Nonostante alcuni tentativi di ricostruzione, non abbiamo un’idea precisa di come fosse la musica nordica del periodo pre-cristiano, perché non esisteva una notazione musicale che permettesse di registrare le melodie. Quello che abbiamo sono una serie di strumenti ricostruiti sulla base di reperti archeologici che possono essere suonati, ma senza alcuna garanzia che quanto vi suoniamo oggi assomigli significativamente a quanto suonato in passato. Questi includono strumenti a fiato, corni in metallo, flauti ricavati da corni o ossa di animale, flauti di Pan, lire (celebre quella scavata a Sutton Hoo) e qualche primitiva forma di strumento a corda assimilabile al violino. La musica che accompagna atmosfere nordiche bei film ad ambientazione “vichinga”, e la musica che si ispira esplicitamente a quelle suggestioni storiche, spesso con toni sciamanici e tribali, è una romanticizzazione attuale che non ha nessun radicamento storico.

La musica più antica rintracciabile in Islanda è quella liturgica della Chiesa medievale, la stessa che veniva (e che viene ancora) intonata nelle istituzioni cattoliche di mezzo mondo. Un corposo volume curato dal musicologo Árni Heimir Ingólfsson, Tónlist liðinna alda, presenta un catalogo corposo di manoscritti che includono notazione musicale. Alla sua uscita è stato anche pubblicato un album musicale con lo stesso nome, con esempi musicali dalle varie epoche, in latino e in islandese.

L’ensemble Voces Thules è specializzata nell’esecuzione di musica islandese antica e medievale, e il loro repertorio include anche musica desunta dai manoscritti pergamenacei, come L’Ufficio di San Torlaco, (Officium Sancti Thorlaci), conservato nel codice AM 241 A fol. (1300 ca.), l’innario della sede vescovile di Skálholt. La particolarità di questo brano gregoriano è che, a differenza di tanti altri pervenutici in manoscritti islandesi, fu, secondo Bjarki Þorsteinsson “composto in Islanda, da Islandesi, su un islandese (San Torlaco), secondo le regole poetiche islandesi e gli usi islandesi”. Nella sua tesi di dottorato del 1959, Róbert A. Ottósson, rintraccia diverse influenze dalla tradizione continentale, sebbene nessuna melodia identica sia stata rinvenuta in raccolte straniere, ed è dunque da considerarsi un genuino prodotto della cultura musicale islandese medievale, inserita però nel contesto europeo.


Nelle fonti tardo medievali viene menzionata la fiðla, termine che corrisponde all’inglese fiddle. In islandese, questo è il termine che indica il violino moderno, e la fiðla autoctona viene oggi chiamata íslensk fiðla: essa consiste in una cassa armonica sulla quale sono tese delle corde (da due a quattro). Anticamente erano di crine di cavallo, ma nell’Ottocento presero ad essere sostituite da corde metalliche. Viene suonata con un archetto e le varie note sono prodotte muovendo le unghie contro le corde dal di sotto, con il polso rivolto verso l’alto. Gli strumenti in uso nel periodo antico erano soprattutto a corda, ma la musica popolare, presumibilmente, si doveva esplicare soprattutto attraverso il canto. È concepibile che le melodie e gli stili non fossero troppo diversi da quelli in voga nell’Europa continentale medievale, considerato che l’Islanda recepiva le correnti europee in campo religioso, scientifico, letterario, tecnologico e dell’abbigliamento. È dunque ragionevole ritenere che la musica fosse spesso influenzata da quella in voga nell’Europa del tempo. Un genere particolarmente famoso e tipico dell’Islanda è quello della ríma, composizione dal metro variabile, ma solitamente in rima baciata, di argomento epico, cavalleresco o dalle saghe islandesi.

Nel 1594, il vescovo di Hólar, Guðbrandur Þorláksson (responsabile della prima edizione islandese della Bibbia), pubblica Graduale – Ein almennileg messusöngbók, libro di canti per la messa che rimase pressoché l’unico volume musicale per la liturgia in Islanda fino all’inizio dell XIX secolo. Esso è ricchissimo di notazione musicale, la quale segue l’uso contemporaneo dell’Europa rinascimentale.

Dal ‘700 si ha notizia sicura della presenza del langspil, il principe della musica popolare islandese, uno strumento della famiglia delle certe da tavolo, con una corda melodica e più corde di bordone, simile a tanti altri strumenti simili di tradizione europea, ma con la peculiarità di essere suonato anche con l’archetto.

In età moderna (dal 1500 ma, soprattutto, nel corso del 1600) è diffuso un intrattenimento danzante dal nome vikivaki. Si tratta di balli di gruppo effettuati in cerchio, tenendosi per le braccia, mentre si intonano tutti insieme delle ballate tradizionali, spesso e volentieri di ispirazione epica. Queste si svolgevano nel contesto di festeggiamenti detti gleðir (gleði al singolare), in cui un signore invitava le genti vicine in casa sua, venivano offerti cibo e bevande a volontà, e si danzava liberalmente. Fonti storiche indicano che gli amministratori locali furono talvolta costretti a limitare o addirittura proibire questi eventi, che potevano protrarsi per più giorni e degenerare in eccessi di alcolismo e dissolutezza sessuale, con conseguente pioggia di gravidanze illegittime.

Nel 1801 venne pubblicato, dopo più di 200 anni, un secondo libro di inni religiosi, su iniziativa del notabile Magnús Stephensen e del vescovo Geir Vídalín. Il cosiddetto “Libro di inizio secolo”. A differenza del Graduale, solo tre dei suoi inni contenevano notazione musicale. Gli inni erano per la maggioranza presi dal Graduale, per cui si dava per scontato che la gente ne conoscesse le melodie. Il problema però fu che, mancando un riferimento scritto, e vista la scarsità di strumenti musicali per l’accompagnamento, le melodie presero ad essere storpiate e corrotte. Soltanto nel 1871 fu pubblicato un nuovo innaffio con riferimenti musicali.

A metà ottocento viene pubblicato un piccolo volumetto per apprendere la musica ed eseguire gli inni religiosi, il quale si affida al langspil per il supporto armonico. In questo volume, scritto da Ari Sæmundsen, viene criticato lo stato pietoso in cui riversa la musica islandese. Con la gente che impara a orecchio e corrompe le melodie nella trasmissione orale (come avviene con il telefono senza fili), strumenti stonati e ignoranza generalizzata della notazione e della teoria musicale. Ari risolse il problema dell’ignoranza ormai generalizzata della lettura della musica, unita alla mancanza di caratteri musicali nelle stamperie islandesi, inventando un sistema di notazione con le lettere dell’alfabeto, riuscendo così a musicare 119 inni per la messa, seppur con diversi problemi derivanti dalla goffa modalità adottata.
La musica popolare islandese fu salvata dal dimenticatoio dei tempi grazie al monumentale lavoro svolto da un prete di Siglufjörður, Bjarni Þorsteinsson, che tra il 1880 e il 1905 raccolse e trascrisse melodie popolari da tutto il Paese, e le pubblico negli anni successivi nella raccolta denominata Íslenzk Þjóðlög (Canzoni popolari islandesi). Qui vale la pena menzionate l’aneddoto imbarazzante per cui il parlamento islandese, in modo miope e ignorante rifiutò categoricamente di sponsorizzare il lavoro. Fu invece la fondazione danese Carlsberg (quella della birra!) a metterci i soldi. Una pagina imbarazzante per il governo islandese, più miope di una fondazione privata straniera rispetto all’importanza di una ricerca sulla cultura locale! A inizio ‘900, la conoscenza di musica e strumenti popolari come il langspil prese a scemare e rasentò la scomparsa fino agli albori del terzo millennio, quando conobbe un revival notevole.
Nel 1950 fu fondata l’attuale Orchestra sinfonica d’Islanda mentre cinque anni più tardi giunse nel Paese un cantante italiano, Vincenzo Maria Demetz, poi ribattezzato Sigurður, che compì un grande lavoro di insegnamento e diffusione del canto lirico. Nel 1995 collaborò alla fondazione di una scuola di musica della capitale, che gli è stata poi intitolata.

Ogni anno viene generalmente messa in scena almeno un’opera lirica all’auditorium di Harpa, oltre a numerosi concerti classici. Esistono un gran numero di cori e orchestre da camera o barocche sul territorio, e il calendario degli eventi è piuttosto fitto. Da qualche anno si è studiata una soluzione efficace per fare avvicinare il pubblico alla musica classica: vengono proiettati grandi film, come Amadeus, Il signore degli anelli, oppure Harry Potter, mentre l’orchestra esegue la colonna sonora live. Il direttore è dotato di un tablet dove scorre il film in sincronia con la proiezione, assieme ad una pulsazione visiva che gli permette di dare il tempo all’orchestra in modo tale da essere sincronizzati con il film. In questo modo, gente che magari nutriva pregiudizi sulla musica classica, pensando fosse solo roba pesante e noiosa da salotto borghese, capisce che anche le bellissime musiche da film che canticchiano regolarmente sono, in realtà, musica classica, e magari sono invogliati a presenziare anche a concerti classici propriamente detti.

Sul versante della musica pop, invece, si nota una grande varietà di generi: dal rock alternativo di Björk, dei Sigur Rós e di Emilíana Torrini al pop-folk di Of Monsters and Men, fino agli Skálmöld, band folk-metal. Sulla scena attuale, è da segnalare Hildur Guðnadóttir, vincitrice di numerosi prestigiosi premi internazionali, tra cui due Grammy Award, un Golden Globe e un Premio Oscar. Altri musicisti degni di nota sono Páll Óskar, forse il cantante più amato dagli islandesi, Daði Freyr, salito alla ribalta internazionale in occasione dell’Eurovision Song Contest del 2021, e Bríet, nuova stella nascente della scena locale, il cui album di debutto Kveðja nel 2021 ha vinto l’Íslensku tónlistarveðlaun, il più importante premio musicale del Paese.
Gli islandesi sono particolarmente legati alla canzone pop di tema natalizio, e ogni anno si tiene un importante concerto organizzato dal cantante Björgvin Halldórsson, una kermesse che presenta un vasto repertorio di canzoni, tra le quali numerose hit italiane riarrangiate e con testi a tema natalizio.
Ogni febbraio, intorno al periodo in cui si tiene Sanremo in Italia, ha luogo la Söngvakeppni, piccola competizione in due serate finalizzata alla scelta del rappresentate dell’Islanda all’Eurovision Song Contest, altro momento importante nella vita musicale degli islandesi.

Secondo una lista non esaustiva che ho recuperato da un sito islandese dedicato alla musica nella Terra del Ghiaccio (Músík.is), ci sarebbero circa 83 tra scuole di musica, di canto e orchestre didattiche. È un numero davvero impressionante per una nazione che sfiora a malapena le 380.000 anime, ma testimonia in modo lapalissiano l’importanza di quest’arte nell’Islanda di oggi.
Numerosissimi i festival musicali organizzati regolarmente per il Paese, tra i quali:
- Iceland Airwaves Festival, Reykjavík (Harpa e varie venue)
- Dark Music Days, (Harpa, 25 gennaio—1 febbraio)
- Þjóðhátíð (Vestmannaeyjar, agosto))
- Eistnaflug, (Neskaupsstaður, metal, hard core punk)
- Festival folk (Siglufjörður, luglio)
- LungA Art Festival, Seyðisfjörður
- Bræðslan music festival, (Borgarfjörður eystri)
Fonti:
Árni Heimir Ingólfsson. 2019. Tónlist liðinna alda. Reykjavík. Crymogea.
Bjarni Þorsteinsson. 1906-1909. Íslenzk þjóðlög. Kaupmannahöfn. Møller.
Guðbrandur Þorláksson. 1976. Graduale. Ristampa anastatica, a cura di Guðbr. Jónsson. Reykjavík. Flateyjarútgáfan.
Jón Þórarinsson 2012. Íslensk tónlistarsaga 1000–1800. Tónlistarsafn Íslands
Rispondi