Il modo migliore di visitare l’Islanda?

Una volta le chiese islandesi erano sempre aperte, come dovrebbe essere. Si poteva entrare e ammirare il raccoglimento di quelle piccole oasi di ispirazione artistica e devozione spirituale nella tundra.

Ora sono quasi sempre chiuse. È successo che alcuni turisti vi entrassero per bivaccare e dormire, accendendosi addirittura fornelletti a gas per cucinare. In edifici storici di legno. Sicuramente ciò è dovuto ad una maleducazione e un’ignoranza a livello generale da parte dei responsabili, ma una parte di me non può fare a meno di credere che ciò derivi anche dalla mancanza di rispetto che nasce dal considerare l’Islanda come un parco divertimenti.

Trovo che il marketing che è stato fatto dopo il crack, molto efficace tra l’altro, abbia sì risollevato l’economia, ma abbia anche leso in modo grave l’immagine di questo Paese. È il paese dove si salta e balla davanti alle cascate, dove si corre verso le onde e sul delicatissimo muschio, dove si cerca la dronata d’effetto, dove l’attrattiva principale è il reel visivamente d’impatto per sorprendere i follower. Una chiesa con una pala d’altare scolpita nel legno e dipinta, risalente al ‘600, magari una chiesa che ha alle spalle una storia fatta di potenti signori, battaglie, tesori contesi e misteri irrisolti, è soltanto un tetto dove potersi accampare per risparmiare soldi e poter immortalare più scorci possibile, in una modalità da bulimia turistica.

Non crederò mai che visitare un luogo storico islandese valga di meno dell’aggiungere un ulteriore cascata, magari invasa di gente e piagata dal cicaleccio di turisti annoiati che non sanno nemmeno perché si trovan lì, e che invece di respirare l’atmosfera locale camminano come automi lungo un sentiero segnato per raggiungere una balconata fotografica parlando ad alta voce di altri viaggi che hanno fatto. Poi c’è chi alza gli scudi, chi giustifica tutto questo. “Il tempo è poco, le mete canoniche sono imperdibili”. Sono solo scuse. Se il tempo è poco si accorciano i chilometri, e le mete imperdibili non sono affatto imperdibili. Sono generalmente quelle che sono diventate famose per prime. Non sta scritto da nessuna parte che la maestosità di una cascata sia più imperdibile della rilevanza storica di un edificio in torba. Ciò dipende da una scala valoriare, e bisogna ammettere che alcune scale valoriali hanno un impatto migliore o peggiore sulla realtà, e che dunque non possono considerarsi tutte sullo stesso piano.

Non ci si può appellare sempre alla libertà personale, perche questa non è oggettivamente il massimo valore che ha la precedenza rispetto agli altri. Uno può dire che se vuole fare vacanze di corsa, in modo superficiale e infischiandosene della cultura locale, quello è un suo diritto. Ma forse non lo è. Se il proprio diritto all’ignoranza e alla superficialità si traduce con uno svilimento della cultura locale dei luoghi in cui si viaggia, forse è il caso di rivedere le proprie scale valoriali.

Io non ho certo (e nemmeno pretendo di avere) il potere di imporre alle persone come fare le proprie vacanze in Islanda, e so bene che continueranno ad arrivare pullman di giovani che vogliono solo far bisboccia e scattare qualche foto per far sapere ai conoscenti che la loro vita è stimolante e interessante grazie ai viaggi che fanno. Lo posso accettare con rassegnazione. Ma credo sia nelle mie prerogative di esperto il denunciare questo approccio come non desiderabile, e consigliare a questi aspiranti viaggiatori modalità più serie e responsabili di scoperta dell’Islanda. Il che non vuol dire annoiarsi e stufarsi: nei miei viaggi ci divertiamo sempre un sacco, è c’è sempre tempo per la battuta e lo svago, ma questo si accompagna a momenti di riflessione e meditazione, nonché di apprendimento, che fanno di questo viaggio un’esperienza di vita che resta. Non l’ennesima crocetta su una lista di posti visitati non si sa bene per quale motivo.

Intanto, a meno di non telefonare prima a qualche parroco che magari si trova impegnato in un’altra parte lontanissima della sua immensa parrocchia, o bussare e disturbare qualche allevatore, questi tesori sono ormai visibili solo dalle finestre. Una triste metafora di come l’ignoranza ha sigillato per tutti, anche a chi non lo voleva, le porte di una cultura.

Foto di Enrico Luigi Giudici Tales from the North

Siamo migliori, cerchiamo di farle riaprire.

2 risposte a “Il modo migliore di visitare l’Islanda?”

  1. Una riflessione accorata, che si può estendere a molti altri paesi

  2. Roberto, il marketing effettuato dopo il crack di quanto ha aumentato il flusso turistico?
    Andrea

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