Aurora boreale

E così alla fine è successo: ho visto l’aurora boreale. Tornavo a casa in bicicletta, dopo una serata passata a studiare paradigmi antico-nordici e discutere sulla validità e utilità della definizione “età vichinga” per la Scandinavia nell’alto medioevo. Le solite questioni del mio campo, che ora posso discutere seriamente con gente altrettanto interessata quanto me. Il bello di trovarmi in un master in Islanda è che tutti i miei colleghi sono persone davvero motivate e diventa davvero coinvolgente il discutere con loro. Raramente alla triennale mi capitava di trovare qualcuno con cui parlare a lungo e profittevolmente di tutte le cose che catturano la mia attenzione o suscitano dubbi.
     Facendo un pezzo di strada con un compagno archeologo tedesco, notavo come il cielo fosse limpido e l’aria molto frizzante. Ho commentato dicendo che probabilmente avremmo visto l’aurora, e lui ha rifiutato la possibilità sostenendo che fosse troppo presto. Alché gli ho risposto che in effetti a Reykjavík ce n’è stata una a metà agosto quest’anno, ma nemmeno io ci credevo troppo a una tale eventualità.
     Salutato il mio socio al limitare del campus, mi sono diretto verso la collina forestata di Öskjuhlíð, in cui si getta la pista ciclabile che percorro per tornare a casa, e ho notato uno strano bagliore sopra l’aeroporto di Reykjavík. Appena mi sono reso conto di quello che stava succedendo, ho inchiodato la bicicletta e mi sono fermato dieci metri prima di entrare nell’area boschiva, così da avere una visuale il più ampia possibile.
     Il cuore mi batteva in modo inusualmente concitato, e mi veniva quasi da piangere. Stavo guardando l’aurora nascere da ovest, e descrivere un arco sopra il centro di Reykjavík. La prima reazione che ho avuto è stata di avvisare tutti su Facebook, dopotutto ce lo siamo promesso: il primo a vedere l’aurora avvisi gli altri. Assolto il mio dovere sono rimasto ad ammirare l’aurora, anche mentre tornavo a casa costeggiando la baia di Fossvogur, dove vedevo la luce sorgere dal’orizzonte nell’oceano e snodarsi sull’acqua per poi distendersi e dissolversi in lontananza. Ho provato a fare delle foto ma non sono ancora in grado di regolare l’esposizione, e in nessuna di esse si vede alcunché. Per questo farò un goffo tentativo di descrivere a parole quello che ho visto.

Sembrava di vedere un lenzuolo accartocciato fosforescente di colore verde azzurrino, che risaliva dall’orizzonte a ovest, quasi nascesse dal mare, e man mano che si alzava sembrava stendersi in una sorta di drappo di velluto ondulato che serpeggiava verso est, dove diventava più largo e diradato, descrivendo un ampio arco nel cielo, e a volte sembrava interrompersi come un ologramma a tratti disturbato in un film di fantascienza, solo per poi subito ricomporsi quando la luce sembrava riprendere a scorrere più copiosa. Di tanto in tanto il flusso sembrava interrompersi, e le pieghe del drappo sembravano separarsi e diventare delle colonne di luce che colava verso il basso per poi dissolversi.

Faceva molto freddo, e so che molti credono erronamente che il freddo sia una condizione per il verificarsi dell’aurora, quando in realtà è soltanto un’altra conseguenza della limpidezza del cielo, che è la vera condizione necessaria. Quando l’attività solare è intensa e l’aria è pulita, l’aurora è più facile a vedersi.

Questo è tutto quello che ho da dire. È stata la mia prima aurora, e indubbiamente un esperienza eccezionale. Spero di vederne molte altre, e mi auguro che per allora sarò in grado anche di fotografarne!

Comunque per salutarvi vi posto una foto di oche/anatre che attraversano la strada. Le auto si fermano per farle passare Le incontro tutti i giorni. Sullo sfondo il campus dell’università.
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