Eruzione a Geldingadalir

Dopo settimane di terremoti (più di 50.000 scosse!) si è aperto uno squarcio lungo uno dei sistemi eruttivi della penisola di Reykjanes. Immaginateli come delle ferite, dei graffi paralleli lunghi diversi chilometri, tra i quali può infilarsi magma. Per giorni gli scienziati hanno cercato di prevedere il punto di una possibile eruzione, prevista a seguito di rigonfiamenti del terreno che segnalavano l’intrusione di magma. Finalmente, venerdì 19 marzo intorno alle 22:00, è partita l’eruzione, in una valle isolata accanto a un monte detto Fagradalsfjall. L’eruzione ha catalizzato l’interesse di una grossa fetta della popolazione locale, che è poi la più grossa fetta della popolazione di tutta l’isola. Gli islandesi sono una società collettivista. Un po’ come le loro amate pecore: se una si lancia, le altre le corrono dietro. È una strategia che per loro sembra funzionare abbastanza bene. Prevedendo dunque che l’intera nazione si sarebbe mossa, abbiamo giocato d’anticipo partendo molto presto…intorno alle 10:00 di mattina.

Gli islandesi, del resto, la domenica iniziano a sorgere solitamente dopo mezzogiorno. Si brinda e si festeggia il sabato sera, specialmente quando non circola la minaccia del Covid, così che una considerevole porzione del giorno dopo va spesa per smaltire la sbornia. Se poi si è davvero esagerato occorrono anche alcuni giorni della settimana successiva e, nei casi più estremi, appena uno riesce a recuperare la lucidità, è già venerdì e tocca ricominciare il ciclo. Scherzo. Gli islandesi amano festeggiare, ma l’alcolismo non pare essere un problema più che altrove. Resta però il fatto che abbiamo evitato di un pelo la ressa più grossa, che si stava ammassando proprio quando noi stavamo tornando al l’archeggio.

Siamo arrivati alle 10:30 circa e abbiamo parcheggiato l’auto lungo la strada sud, fuori da Grindavík, la Suðurstrandarvegur, fino a raggiungere il posto di blocco della protezione civile. Da lì siamo proseguiti a piedi per circa quattro chilometri lungo la strada asfaltata. Percorro spessissimo questa strada in macchina nelle mie gite fuori porta: Reykjanes è una delle mie destinazioni predilette, perché mostra scorci tipici dei remoti altipiani interni ma a pochi minuti di macchina dalla capitale.

Questo ha significato che la maggior parte dei chilometri che abbiamo percorso erano su una comoda strada, piuttosto che in un campo di lava sterminato, dove si rischia di slogarsi le caviglie a ogni passo. Raggiunta la zona dove bisognava abbandonare la strada ed inoltrare verso le montagne, ci siamo diretti attraverso un campo di lava non troppo impegnativo in quanto ricoperto per larga parte da spesso muschio. Abbiamo proseguito lungo il fianco di una montagna, finché abbiamo raggiunto una valletta nascosta dove si trovava la parte forse più impegnativa dell’escursione: una ripidissima salita lungo il costone di un monte, estremamente sdrucciolevole e tendente a franare.

Raggiunta la cima, abbiamo proseguito lungo un ampio altopiano, finché davanti a noi si è aperto lo spettacolo del conetto in piena attività eruttiva, in una valle poco più sotto rispetto a noi.

La valle in questione è detta Geldingadalir, ovvero “Valli dei Castrati”, in riferimento probabilmente a animali da fattoria castrati (verosimilmente arieti), che in gergo vengono detti “castroni”. Abbiamo notizia di un’antica fattoria della zona, Ísólfsstaðir, menzionata in antichi registri. Il suo proprietario, tale Ísólfur, si sarebbe fatto seppellire in questa valle dove le sue bestie avrebbero amato pascolare. L’archeologo Oddgeir Isaksen si è precipitato sul posto per fare misurazioni e fotografie, lottando contro il tempo, e con la colata che si avvicinava spaventosamente alla supposta sepoltura dell’antico islandese. Va detto che succede spesso di scoprire che luoghi considerati di sepoltura dalla tradizione orale si rivelano spesso essere formazioni naturali, ma non sempre, ragion per cui non si può prendere a cuor leggero l’eventuale perdita di questa supposta tomba. Vedete che dalla storia e dalla cultura islandesi non ci si riesce a liberare nemmeno nel contesto di un’eruzione!

L’eruzione è geologicamente piccola. Nel senso che per gli standard del nostro pianeta non è nulla di sconvolgente, al punto che le autorità, anziché ostacolare l’accesso del pubblico, lo assecondano, pur raccomandando sempre cautela e scoraggiando i più sprovveduti a intraprendere la difficile escursione. Tuttavia si tratta comunque di un fenomeno di grandi proporzioni, che fa sentire chiunque piccolo e impotente di fronte alla maestà della natura.

Non avevo mai visto nulla di simile. Dalla cima del cono spuntavano schizzi di lava che ricadevano sui fianchi, dal colore rosso incandescente. Dal cuore del cono sgorgava una cascatella di lava molto viscosa, che andava ad alimentare un vastissimo fiume color grigio metallico e rosso fuoco, il quale scorreva lento e inesorabile lungo la valle. Tutto intorno, persone sedevano o stavano in piedi rimirando lo spettacolo, come sulla tribuna di un anfiteatro.

Sono rimasto sul fianco della montagna dirimpetta alla ormai famosa Fagradalsfjall, sorvolando la zona dall’alto con lo sguardo, per poi scendere sul fianco della colata, che si espandeva verso nord-est come un fiume placido. Il rumore era surreale, ricordava gli scricchiolii del ghiaccio che si incrina, ma erano assai più sordi e schioccanti. L’odore mi ricordava quello della stufa a legna che usavamo quando eravamo in montagna. Stare così vicino al bordo ormai fermo della colata, ancora rosso, sfrigolante e scricchiolante, mi ha dato una sensazione strana, quasi che mi rendesse improvvisamente consapevole della brevità della mia vita di fronte alla storia del mondo.

Il “vulcano”, come già accennato, è in realtà un punto su un’enorme frattura lunga diversi chilometri. Un sistema vulcanico dunque, che sta spurgando lava accumulatasi a seguito di un’intrusione. La risalita della lava, e la sua fuoriuscita violenta, ne provocano l’accumulo progressivo intorno al punto di fuoriuscita, e man mano che ulteriori spruzzi di magma si accumulano intorno, crescono fino a creare un cono detto hornito. Ormai questo cono ha assunto dimensioni considerevoli, e se ne sono formati altri più piccoli nella zona circostante.

La lava, nel frattempo, continua ad accumularsi, e al tasso attuale dovrebbe arrivare a colmare l’intera valle nel giro di una decina di giorni, secondo gli esperti. È incredibile pensare come questa sia tutta roccia “nuova” che diventerà magari il fondo di un terreno sul quale fiorirà la vita è cammineranno future generazioni. Ho voluto toccare un pezzo di ciò, così da poter dire di aver toccato la roccia più giovane del mondo!

Per ora non ci sono stati seri problemi: la colata è stata visitata da varie personalità, tra cui il presidente, diversi cittadini (a migliaia ormai!) , e la zona è costantemente monitorata dalla protezione civile, che si preoccupa di sgomberare in caso di pericolo, o di far spostare i visitatori quando la situazione cambia: per esempio la colata devia, o se si viene a creare una situazione di pericolo. Qui sotto il percorso che abbiamo seguito: 15km totali, metà all’andata, per circa due ore di cammino, e il resto al ritorno, con una/due ore sul posto per godersi lo spettacolo.

Sono davvero grato alla vita e all’Islanda per l’opportunità di vivere queste esperienze in prima persona. vedo anche questo evento come uno smacco a quelli che hanno sempre un po’ snobbato la capitale islandese: chiaramente, in questo caso, abitarci è stato un grosso vantaggio! A poco più di mezz’ora di macchina fuori città, la natura islandese più maestosa di palesa in tutta la sua forza primigenia.

5 risposte a “Eruzione a Geldingadalir”

  1. Avatar milenapieributi@gmail.com
    milenapieributi@gmail.com

    Ringrazio per la gradevole,perfetta spiegazione e per le fotografie. Interessante conoscenza tanto da sembrare di essere in persona sul luogo.
    Le auguro il successo che si merita .

  2. ciao Roberto, complimenti per la guida, a parer tuo, quante ore minimo bisogna riservare per questa gita sul vulcano ?

    1. Dipende da dove si parte. Quattro ore direi, senza includere il trasferimento in macchina dalla capitale

      1. quindi il tragitto a piedi ci si impiega circa 4 ore andata e ritorno senza considerare la permanenza lì ovviamente!???
        grazie mille

      2. No no inclusa una permanenza di un paio d’ore 🙂
        Ora non si può più andare tanto avanti per via del magma che è avanzato quindi il percorso si è accorciato. Presto anche questo percorso sarà inagibile e toccherà girare al largo, quindi si allungherà di molto

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