La conferenza studentesca all’università di Aarhus è stata un’esperienza che difficilmente dimenticherò.
Tutto è iniziato lo scorso Novembre, quando mi è balzata in mente l’idea di scrivere un paper sulla magia runica, spinto dal desiderio di sbugiardare una specie di autoproclamato mago pagano americano che è finito nel mio corso, e che ha tentato di iniziare alcuni nostri compagni a pratiche runiche a suo dire germaniche, che prevedono l’uso di sangue e cincaglierie varie. L’idea mi è nata durante una presentazione di un progetto di dottorato, e l’ho accennata a un mio amico tedesco, che mi ha esortato a portarla avanti, e magari sottoporla alla commissione per la conferenza di Aarhus. Accipicchia. Non ci avevo pensato alla conferenza, era da settembre che la gente ne parlava in continuazione, ma io non avevo nessun idea pronta, dunque non me ne ero interessato. Sono stato rassicurato da diverse persone che non avevano nulla di pronto, sebbene intendessero anche loro inviare un abstract: contavano di iniziare a scrivere durante le vacanze di natale. Cosa che speravo di poter fare anche io. Quel giorno era l’ultimo prima della scadenza, e in una mezz’ora ho buttato giù una bozza di abstract, che ho inviato alla commissione.
La seconda settimana di dicembre sono stato il primo a ricevere la mail di accettazione. Come per l’Erasmus, fare le cose all’ultimo minuto mi fa guadagnare parecchio stress, ma pare funzionare bene. Ho scritto metà del mio paper durante le vacanze, e aggiunto parti pian piano fino alla settimana prima della partenza, in cui ho anche creato la presentazione su power point. Eravamo in tredici dalla mia università, cosa che ha reso i nostri prof orgogliosi, e in effetti praticamente ogni paper presentato era di ottima qualità. Per noi islandesi era disponibile una borsa di 730€, sganciati praticamente sull’unghia, del programma culturale nordico. Faccio presente che si tratta di un progetto culturale che serve più a noi aspiranti ricercatori che non ai Paesi nordici in generale: si tratta di un investimento per formare potenziali ricercatori nel campo degli studi medievali scandinavi. Un campo piccolo e non troppo frequentato nemmeno qui.
Ho preso il flybus per l’aeroporto alle 5:30 di mattina, e sono arrivato all’aeroporto 45 minuti più tardi, trovandolo assurdamente intasato: il giorno prima c’era stata una tempesta, e molti voli erano stati cancellati. Abbiamo tardato la partenza di mezz’ora perché dovevamo tutti depositare dei bagagli, e non potevano certo partire con l’aereo vuoto per tre quarti.Arrivati a Copenhagen, abbiamo preso il treno dall’aeroporto e dopo circa quattro ore attraverso l’isola di Sjælland, e quella di Fionia, siamo giunti nello Jutland centrale, dove sorge Aarhus, seconda città più grande del paese. Qui abbiamo camminato fino alla foresta a nord, vicino al mare, nel cuore della quale si trovava il nostro ostello.
La mattina dopo abbiamo avuto un caloroso benvenuto dalla commissione. Una lezione speciale da un importante professore di mitologia, e un rinfresco a base di caffè, tè, biscotti, uva e vino. Una cosa che non ho mai sottolineato abbastanza, è la preponderanza nella cultura scandinava della pausa caffè. Ogni ora ci si ferma cinque o dieci minuti, si beve il caffè e si fanno due chiacchiere per distendersi prima di ricominciare. Non esiste che un insegnante faccia delle menate perché la gente ha una tazza o un bicchiere di caffè sul banco e lo sorseggia. Non ho mai capito perché da noi facciano storie. La trovo solo una regola restrittiva fine a sé stessa per il gusto di imporre restrizioni.
Nei due giorni successivi abbiamo avuto delle visite guidate alla città, ai monumenti e ai musei. uno dei quali, il museo di Aarhus, è effettivamente il museo archeologico più all’avanguardia in Europa. Ricchissimo di pietre runiche, alcune delle quali sono riuscito a decifrare senza aiuti – il corso di antico islandese sta facendo miracoli! -, è una meta che se passate da Aarhus sarebbe davvero un paccato perdere. La cittadina in sé è molto graziosa, ed era davvero strano tornare sul continente e vedere grossi platani, piste ciclabili, e palazzi con negozi e grandi magazzini. Abbiamo tutti fatto un’incursione strategica ad H&M, che qui in islanda non hanno, e mi sono comprato delle calze, un gilet, una camicia e delle magliette…roba che qui dovrei fare un mutuo per avere.
La conferenza di per sé è stata qualcosa di eccezionale: due giorni interi a sentire presentazioni originali di ricerche fatte da colleghi, Master students, PhD students e Post doc. La partecipazione è stata incoraggiante, più di un centinaio di persone sui due giorni. La mia lezione era il primo giorno dopo la pausa caffè, momento catartico in cui tutti sono sveglissimi e attenti. La cosa mi faceva tremare le interiora. Sono statopresentato da un dottorando, e mi sono diretto con fintissima sicurezza – grazie corso di teatro! – alla postazione da cui potevo vedere tanti, troppi occhi puntati su di me nell’anfiteatro. Dietro di me un massiccio schermo su cui erano proiettate le slide che potevo muovere grazie a un telecomando con puntatore laser, davanti a me un leggio con due microfoni.
Ho presentato con sicurezza, facendo anche qualche battuta che ha avuto l’effetto sperato di tenere alta l’attenzione, anche se dentro di me stavo morendo dall’ansia. La sera dopo alcuni miei compagni mi han riportato che un dottorando inglese ha chiesto loro se fossi un post-dottorato, e ci è rimasto quando gli han detto che ero solo un master. Dalla sicurezza che sembravo avere aveva dato per scontato che avessi parecchia esperienza. E invece ero un pulcino spiumato con grandi doti di attore. Questo mi ha reso comunque molto orgoglioso.
Mi sono state fatte diverse domande, alle quali ho risposto molto volentieri, perché mi piace quando mi si da un po’ di filo da torcere: mi stimola il processo intellettuale. Quella sera abbiamo cenato a buffet in un locale, per poi andare a bere in centro. Non ho idea di come sia riuscito a tornare in ostello, visto che ero da solo essendo l’unico del mio gruppo che aveva presentato quel giorno e che poteva permettersi di essere vagamente sfasciato la mattina successiva; c’era perfino della nebbia e mi sono perso un paio di volte.
La sera dela giornata successiva, dopo una serie di lezioni davvero interessanti, abbiamo cenato all’ultimo piano del dipartimento, con arrosto al miele e cipolle, salsa di mele, zuppa di carne dell’era glaciale, carote e rape al forno, insalata di farro, uva , vino a fiumi…il budget stanziato dall’università per l’evento ha permesso l’acquisto di questo ben di dio. Testimonia anche l’importanza che viene data a questo vento da parte delle istituzioni.
Non mi sono dilungato troppo sulla parte della conferenza, o dovrei scrivere una saga, ma è stata comunque un’esperienza altamente formativa. Ho avuto il privilegio di saggiare il funzionamento della routine accademica senza la pressione eccessiva e l’antagonismo che si incontra normalmente in questi ambiti. Ho conosciuto una valanga di colleghi del mio stesso ambito e stretto parecchie amicizie. Una buona occasione per iniziare a fare un po’ di networking e collezionare conoscenze per il futuro.
Ovviamente incoraggio chiunque a presentare un abstract per l’anno prossimo!
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