L’Islanda non ha una storia?

Non mi stanco mai di punzecchiare chi mantiene ancora vivo il pregiudizio per cui l’Islanda sarebbe un Paese “senza storia”. Visitatori frettolosi e agenti di viaggio poco informati contribuiscono a rafforzare questo pregiudizio deleterio, il quale ha un impatto negativo sull’Islanda, perché il disinteresse dei visitatori per la cultura, porta i locali a trascurarla e a non investirvi, preferendo spendere danari in campagne pubblicitarie becere che puntano tutto sullo sballarsi in mezzo ai paesaggi naturali. Va tutto benissimo perché i turisti portano ricchezza, ma poi scendono le lacrime di coccodrillo quando questi turisti che credono di trovarsi in un parco a tema naturale provocano danni che vengono a costare alla collettività ben più del denaro che la loro permanenza ha portato.

Succede anche in Italia, e non solo col patrimonio naturale devastato dal sovraturismo: quando si guarda alle opere d’arte italiane come qualcosa di bello per una foto e nulla più, senza interesse o riguardo per la loro storia e per quello che comunicano, è più facile che cadano vittima di incuria o atti vandalici (volontari o accidentali). Per questo faccio del mio meglio per promuovere un turismo consapevole della ricchezza che si può scoprire, ovvero un turismo improntato al rispetto e all’umiltà di voler apprender dal luogo che si visita.

A questo proposito, voglio fare un esempio di come un luogo qualsiasi possa in realtà nascondere una storia talmente ricca da dare il capogiro, un luogo di quelli che tanti vedono dal finestrino della macchina passando e non si soffermano a ponderare perché non canonizzato da migliaia di fotografie tutte uguali (non che questa sia una cosa auspicabile: voler vedere un luogo perché bello va benissimo, se poi ci si informa sulla sua storia, ma volerlo vedere tanto per vederlo può essere deleterio per la cultura locale, come detto sopra). Seguitemi un attimo:

Questa è la chiesa di Mosfell í Grímsnesi (Colle muschio nella Penisola di Grímur).

Non è famosa. Per puro caso c’è un’altra chiesa, nell’ovest del Paese, simile a questa, che è diventata virale online, così che tutti vogliono vederla. “La chiesa nera”, dicono, come se ci fosse solo quella. Mentre di chiese nere in Islanda ce ne sono davvero tante. Concentriamoci su questa. È un edificio in legno verniciato di pece, risale al 1848. Nel periodo cattolico, le chiese che sorserò qui furono dedicate a Maria Vergine. Contiene alcune opera d’arte, incluso un pulpito settecentesco dello scultore Ámundi Jónsson. Potrei dilungarmi sulla storia delle suppellettili della chiesa, ma spostiamoci invece sulla storia del luogo, che tanti credono non esistere per via dell’assenza di edifici antichi.

Il primo colonizzatore della zona fu Ketilbjörn il vecchio, progenitore dell stirpe degli Haukdælir, uno dei più potenti clan islandesi fino alla fine del XIII secolo. Prendono il nome da Haukadalur (Val dei Falchi), la vallata dove si trova la località di Geysir (con il celebre geyser Strokkur), nell’area denominata Biskupsstungur (Lingue [di terra] dei vescovi), racchiusa tra i fiumi Brúará e Hvítá.

Si dice che il figlio di Ketilbjörn, Teitur, abbia costruito la prima fattoria a Skálholt (che sarebbe divenuta sede vescovile nel 1056, nonché il più importante centro culturale e di potere del Paese per secoli a venire). Suo figlio Gissur il Bianco Teitsson, svolse un ruolo importante nella conversione al cristianesimo e fu il padre di Ísleifur Gissurarson, il primo vescovo di Skálholt, che studiò in Sassonia e fu nominato vescovo dall’arcivescovo Adalberto di Brema nel 1056.

La cattedrale di Skálholt oggi.

Fondò poi una scuola associata alla cattedrale, che sarebbe divenuta la più prestigiosa d’Islanda. Oggi, la diretta discendente di quella scuola è il Liceo classico/scientifico di Reykjavík, Menntaskólinn í Reykjavík, il cui edificio principale, risalente al XIX secolo, ospito per qualche anno le riunione del moderno parlamento islandese, mentre si svolgeva la costruzione del palazzo dedicato alla camera dei deputati.

L’edificio principale del liceo di Reykjavík.

Uno dei tre figli del vescovo Ísleifur, Gissur Ísleifsson, divenne vescovo a sua volta, mentre un altro, Teitur, fu parroco di Haukadalur, nonché padre adottivo del celebre Ari Þorgilsson il Saggio, che per primo compose testi in antico islandese a inizio 1100, tra cui la celebre Íslensingabók, e forse anche la Landnámabók. Hallur, il figlio di Teitur, sarebbe diventato vescovo a Skálholt, ma morì in Olanda mentre tornava da un viaggio a Roma nel 1150. Le fonti dicono avesse talento per le lingue e imparava facilmente gli idiomi dei posti che visitava, quindi è possibile avesse imparato qualche forma di antico dialetto italiano! Questo Hallur ebbe un figlio, Gissur Hallsson, che fu stalliere del re norvegese e in seguito giureconsulto e studioso a Haukadalur. Gissur ebbe molti figli, tra cui il vescovo Magnús, poi Hallur, che divenne abate di Helgafell sulla penisola di Snæfellsnes (uno dei più importanti centri culturali d’Islanda, dove si dice sia stato composto il celebre manoscritto Skarðsbók Jónsbókar, nel 1363), poi Þuríður, madre di Kolbeinn Tumason (che divenne un potente signore nello Skagafjörður, a nord) e di Þorvaldur Gissurarson, signore di Hruni († 1235), che fu uno dei fondatori del monastero agostiniano di Viðey (vicino a Reykjavík). Il figlio di quest’ultimo, Gissur Þorvaldsson, fu nominato jarl dal re norvegese e fu tra i principali attori dell’annessione dell’Islanda alla Norvegia, avvenuta nel 1262.

Pagine del codice pergamenaceo AM 350 fil., Skarðsbók Jónsbókar. Uno dei più preziosi libri del medioevo islandese.

Bisogna ammettere che è impressionante quanta storia ci sia da raccontare intorno a una semplice chiesetta islandese in legno dipinta di pece!

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