Nel 1812, fu demolita una vecchia chiesa nella zona di Kalmanstunga (per intenderci, è la zona di Húsafell dove si trovano le sorgenti Hraunfossar o la grotta nel campo di lava, Víðgelmir). Lavori successivi sul terreno dell’attiguo cimitero hanno portato alla luce diverse pietre tombali, molte delle quali illeggibili. Una in particolare però, merita attenzione: questa “Legsteinn” (pietra tombale) è dedicata ad un individuo che sappiamo da altri documenti essere morto nel 1429, il che ci da un’indicazione sulla data. Le rune sono state usate in Islanda in modo sporadico fino a tempi recenti. In particolare per le incisioni, perché la loro forma le rende più facili da incidere rispetto alle tondeggianti lettere latine.
Questa pietra tombale è oggi custodita dal Museo nazionale d’Islanda. le immagini le ho reperite dal sito Sarpur, un catalogo di reperti storici.

Oggi le rune, nella cultura popolare, sono associate al magico per via del loro utilizzo divinatorio nell’ambito di religioni neopagane e New Age, ma erano semplicemente un alfabeto alternativo a quello latino (o addirittura derivate da questo, secondo la teoria più accreditata oggi tra i runologi).

L’iscrizione legge: HER : HUILER : ION : GILS : SON : FINS : SONAR . LES : EINA : PATER . NOSTER . FIRIR . HANS . SAL.
Che in islandese si scriverebbe: “Hér hvíler (hvílir in islandese standard moderno) Jón. Les Pater Noster fyrir hans sál”. Che tradotto significa “Qui riposa Jón, figlio di Gils figlio di Finnr. Recita un Padre Nostro per la sua anima”.
L’iscrizione ci offre anche un dato linguistico prezioso che, se non sapessimo da fonti esterne di come questo Jón sia morto nel 1429, ci permetterebbe di datarla a dopo il 1400: la parola islandese fyrir (per) era anticamente pronunciata qualcosa come “fürir”. La “y” era pronunciata come una “u-francese”, come succede ancora nelle lingue scandinave continentali odierne. In islandese, dal 1400 questo suono muta (perde l’arrotondamento delle labbra) e diventa una semplice “i”. Questo lo vediamo nella grafia quando gli scrittori confondono “y” e “i”. La grafia di questa iscrizione runica ᚠᛁᚱᛁᚱ “firir” ci dice che la confusione di y con i era già avvenuta, il che colloca la data di incisione a dopo il 1400.
Notiamo anche come le rune siano sostanzialmente diverse da quelle tipicamente usate nell’ambito del neopaganesimo, o nel merchandising di ispirazione islandese: queste sono rune medievali islandesi, mentre quelle comunemente usate appartengono ad una serie usata precipuamente tra il 300 e il 700 d.C., abbandonate dunque almeno un secolo prima della colonizzazione dell’Islanda.
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