoca l’uomo più potente d’Islanda, fece il Robin Hood della situazione: fece forzatamente aprire i magazzini dei commercianti danesi monopolisti per distribuire il cibo alla popolazione. Magnús mantenne la carica di landfógeti fino al 1795.
Nel 1794, Magnús fu la forza promotrice della fondazione della “Società islandese per l’istruzione nazionale” (Hið íslenzka landsuppfræðingarfélag), deputata al disseminare la cultura tra la popolazione, diffondendo valori e ideali illuministi. Fondamentale in questo progetto fu l’acquisizione delle due uniche tipografie islandesi del periodo: quella di Hólar (nord) e quella di Hrappsey (ovest), che furono unite e trasferite dapprima a Leirárgarðar (1795–1812), presso il Hvalfjörður, poi a Beitistaðir nel Borgarfjörður tra il 1816 e il 1819, e infine a Viðey.

Ebbe per un periodo un monopolio sulle pubblicazioni in Islanda, ma fu un editore estremamente prolifico. Pubblicò libri di vario argomento e periodici. Fece stampare nel 1801 un nuovo e libro di canti per la messa: quello precedente era rimasto invariato per più di due secoli e si chiamava Grallarinn ( corruzione del termine latino “Graduale”). L’anno prima aveva pubblicato anche il primo ricettario islandese mai scritto, indicato come vergato dalla cognata, Marta María Hölter-Stephensen, anche se pare lo abbia scritto effettivamente lui (!), e il titolo è Einfalt matreiðsluvasakver fyrir heldri manna húsfreyjur (“Semplice ricettario tascabile per signore di uomini prominenti”). Tra il 1818 e il 1827 pubblico il primo periodo mensile islandese, il Klausturpósturinn (Corriere del chiostro), in formato tascabile di 16 pagine. Aveva una tiratura di 500/1000 copie, che per l’Islanda di allora era tanto. La collezione completa del periodico, rilegata ma con pagine mancanti e reintegrate tramite fotocopia, è in vendita da un libraio antiquario islandese per circa 2000€! In esso erano contenuti editoriali, pubblicità, articoli vari su questioni economiche, agricole, sociali, culturali, nascite e morti, attualità… sono una fonte di informazioni non solo per i fatti che contengono, ma (trovo personalmente) per il tono e il linguaggio che traspare dalle righe. Le persone del passato non erano poi tanto diverse da noi.

Nel 1799 fu chiamato per qualche mese a Copenaghen per partecipare a una commissione deputata alla riforma dell’istruzione e della giustizia in Islanda. Nel 1800 fu invece insignito del titolo onorifico di jústitsráð e nominato giudice presso il Landyfirréttur, la corte suprema islandese, che fu appunto fondata quell’anno. Commentatori dell’epoca riportano che era mite e molto compassionevole nei suoi giudizi legali. Nel 1808 venne elevato al rango di etatsráð dal re danese.
Per un periodo fu governatore e, nel contempo, membro del consiglio reale danese, nel contesto del quale gli fu conferito (nel 1816) il rango ancor più alto di conferenzraad (nella grafia danese di allora, mentre in quella moderna è konferensråd), konferensráð in islandese, un titolo onorifico che fu assegnato anche allo scultore Bertel Thorvaldsen. Nel 1819, fu insignito del dottorato in legge dall’Università di Copenaghen per i suoi lavori sul sistema legale islandese.
Mori nel 1833 dopo alcuni anni di declino dove dovette lottare con problemi di salute ed economici e con attacchi rivoltogli da alcuni rivali, che portarono, tra le altre cose, alle sue dimissioni dalla Società islandese per l’istruzione nazionale.

Lo storico Ingi Sigurðsson, nel suo libro Hugmyndaheimur Magnúsar Stephensens, ne traccia un profilo attingendo a varie fonti coeve, e lo descrive come un uomo che sapeva comportarsi in mezzo all’alta società, amante delle feste, e che apprezzava il cibo e le bevande. Difficile darne un giudizio basandoci sulle opinioni dei contemporanei, che sono poche e potrebbero essere sbilanciate troppo dal lato dell’elogio o quello della critica per motivi personali, come gelosia è inimicizia per via del suo potere e della sua influenza. Pare anche che molti avessero paura di lui e non osassero muovergli critiche direttamente. Fu anche criticato per il modo in cui gestiva i suoi interessi e quelli delle persone a lui vicine (che suona come una moderna accusa di corruzione). Alcuni lo descrivono come generoso, altri come avido. I commentatori inglesi che lo dipingono nei loro resoconti di viaggio ne elogiano l’ospitalità ma ne criticano l’autocompiacimento e il troppo parlar di sé e dei suoi successi o del suo lignaggio. Se ciò corrisponde a realtà, chiaramente non aveva la virtù dell’umiltà, ma viene da chiedersi se, per quanto irritante, non fosse motivato nel suo autocompiacimento, a giudicare da quanto fosse istruito, poliedrico e talentuoso. Oppure, ancor più interessante, è possibile che avesse sviluppato una certa arroganza come difesa contro i pregiudizi dei gentiluomini stranieri con cui si interfacciava. I danesi non dovevano avere un’opinione elevata degli islandesi, ed è concepibile che Magnús abbia sofferto qualche pregiudizio nei suoi rapporti con loro, venendo da una terra considerata arretrata, povera e ignorante. Il suo gonfiarsi forse serviva per proteggere quel po’ di autostima di cui ognuno ha bisogno.
Era una mente illuminista, e si era messo in testa di introdurre gli islandesi alla cultura e agli sviluppi tecnici europei, talvolta scontrandosi contro l’ottuso conservatorismo tipico di una società contadina che non aveva avuto il suo stesso privilegio di studiare i classici, le lingue straniere e di interfacciasti con i più recenti sviluppi della cultura europea. Teneva molto alla promozione dei diritti dei cittadini e al progresso sociale, senza essere un radicale, e credendo comunque all’importanza di un ordine sociale chiaro e rigoroso. Credeva che la giusta educazione e istruzione avrebbero prodotto generazioni di individui dal carattere solido e atti a innescare il progresso della società. Per lui la letteratura doveva svolgere una funzione pratica di diffusione di idee sempre tese al miglioramento sociale (cosa normale, per gli autori illuministi). Fu un grande sostenitore del libero mercato, visto che l’Islanda aveva sofferto due secoli di monopolio danese, nonché del settore agricolo, rivendicandone la prominenza nell’economia islandese, considerando invece la pesca un’industria senza futuro (quanto aveva torto!). Si fece anche promotore di iniziative volte a migliorare la salute degli islandesi attraverso il miglioramento dell’igiene e delle pratiche sanitarie.

Era anche devoto cultore delle arti, ed era un apprezzato suonatore di langspil, di flauto e di organo. L’harmonium della sua dimora dovette essere l’unico in tutta l’Islanda, per un periodo. Alla sua morte fu riportato in Danimarca, da dove era venuto, perché in Islanda non lo sapeva suonare nessuno.
Il palazzo di Viðey, ultimato nel 1755, rimase nella sua famiglia per qualche decennio, per poi essere venduto, assieme all’isola, ad un imprenditore, Eggert Briem, e passò di mano diverse volte prima di divenire una proprietà statale. Oggi è di proprietà del comune di Reykjavík. l’architetto danese che l’ha progettato è lo stesso che ha disegnato il palazzo di Amalienborg, residenza ufficiale della corona danese, Nicolai Eigtved.

C’è tanta di quella storia, in ogni angolo di questo Paese, che si fa fatica a crederci!
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