È il periodo delle réttir, ovvero degli “smistamenti”, uno dei più importanti nel tradizionale calendario islandese. Tra la fine di agosto e i primi di settembre, i fattori del Paese trascorrono periodi di alcuni giorni sugli altipiani, a cavallo o a piedi, pernottando nelle casupole che possono anche essere usate dai turisti (pagando!) nel corso di qualche escursione nelle terre selvagge. Qui le pecore, che vengono lasciate completamente libere tutta l’estate, vengono raccolte e condotte a valle. I contadini si dividono in gruppi, e pattugliano diverse zone. Le pecore possono spingersi molto in là nella loro ricerca di cibo, ed è quasi inevitabile che qualcuna muoia o si perda. La maggior parte però viene condotta a valle, verso un campo comune nel quale si trova un recinto particolare di cui parlerò tra poco. Non è importante di chi siano le pecore che uno trova, quelle che si trovano vengono raccolte e spinte verso questo campo dove restano in massa a migliaia.
È a questo punto che inizia la parte più divertente, quella che i turisti e i cittadini smaniano per vedere. Si inizia alle 9 di mattina generalmente, e i siti internet dei vari comuni e distretti comunicano gli orari, oltre al nome del capo smistamento (réttarstjóri), ovvero la persona che supervisionerà la giornata. Si arriva con i fuoristrada e i rimorchi per caricare le pecore, e fondamentale è portarsi un nesti (spuntino al sacco), che deve includere un bel thermos di caffè, perché alle 10:30 circa c’è la religiosa kaffipása (pausa caffè).
Le persone si radunano intorno a questo recinto circolare formato da un muro di cemento diviso in sezioni disposte a raggiera, ognuna col nome di una fattoria segnato su di un cartello appeso al cancello. Il lavoro consisterà nel convogliare un po’ per volta le pecore dal campo fin nel centro del recinto, per poterle comodamente smistare nelle rispettive sezioni. I bambini adorano la prima fase, anche se è abbastanza pericolosa, le pecore seguono l’istinto del gregge, e se una decide all’improvviso di cambiare direzione, tutte le altre la seguiranno, col risultato che un bambino sulla traiettoria della carica potrebbe venire travolto e calpestato, per spaventarle quindi ci si risponde in una sorta di fila umana, che parte dal cancello nel quale dovranno entrare, e si estende in diagonale verso il fondo del campo. Qualcuno inizierà a correre loro dietro, e loro correranno lungo il bordo del campo evitando le persone in diagonale che piano piano le “stringeranno” verso il cancello, nel quale si fionderanno Per raggiungere la sezione circolare nel cuore del recinto. Qui un addetto chiuderà il cancello appena saranno tutte entrate per evitare che ri-escano, aprendolo appena appena per far passare le persone.
Qui le pecore correranno come pazze avanti e indietro, ma con pazienza bisognerà afferrarle per le corna e controllare la targhetta sulle orecchie, per individuare le proprie. È una situazione abbastanza caotica e delirante, le pecore saltano e si dimenano, e anche se cercano di evitare le persone, nella foga della fuga possono urtare e scalciare. Una volta afferrate bisogna mettersi a cavalcioni sulla loro groppa, per evitare che si divincolino, e magari tenendo le zampe anteriori sollevate da terra, bisogna trascinarle verso i cancelletti delle sezioni, dove qualcuno sarà appostato per aprire e chiudere rapidamente il cancello (così da evitare che alcune pecore altrui entrino), mentre altri cercheranno di spingere quelle che per una ragione o l’altra si stanno accalcando proprio lì davanti in quel momento. Quelle più grosse hanno tantissima forza, e per tenerle a bada mentre si dimenano, bisogna infilare le dita di una mano sotto al mento nella parte mille tra le ossa della mandibola, mentre con l’altra si tiene fermo un corno.
Si ripete la procedura alcune volte, finché non sono finite le pecore, dopodiché ogni fattoria pone una pedana all’uscita della propria sezione di recinto, sulla quale le pecore potranno salire per entrare nel rimorchio che le condurrà nelle stalle per l’inverno.
Esistono altre tradizioni associate alle réttir, che includono danze, canzoni, visite e pasti conviviali. Sono molto grato di aver potuto finalmente parteciparvi, per me è stato come una sorta di battezzo definitivo nella vita culturale islandese.
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