Reykjavík e la dura vita a ridosso dell’Artico

Parlando con amici italiani che non hanno il privilegio di seguire le mie vicende su Facebook, ho spesso la sensazione che si immagino la mia vita in Islanda come una lotta per la sopravvivenza fatta di rigori invernali, caccia alle foche e lotta all’ultimo sangue con la selezione naturale.

Se escludiamo la questione clima, che ho già discusso svariate volte, ma che vale la pena tirare in ballo per ricordare che le temperature invernali a Reykjavík raramente scendono sotto i -5°, e normalmente sono tra i +5° e i -2°, quindi assai più miti che in diverse parti d’Italia, c’è da dire che la vita a Reykjavík si sforza davvero di assomigliare a quella di una qualsiasi altra capitale europea. Sì, mancano i numeri, è tutto in miniatura, ma difficilmente vi troverete senza nulla da fare. 


Le tempeste invernali a volte significano che dovrete spostarvi col parca, tenendo le scarpe col tacco in borsa, e cambiarvi una volta arrivati a destinazione – una bella noia -, ma questo non scoraggia nessuno dal presentarsi in abiti eleganti ad aventi mondani, concerti e feste. Se vi immaginavate pastori con maglioni di lana grezza e scarponcini avete sbagliato di grosso. A Reykjavík hanno luogo innumerevoli eventi che attraggono personalità da tutto il mondo, e gli islandesi fanno sempre il possibile per non apparire (almeno nell’aspetto) provinciali.


Il programma annuale dei concerti classici nella concert Hall Harpa non ha nulla da invidiare a quelli nostrani: vi si possono ascoltare opere, concerti classici e moderni, e rappresentazioni teatrali di ogni genere. Per non parlare delle sfilate di moda!


Le gallerie d’arte organizzano continuamente mostre, e acquisiscono materiale nuovo che può a volte rivelarsi davvero interessante. I musei sono piccoli e non reggono in paragone con i nostri, ma non si può fare un confronto di questo tipo, e non avrebbe senso: non si può rimproverare a un Paese di non aver avuto Michelangelo e Caravaggio. Inoltre, rispetto al patrimonio culturale che hanno ereditato come Paese, si può dire che stiano facendo un ottimo lavoro di trasmissione.

A Reykjavík ci sono ragazzi che girano in skate, negozi di attuatori, negozi di sigarette elettroniche, negozi di dischi, librerie, negozi di vestiti nuovi e usati…sì, non c’è l’assortimento che uno può trovare a Milano, ma parliamo pur sempre di una città medio-piccola in termini di popolazione.


Ci sono ristoranti italiani, francesi, cinesi, vietnamiti, indiani, giapponesi, cocktail bar, birrerie, kebab, ristoranti vegetariani, tapas bar, tea houses…più che in una qualsiasi città italiana anche molto più popolata di Reykjavík.


La vita notturna è tra le più sfrenate d’Europa: perfino i visitatori dalle altre capitali nordiche – non particolarmente famose per la quiete composta dei loro finesettimana- rimangono spesso scioccato dalla vitalità estrema del centro cittadino che in certi momenti (come la domenica mattina) può apparire morto e deserto. Tutti i weekend Reykjavík si anima di umanità per ogni gusto. E la gente si aggrega nei vari locali, da quelli più dozzinali, come The American Bar, Ölsmiðjan, Dillon, Gaukurinn, Paloma o Húrra, a quelli più di tono, come 101 Hótel, Microbarinn, Stofan, Skúli, Kaffivest o Kaffi Brennslan. Dopo una certa ora, la gente si stufa di bere e vuole ballare, quindi iniziano a formarsi code di giovani ubriachi e vestiti troppo bene per il degrado a cui si stanno appropinquando, e dopo la mezzanotte le strade sono punteggiate da ragazze col tacco 12 e ragazzi coperti di gel con abiti aderenti che ondeggiano e vomitano felici e allegri.


Diciamo che il sottofondo della vita di Reykjavík, o addirittura il basso ostinato, è la cultura hipster, fatta di latte di soya, ricette vegans, cannella, abiti lavorati a maglia, capelli curati e concerti di musica indie. Se cercate la vita di frontiera, selvaggia, rude e a contatto con la natura, dovete andare in Groenlandia o in Siberia. 

L’intento di questo articolo non era tanto descrivere la vita quotidiana della capitale islandese – cosa che ho già fatto -, ma trasmettere un po’ di quell’atmosfera che amo tanto, e che mai riscontro nelle Reykjavík immaginate dai miei amici italiani che non hanno toccato con mano la vita da queste parti. Si tratta di una città più o meno normale, con tanti pro e tanti contro, ma che tende allo spirito cosmopolita, pur nel suo isolamento geografico.

Una risposta a “Reykjavík e la dura vita a ridosso dell’Artico”

  1. Ma lo squalo marcio l’hai già assaggiato? 😀

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