Come ragionare nell’era di internet

Da quando ho aperto i miei canali social mi sono dovuto scontrare con persone che detenevano opinioni diversi dalle mie, magari assurde, ma che rifiutavano categoricamente di sentir ragione e, messe davanti ad una mole di dati incontrovertibili, passavano ad accusarmi di essere “saccente” o di “non accettare le opinioni altrui”.

Uno dei mali del nostro tempo è il megafono che internet ha fornito a opinioni e tesi assurde che una volta restavano confinate nell’ambito dei bar. Ci si chiede spesso come si possa arginare questo fenomeno, e credo che in parte si stia arginando da solo perché le nuove generazioni sembrano sempre più avvezze e competenti alla verifica dei fatti attraverso indagini in rete, ma permane ancora la tendenza a spararle grosse, oppure dare credito alle sparate che ci piacciono, e discredito agli esperti che dicono cose che non ci piacciono. Cosa possiamo fare in merito?

Parte del problema è che non insegnano adeguatamente il metodo per la ricerca nelle scuole, perché spesso non lo padroneggiano nemmeno gli insegnanti, essi stessi spesso colpevoli di condotte antiscientifiche, perché ragionare scientificamente è un muscolo che va allenato con fatica e facendo violenza a tratti istintuali (e dunque assai potenti) della natura umana. Eppure esso è qualcosa di semplice nei suoi assunti fondamentali: implica un minimo di esame di coscienza che faccia maturare un distacco che favorisca obiettività, seguito poi da una ricerca di dati fatta con un minimo di rigore. Vediamo insieme cosa si intende:

La prima cosa da fare è imparare a non identificarsi con le proprie opinioni: noi non siamo quello che pensiamo, perché possiamo cambiare idea molto facilmente, e dovremmo farlo in presenza di argomenti convincenti. Riuscirà più difficile, però, se consideriamo un’opinione come parte della nostra identità.

Il secondo passo da fare è abituare il nostro cervello a non aggrapparsi a certezze illusorie di cui non si ha bisogno: non occorre scegliere subito se essere guelfi o ghibellini, e si può prendere le distanze da una questione così da analizzare meriti e demeriti di tutte le posizioni. Il cervello ha la tendenza a scegliere rapidamente un’opinione perché non gli piace l’incertezza e non ha tempo da perdere dissezionando ogni cosa, ma possiamo allenarci a contrastare questa tendenza.

La terza cosa, che è una delle più importanti, è quella di resistere dal farsi un’opinione troppo presto. Quanto presto sia “troppo presto” non lo può dire nessuno, ma è meglio aspettare il più possibile. Se ci si fa un’opinione subito, il proprio cervello andrà a selezionare e dare credito soltanto a informazioni che confermano l’opinione che abbiamo già scelto di avere, scartando o ignorando il resto. È il cosiddetto bias di conferma: quello per cui, anche quando si ha torto marcio, si scandaglia Google e si scartano i primi cento risultati, ma si copia e incolla il link al centunesimo perché è il primo che troviamo a darci ragione. Non succede nulla se si evita di inventarsi cose per riempire un buco delle nostre conoscenze: non ha senso inventarsi che in Islanda ci siano sei mesi di buio e la gente si suicidi, pur di avere un’opinione sulla cosa. Si può anche non pensare nulla e aspettare che qualcuno di affidabile ci illustri come stanno le cose.

Tutti noi (io incluso!), anziché adottare il metodo scientifico di scandagliare i fatti per poi formulare una teoria, abbiamo la tendenza a farci subito una teoria e poi andare in giro a cercare esclusivamente fatti che la confermano. È già un miracolo se chi si occupa di ricerca riesce a frenare questa tendenza nel suo ristretto ambito di ricerca, figuriamoci in tutti gli ambiti dell’esistenza! Ma ci dobbiamo provare: tantissimo male deriva dalla tendenza del nostro cervello a incaponirsi su idiozie che ha selezionato a casaccio per semplificarsi il compito di interpretare la realtà, e rifiuta di cambiare idea di fronte all’evidenza pur di non compromettere la semplificazione iniziale che ha operato.

Queste sono le fasi preliminari per ragionare bene:

  • Non identificarsi con un’opinione
  • Non decidere frettolosamente che opinione avere
  • Aspettare di aver letto molto prima di farsi un’opinione, ed evitare di farsela subito per poi andare a leggere solo quello che ce la conferma

Come si cercano le fonti? Ho giusto avuto di recente una bellissima discussione con un esperto di particelle del CERN, dove abbiamo evidenziato come una persona con la giusta formazione metodologica possa recuperare informazioni di qualità e farsi un’idea corretta di un tema relativo a una disciplina che non è la sua (con tutti i caveat del caso, ovviamente!). In pratica, se si impara a fare ricerca e ragionare nel modo corretto, è possibile farlo in una gamma vastissima di ambiti. Ho portato l’esempio di una volta in cui ho aiutato un mio medico a farmi una diagnosi scovando un articolo scientifico pubblicato su una testata accreditata che discuteva appunto la questione. La terapia successiva ha confermato che la diagnosi era corretta. La cosa ha funzionato perché di mestiere ho imparato a trovare e identificare fonti autorevoli, e qui viene la sfida successiva:

Non tutte le fonti sono ugualmente valide; alcune testate pubblicano pattume non verificato, altre pubblicano tendenzialmente materiale verificato ma possono incappare in errori, alcune persone rispettabili possono talvolta pubblicare materiale su questioni non di loro competenza e dire cose assennatissime, altre volte possono pubblicare sciocchezze sulle loro materie specifiche. Di fronte a questo minestrone di incertezze, si capisce perché per il nostro cervello è più semplice scegliere frettolosamente un’opinione e selezionare solo fonti che la confermano, ma dobbiamo resistere alla tentazione di farlo e leggere invece quanto più possibile per cercare di capire cosa le autorità sul tema (o la loro maggioranza) ritengono essere l’opinione più corretta.

È importante tenere conto dell’opinione maggioritaria degli esperti. Un articolo scientifico accreditato scritto da uno studioso altrettanto accreditato che ci dà ragione sarà comunque meno valido se dall’altra parte ci sono molti più colleghi ugualmente qualificati che lo criticano e dicono l’esatto opposto. Ugualmente, il fatto che un opinionista sia un attempato professore o Nobel in una materia dica una cosa che a noi piace in una materia diversa da quella in cui è esperto, non rende la sua opinione valida se il consenso generale di chi è invece esperto di quella materia suggerisce qualcosa di diverso. L’altro pericolo che incorre il lettore impreparato, è di farsi convincere da articoli apparentemente coerenti e ricchi di documentazione, ma che sono in realtà faziosi: un testo scientifico come si deve dovrebbe presentare le varie ipotesi, elencare argomenti pro e contro ciascuna di esse, e concludere con l’opinione più assennata che si può desumere dall’analisi. Se un articolo parte da una tesi ed elenca una sfilza di prove a sostegno, potrà sembrarvi molto convincente, ma vi sta nascondendo proprio le parti che renderebbero il tutto meno convincente.

  • Individuare fonti accreditate: un articolo di una rivista dell’Università di Cambridge sarà più credibile di un articolo sgrammaticato uscito sul Corriere dell’Adriatico.
  • Verificare le credenziali dell’autore: è esperto nella materia su cui si pronuncia?
  • Verificare nel merito quanto l’autore dice: sta veramente in piedi, o ho deciso io che ci sta perché mi ha confermato l’idea preconcetta che avevo?
  • Dedicare ancor più tempo a leggere cosa dice chi la pensa diversamente.
  • Diffidare di chi discute partendo da una tesi ed elencando solo argomenti a favore.

In corso di dibattito, non approcciare la discussione come una lotta volta a prevaricare sull’altro: sforzatevi entrambi di vedere lo scambio come un progetto comune volto a scoprire una qualche cnclusione che può essere raggiunta solo tramite un dialogo costruttivo. Se appare subito chiaro che la vostra opinione era una sciocchezza indifendibile, non abbiate vergogna di ammetterlo e ringraziare chi ha aumentato la vostra conoscenza.

A volte il pubblico non è a conoscenza del fatto che alcune questioni che ritiene ancora controverse siano ormai assodate in ambito specialistico: ci sono ancora molti italiani che credono che la scoperta del nuovo mondo da parte di norreni nel X secolo sia ancora un’ipotesi, nonostante siano già passati 60 anni dalla scoperta archeologica del sito di L’anse aux Meadows, che ha confermato la loro presenza nell’attuale Canada. In quei casi, è buona cosa non impuntarsi e ascoltare quello che dicono gli esperti.

Talvolta gli esperti sbagliano, ma questa non può essere una scusa per ignorarli ogni volta che non confermano le nostre idee preconcette. Se già un esperto è a rischio di errori, figuriamoci un non-esperto! Ugualmente, anche i mitomani e pazzi possono talvolta azzeccarci, ma non possiamo scegliere di dare credito ai pazzi ogni volta che sostengono tesi che confermano i nostri pregiudizi. Sarebbe una scommessa davvero rischiosa, statisticamente, gli scienziati sbagliano molte meno volte di quante i pazzi e i mitomani non ci azzecchino per puro caso.

A questo punto vale la pena citare il caso Galileo, spesso invocato a sproposito per difendere le tesi fuori dal coro di qualche individuo che va contro il consenso attuale della comunità scientifica. A parte il fatto che le prove definitive e incontrovertibili delle teorie galileiane sono arrivate ben dopo la morte di Galileo, è che alcuni dettagli delle teorie di Gaelileo erano sbagliati, è molto facile, 400 anni di progressi scientifici dopo, dire che Galileo aveva ragione. All’epoca non era così semplice. Ugualmente, oggi non è facile per la comunicata scientifica spiegare questioni che si capiscono poco e con dati carenti. Quale sarà la spiegazione corretta lo scopriremo solo in futuro, quindi non ha senso aggrapparsi a Galileo per difendere qualche persona che sta dicendo una cosa che ci piace, ma che va contro il consenso scientifico: chi siamo noi per arrogarci il diritto di decidere chi ha ragione tra un nostro contemporaneo e il resto della comunità scientifica attuale? Forse tra 400 anni potremo esprimerci, ma oggi dovremmo astenerci dal pensare di poter dire che una voce fuori dal coro ha ragione perché ci piace quello che sta dicendo e conferma i nostri pregiudizi, tirando in ballo Galileo.

In conclusione, dobbiamo anche ricordarci che, dal punto di vista scientifico, non si ragiona più per “verità”: la scienza fornisce la teoria più convincente che spieghi i dati in nostro possesso in un dato momento, ed è normale che, con dati insufficienti, le teorie che ne derivano possano essere imprecise o sbagliate. Il migliorarsi all’aumentare delle conoscenze è il carattere della scienza.

  • Non discutere per avere ragione, ma per capire meglio una questione insieme all’altro.
  • Smetterla subito se ci si accorge che si era ignoranti rispetto alla questione.
  • Rispettare il ruolo dello specialista. Se due specialisti non sono d’accordo, evitare di dare subito sostegno a quello che conferma il nostro pregiudizio, e valutare le argomentazioni di entrambi.
  • Accettare che le teorie cambiano con l’aumentare delle conoscenze, è che la scienza è destinata a cambiare i suoi assunti, senza che questo sia una scusa per credere ad ogni panzana che conferma i nostri pregiudizi.

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