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Lopapeysa, il maglione islandese

Lopapeysa, pronunciato “luópa-peisa” con la “s” sorda di “storia”, significa letteralmente “maglia di lana cardata” (o qualcosa del genere: le mie fonti islandesi sono concordi con il fatto che non hanno idea di come tradurre la parola, ma che essenzialmente descrive lo stato della lana tra la cardatura e la filatura). È un prodotto che deve avere origini molto antiche, anche se oggi è diffuso soprattutto in forme e colori che hanno preso piede soltanto a metà del Novecento.

La denominazione íslensk lopapeysa “maglione di lana islandese”, è protetta; per potersi chiamare tale, un maglione deve essere:

  1. Prodotto con lana proveniente da pecore islandesi.
  2. Prodotto con lana mai usata prima.
  3. Prodotto con tipo specifici di lana stabiliti per legge.
  4. Prodotto secondo certi metodi fissati per legge, ad esempio deve avere la decorazione che va dalla linea delle ascelle fini al collo, essere lavorato ai ferri con uno schema ad anello continuo…
  5. Lavorato a mano in Islanda.
  6. Il corpo centrale deve essere un pezzo unico senza cuciture accessorie.
  7. Il maglione può essere intero o aperto.

Il bello della lana islandese è che è idrofoba. Non si inzuppa facilmente, ma è anche traspirante, pur trattenendo un cuscinetto d’aria che riscaldandosi diventa uno strato isolante tra essa è la nostra pelle. Il suo nome, nella lingua locale, è lopi (“lana” in generale si dice ull, parola imparentata con l’inglese wool, ma anche con l’italiano lana: entrambi i termini discendono dal proto-indoeuropeo *h₂wĺ̥h₁neh₂). Il lopi di fibre più grezze che lo rendono idrorepellente, e uno interno di fibre più fini che hanno funzione isolante.

La più grande industria tessile islandese, Ístex, produce i seguenti tipi di lopi:

  1. Álafosslopi, spesso, leggero e molto caldo. Si adatt bene a maglioni da usare all’aperto.
  2. Bulkylopi, è più spesso del tipo precedente, e produce maglioni.
  3. Léttlopi, ha un diametro della metà di quello del primo tipo, ed è un buon compresso tra uso esterno ed interno.
  4. Plötulopi, lana particolare non filata, in gomitoli arrotolati a disco. È resistente e più calda perché lei fibre sono più sciolte, ma deve essere lavorata con cura perché rischia di sfibrarsi.
  5. Hosuband, una miscela estremamente resistente che si presta bene alla creazione di calze.
  6. Einband, molto fine è leggera, si adatta agli scialli.

Questa lana è acquistabile in molti luoghi: dai negozi di souvenir, ai supermercati, alle stazioni di servizio con annessi negozietti, ai negozi dedicati.

In Islanda, la lopapeysa si usa in tante occasioni. La si vede anche in situazioni formali, come festività tradizionali, o al lavoro sopra a una camicia, ma il suo valore emerge veramente all’aria aperta. Estate o inverno, la lopapeysa rende la permanenza nella natura islandese più piacevole.

La lana può pizzicare la pelle, quindi è buona cosa tenere una maglia sotto di essa, magari di cotone leggero in estate e di qualcosa di più pesante in inverno, come il pile. È ottima per regolare la temperatura. Ce la si sfila quando si sale in auto e fa troppo caldo, e la su indossa quando si scende per esplorare la natura islandese. Accompagnata da sciarpa, guanti, berretto di lana e magari le famose calze di lana che si indossano sopra a quelle normali e nelle quali si infilano i pantaloni (con sommo orrore estetico di alcuni), è davvero il modo migliore per prepararsi a un’esperienza all’aperto in Islanda senza soffrire il freddo.

Che si vada a cavallo a radunare le pecore, si faccia una grigliata in compagnia, o una passeggiata in città, la lopapeysa è un capo versatile ed esteticamente piacevole.

Nei negozi di souvenir sono solito venderne imitazioni di fabbricazione asiatica:

Vi sconsiglio di comprarle. La lana sarà anche islandese, ma oltre a costare a volte molto più che quelle “originali”, rubano una fetta di mercato a un piccolo settore locale che merita di essere protetto: le lopapeysur vengono fatte tutte a mano qui in Islanda. Non ci sono industrie che le producono meccanicamente, e sono una fonte di introiti per tante donne. Fa parte del turismo responsabile, lo scegliere di spendere i propri soldi in modi che incoraggino le attività locali, e che non vadano a vantaggio di chi delocalizza per massimizzare i profitti. Per farvi un esempio che forse da italiani capirete meglio, è lo stesso che comprare delle “mozzarelle” o del “Parmigiano” prodotti in Wisconsin. Magari non sono neanche male, ma non sono di certo il prodotto più genuino e autentico che possiate trovare, senza contare che “rubano” mercato in modo indebito: potrebbero vendere prodotti simili senza chiamarli con lo stesso nome di quelli originali.

Se volete risparmiare potete tentare al mercato delle pulci di Kolaportið o in uno dei numerosi negozi di vestiti usati gestiti dalla Croce Rossa islandese. Potreste trovarne a metà del prezzo di negozio, che si aggira intorno ai 200€. Anche scontati o usati hanno prezzi alti (15/18.000 corone, o 100/130€) Sì, avete letto bene. La qualità e il lavoro a mano si pagano, e chi è abituato a spendere pochi euro al mercato o in qualche catena potrà faticare a capirlo, ma una volta spesi questi soldi si avrà a disposizione un capo che durerà una vita intera.

Non è necessario lavarlo spesso perché tiene bene lo sporco e non puzza, e per lavarli è sufficiente acqua tiepida e shampoo. Per asciugarle premuratevi di stenderle su un asciugamano steso sopra allo stendino. Non appendetele altrimenti si formeranno delle sporgenze in corrispondenza dei punti in cui sono appese.

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