Terremoti e (possibile) eruzione a Reykjanes

Ho chiesto ad un amico esperto di geologia, e cresciuto alle pendici dell’Etna, Marco Di Marco di scrivere un articolo riassuntivo sulla situazione terremoti/eruzione che stiamo avendo a cavallo del febbraio/marzo 2021.

Per chi vive qui in Islanda, specialmente per chi vive nella zona sudoccidentale dell’isola, l’ultima settimana è stata parecchio movimentata. Letteralmente: mercoledì 24 Febbraio alle 10:05, un terremoto di magnitudo 5.7 è avvenuto sulla penisola di Reykjanes, circa 3km a sud-ovest di Keilir (un antico cono vulcanico sub-glaciale, alto 378 metri, formatosi nel Pleistocene tra 10.000 e 100.000 anni fa). L’epicentro si trova a circa 30 km dalla capitale Reykjavik. Quella scossa ha segnato l’inizio di un intenso sciame sismico, tutt’ora in corso, che al momento della stesura di quest’articolo conta più di 14000 terremoti in 6 giorni.

Lo sciame ha fin’ora prodotto numerosi terremoti di magnitudo pari o superiore a 4.0, di cui quattro di questi di magnitudo pari o superiore a 5.0 (il primo di M5.7 appunto, un M5.0 alle 10:30 del 24 febbraio, un M5.2 alle 08:07 del 27 Febbraio e un M5.1 ieri pomeriggio 01 Marzo alle 16:35). Da ieri inoltre l’Ufficio Meteorologico Islandese, ha rilevato anche un movimento di masse magmatiche in profondità, nei pressi dell’area coinvolta dallo sciame.

1 – Lo sciame sismico iniziato mercoledì ed ancora in corso. I colori vanno dal rosso al blu in base alla data di accadimento. In rosso i terremoti delle ultime 24 ore, in blu quelli del 24. In basso a sx la scala di colore con la data di accadimento. Credit © Veðurstofa Íslands

Come è facile immaginare, la popolazione della capitale e del sudovest d’Islanda sta vivendo questi giorni con un po’ di apprensione, specialmente perché non si era abituati a movimenti tellurici di questa entità e con questa frequenza in un lasso di tempo così breve. Ma cosa sta accadendo esattamente sotto la penisola di Reykjanes?

Cercherò qui di spiegare un po’ il quadro generale e di tranquillizzare chi al momento si sente preoccupato o peggio in pericolo.

Partiamo subito da un assunto fondamentale: Reykjavík NON è in pericolo. Né di essere rasa al suolo, né di essere invasa dalla lava. Ovviamente questo non significa fare l’errore opposto, cioè prendere la situazione sottogamba, ma piuttosto bisogna cercare di vedere le cose nella maniera più realistica possibile e agire di conseguenza per minimizzare i rischi. Nel mio piccolo è quello che sto cercando di fare qui, informando nella maniera più chiara e semplice possibile riguardo l’attività geologica di questi giorni.

Quello che sta succedendo in questi giorni in realtà è il proseguimento di un processo geodinamico che coinvolge la penisola di Reykjanes cominciato a dicembre 2019. Ricordate l’intrusione magmatica e l’inflazione (rigonfiamento del suolo) nell’area del monte Þorbjörn di gennaio/febbraio 2020? Ecco, quel particolare evento è uno dei capitoli di una storia geologica che ancora è in fase di scrittura, se vogliamo usare una metafora letteraria.

[Chi vuole ripassare un po’ la puntata precedente, può dare uno sguardo a quest’altro articolo scritto proprio durante quei giorni]

Quello a cui stiamo assistendo da quasi un anno e mezzo è un processo ben noto in geologia, che si chiama rifting: come molti di voi sanno, l’Islanda si sviluppa a cavallo della Dorsale Medio Atlantica, struttura geologica lunga 16000km orientata grossomodo nord-sud che “taglia” in due il fondale dell’Oceano Atlantico e che divide la placca Eurasiatica e quella Nordamericana nella sua porzione settentrionale, e la placca Africana e quella Sudamericana in quella meridionale. La dorsale emerge in pochissimi punti lungo la sua estensione, uno di questi è appunto l’Islanda.

2 – Schema delle strutture geologiche e del rift islandese. 
A = Arnarvatn fault zone. NVZ, EVZ, WVZ = Northern, Eastern and Western Volcanic Zones.
EÁ = Eyjafjörður Deep. TFZ = Tjörnes Fracture Zone. SISZ = South Iceland Seismic Zone. H = Hofsjökull volcanic system. SH = South Iceland flank zone. GK = Grímsvötn–Kverkfjöll volcanic systems. RR = Reykjanes Ridge. ÖS = Öræfajökull–Snæfell flank zone. RPTZ = Reykjanes Peninsula trans-tensional zone. 
Credit: Geology and structure of the Reykjanes volcanic system, Iceland: Kristján Sæmundsson et al., 2018, Journal of Volcanology and Geothermal Research.

Una delle caratteristiche più salienti della dorsale, e forse la sua principale, è appunto il rift, o fossa tettonica, che si trova grosso modo al centro della dorsale stessa, corre lungo il suo asse centrale e marca direttamente i bordi delle due placche. La formazione del rift è diretta conseguenza del movimento distensivo (si definisce così il movimento relativo di due blocchi di roccia che si allontanano) delle due placche. Come sempre in natura però le cose non sono mai troppo semplici. Nonostante spesso si parli di un tasso di allontanamento di circa 2-3 cm l’anno in Islanda, lungo tutta la dorsale questo valore varia, ci sono segmenti in cui il movimento delle placche avviene più in fretta e in altri più lentamente.

Il segmento che corre lungo la penisola di Reykjanes è uno di quelli che si muove meno in rapporto agli altri, in media 1 cm l’anno o poco meno. L’altro dettaglio da tenere presente, e forse è il più importante per spigare il processo in atto, è che il movimento non è quasi mai costante, ma avviene ad episodi, che vengono appunto definiti episodi di rifting o episodi vulcano-tettonici.

In buona sostanza, quando uno di questi episodi comincia, l’allontanamento delle placche provoca una distensione della crosta terrestre che si frattura. La fratturazione provoca terremoti (che ricordiamo essere la conseguenza della rottura delle rocce e non la causa) e apre degli spazi in cui il magma, che staziona nella parte superiore del mantello sotto la crosta, tende ad infilarsi. Il magma è un materiale per così dire “pigro”, non ha una spinta vera e propria ma tende a risalire per differenza di densità con le rocce circostanti seguendo appunto le debolezze della crosta.

Se la fratturazione delle rocce, provocata dai movimenti delle placche, prosegue a livello molto superficiale, il magma può raggiungere profondità via via sempre minori, fino al punto in cui il gas, naturalmente disciolto in esso, comincia ad essolvere, cioè a formare delle bolle. Il volume della massa magmatica a quel punto aumenta e riesce ad avere la spinta necessaria per rompere gli ultimi strati di roccia e a raggiungere la superficie producendo un’eruzione. Quest’ultima eventualità non avviene sempre, anzi, spesso il processo si arresta, il magma rimane in profondità e man mano si raffredda.

3 – Episodio vulcano-tettonico al Krafla, 1984. Fontane di lava molto fluida allineate lungo la fessura eruttiva, senza emissione di cenere. Lo scenario più attendibile in caso di eruzione sulla penisola di Reykjanes. Credit: Michael Ryan, 1984 (U.S. Geological Survey)

Non è la prima volta che in Islanda osserviamo episodi di rifting.
Tra il 1975 e il 1984, sul sistema vulcanico del Krafla nel nord dell’isola, sono avvenuti 22 episodi vulcano-tettonici che han seguito lo stesso andamento appena descritto. Solo in 9 di questi episodi il magma ha raggiunto la superficie provocando piccole e brevi eruzioni di lava basaltica. Questi sono descritti come Fuochi del Krafla o Kröflueldar in lingua islandese.

Il processo di rifting nell’area di Reykjanes è iniziato appunto a dicembre 2019, è proseguito durante tutto il 2020 con un paio di questi episodi che non sempre han coinvolto masse magmatiche (ricordiamo per esempio il terremoto di magnitudo 5.6 di Ottobre e il conseguente sciame) e sta mostrando una moderata accelerazione negli ultimi giorni. Si è fatto riferimento sui giornali che questo processo così non si era mai visto così a Reykjanes da quando è iniziato il monitoraggio dell’area. Questo non vuol dire che il processo sia anomalo o strano o inaspettato. Si sa che cicli di episodi di rifting nell’area sono sempre avvenuti e sempre più o meno intervallati da pause lunghe diverse centinaia di anni. L’ultimo ciclo è avvenuto tra il 940 d.C e il 1240 d.C, coinvolgendo man mano tutta la penisola e tutti i sistemi vulcanici presenti su essa. Sia ben chiaro, non tutti insieme, non in maniera catastrofica. Il ciclo precedente a quest’ultimo era finito circa 850-900 anni prima. Sono processi da inquadrare in diverse centinaia di anni che hanno andamenti appunto episodici. Realisticamente siamo all’inizio di un nuovo ciclo e non è un caso che la pausa col precedente sia in linea con i tempi di quella ancora prima.

4 – I cicli eruttivi conosciuti dei sistemi vulcanici di Reykjanes con la colonna a sinistra che mostra l’età di accadimento in anni e i numeri tra un ciclo e l’altro che mostrano gli anni  di pausa tra un evento e l’altro. Hengill in realtà fa parte del WVZ (West Volcanic Zone) ed infatti non mostra nessuna correlazione diretta con i cicli stessi. Credit: ISOR.


Cosa aspettarci quindi nel prossimo futuro?
Solo il tempo potrà dirlo con certezza, ma al momento gli scenari attesi sono quattro:

  • L’attività sismica si riduce nei prossimi giorni o settimane. 
  • L’attività sismica si intensifica con terremoti più intensi fino a M6.0 nei pressi dell’area attualmente coinvolta
  • Un terremoto fino a M6.5 può avvenire nell’area di Brennisteinsfjoll, a circa 20 km dalla capitale
  • L’intrusione magmatica continua nell’area tra Keilir e Fagradalsfjall, che potrebbe articolarsi in due sotto-scenari:
    • l’intrusione si arresta e il magma inizia a solidificarsi
    • l’intrusione prosegue e raggiunge la superficie

Che rischi ci sono quindi per la popolazione?

Come accennavo all’inizio dell’articolo la popolazione non rischia la catastrofe. Fortunatamente sin dagli anni ‘50 esiste un piano di regolamentazione che impone la costruzione di edifici con criteri antisismici specifici per resistere a terremoti fino a magnitudo superiore a M7.5. In Islanda non avvengono terremoti superiori a magnitudo 7.0, e nell’area di Brennisteinsfjöll non superiori a M6.5.

Come facciamo a saperlo?

La magnitudo è sempre legata alla lunghezza e alla superficie della faglia che si muove, conoscendo bene le faglie sappiamo quale sarà la magnitudo massima possibile nell’area. Un interessante studio a riguardo è stato pubblicato da Pall Einarsson et. al. e lo trovate qui.

Probabilmente il terremoto arriverà nel prossimo futuro (giorni, settimane, mesi, anni?), anche se resta impossibile sapere esattamente il giorno e l’ora. L’unica cosa da fare, come ben sottolineato in questo giorni dalla Protezione Civile è un lavoro di prevenzione che tutti sono invitati a seguire. Rimuovere gli oggetti pesanti che possono cadere da mensole e causare infortuni e ove possibile, tassellare al muro armadi pesanti e tutto ciò che cadendo può diventare pericoloso. Altra precauzione da seguire, non piazzare il letto sotto le finestre, che rischiano di rompersi. Le case resisteranno senza problemi, forse quelle più vecchie mostreranno qualche danno in più sui muri non portanti, ma nessuna casa crollerà addosso ai suoi inquilini.

E riguardo la possibile eruzione?

Facendo riferimento al record storico, a quello che è successo in situazioni analoghe negli anni ‘70 e ‘80 al Krafla e al volume di magma coinvolto nell’intrusione che al momento sembra essere molto contenuto, possiamo fare delle considerazioni: SE E SOLO SE l’eruzione dovesse cominciare, allora sarà piccola, con fontane di lava allineate lungo la frattura eruttiva e colate di lava che si espanderanno un terreno relativamente pianeggiante. Quella che gli islandesi chiamano túristagos, “eruzione turistica”. Niente cenere, niente che possa ricordare le eruzioni decisamente più esplosive avvenute lo scorso decennio all’Eyjafjallajökull (2010) e al Grimsvötn (2011). Al massimo si potrà avere qualche noia legata all’emissione di gas vulcanici se il vento dovesse spingerli fino a Reykjavík. Fortunatamente i gas contenuti nel magma prodotto in quest’area (definito MORB – Mid Oceanic Ridge Basalt) ha un contenuto in gas leggermente inferiore rispetto ai magmi influenzati dal punto caldo prodotti nell’area sottostante il Vatnajökull. Generalmente questi episodi eruttivi durano da pochi giorni ad un paio di settimane.

5 – L’area con la maggior probabilità di apertura di fessure eruttive, basata sull’evoluzione dello sciame sismico negli ultimi giorni. Credit: Háskóli Íslands

E riguardo le simulazioni di invasione di colata lavica che potrebbe tagliare la strada per l’aeroporto?

Quelle simulazioni tengono conto di 1500 eruzioni ad un tasso di effusione medio in una volta sola. Son fatte per avere un’idea delle vie preferenziali di espansione dei flussi lavici esasperando il peggior scenario possibile. Al momento quindi, considerando l’area tra Keilir e Fagradalsfjall come la più probabile per l’apertura di una fessura eruttiva, i volumi eruttati durante le eruzioni storiche, è veramente difficile (non impossibile sia chiaro) che la lava arrivi fin lì.

Siamo quindi all’inizio di un processo che ci farà compagnia, tra alti e bassi, negli anni a venire. Forse decadi come avvenuto in passato e come avverrà ancora nel corso delle prossime migliaia di anni. Bisogna esserne consapevoli ed accettare il fatto che è la natura qui a dettare le regole, noi siamo soltanto degli ospiti che devono imparare ad accettarle e rispettarle. Solo così potremmo vivere in armonia con una terra meravigliosa che non smette mai di sorprendere nonostante tutto.

5 – La simulazione di espansione dei flussi lavici in caso di eruzione. La simulazione tiene conto di 1500 eruzioni in una volta. La probabilità più alta di invasione di colate è quella in cui il viola è più scuro. Man mano che schiarisce la probabilità diminuisce. Credit: Háskóli Íslands

Adesso quindi basta solo attendere e vedere cosa accadrà, un po’ più consapevoli di quello che sta succedendo. Senza averne timore, ma solo tanto rispetto per i ritmi e i processi della natura.

Noi vi aggiorneremo il più possibile nei prossimi giorni.
E come dicono da queste parti Þetta reddast! “Andrà tutto bene!”.

© Marco Di Marco 2021

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