La settimana scorsa ho avuto l’onore colossale e ineguagliabile di assistere a una conferenza di uno degli scrittori più importanti del mondo contemporaneo: Jón Kalman Stefánsson. Romanziere islandese che scrive usando lo stile della prosa poetica. Alla conferenza erano presenti anche la sua traduttrice, Silvia Cosimini, e l’editrice di Iperborea, Emilia Lodigiani. L’evento si è svolto nella sala della biblioteca austriaca della sezione di germanistica e scandinavistica all’università degli studi di Milano. Suona incredibilmente figo, ma si tratta di un sotterraneo che noi studenti definiamo amichevolmente “bunker di germa”.
A prescindere dalla location è stato davvero un evento fenomenale. L’autore è di una simpatia incredibile. All’inizio ci ha chiesto quali lingue studiassimo e alla risposta di “danese, svedese e norvegese” lui replica:
“Il danese quando è scritto è una gran bella lingua…parlato è la piu brutta che ci sia; lo svedese è talmente un misturotto, con tutti quegli influssi finnici, che il più grande gruppo svedese, gli Abba, cantano in inglese; i norvegesi invece…gli si può perdonare tutto (perché hanno avuto Hamsun)…eccetto lo schifo che fanno a calcio”
La conferenza è stata divertentissima, specie perché l’autore ha parlato praticamente di tutto fuorché dei suoi libri, con sommo scorno dell’editrice, che a un certo punto salta su e fa “Ma luista parlando di tutt’altro però io vorrei parlare del suo libro…” e gli pone una domanda qualsiasi. Ha anche risposto ad una domanda sostenendo di non essere mai soddisfatto dei suoi lavori, e che gli sembra di scrivere male. “Anche qui l’editrice zompa mettendo le mani avanti e ironizza: “lui scriverà anche male ma la nostra Silvia Cosimini traduce benissimo!”. Alché lui replica con espressione birbona: “dice così perché è la mia editrice…”. Top♥
Al momento degli autografi avevo in mano “La tristezza degli angeli”, che essendo uscita l’anno scorso quando ero in Scozia non avevo potuto fargli autografare, e “Il cuore del l’uomo” uscito da poco. Avrei avuto anche “Luce d’estate, ed è subito notte”, ma l’avevo dimenticato a casa. Ero emozionatissimo: non sapevo in che lingua parlargli. Inglese non l’aveva mai sfiorato, e l’unica alternativa che potevo concedermi era il norvegese. Sta per arrivare il mio turno e penso a raffica, ma arrivo impreparato lo stesso e sparo: (Salve, ho due dei tuoi libri…), al che mi risponde “Certamente!”, anche se non ho capito in quale lingua scandinava, credo danese, ma non avendo lui l’accento danese poteva benissimo essere un’altra lingua. Gli dico il mio nome per la dedica e mentre scrive gli faccio “Om høsten skal jeg til Reykjavík for å lese norrønt på Háskóli Íslands” (in autunno vado a Reykjavík a studiare norreno all’università d’Islanda”, e lui spalanca gli occhi: “aaah! Ma sarai lì per tutto l’inverno?”, alché gli rispondo di sì e lui mi fa che è fantastico e mi augura buona fortuna salutandomi. Mi sento come una tredicenne che si esalta perché è stata guardata distrattamente da Justin Bieber, ma non importa: ho la mia trilogia di Stefánsson autografata e non potrei essere più contento di così!
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