L’essenza dell’Islanda

Fare la guida per italiani non è sempre facile. E non solo perché gli italiani sono spesso esigenti e pretendono un’esperienza è un trattamento, qui nella tundra, pari a quello che riceverebbero in strutture ricettive sul continente. C’è anche il problema di metterli nelle condizioni di capire una realtà così diversa dalla loro.

Quando si visita un altro Paese, bisogna essere vuoti di preconcetti. Come ricorda una parabola zen: la ciotola è utile solo quando è vuota. Se arrivate in Islanda stracarichi di idee e pregiudizi, non avrete spazio per accogliere suggestioni nuove, e vi perderete tutto.

Foto di Enrico Luigi Giudici.

Guardate questa chiesa: chiunque sia abituato alle chiese italiane sarà tentato di pensare che si tratti di una banale scatola di legno coperta di pece. Eppure si potrebbero scrivere libri interi di eventi, aneddoti, informazioni e dati storici collegati a questa chiesa. Una ricchezza insospettabile, che solo lo studio (o una guida esperta) può darti.

La fruizione della bellezza che deriva dalla maestria tecnica di una cattedrale nostrana è sicuramente appagante, ma è anche un appagamento superficiale. Attraversare un museo e bagnarsi gli occhi di bellezza senza recepire storia, simbologie, tecniche e dettagli di ogni opera significa fare un’esperienza azzoppata. Inoltre, come per le persone, oltre la superficie può esserci molto altro… oppure un vuoto disarmante. Un po’ come certa poesia barocca che nasconde un vuoto di contenuto dietro all’orpello linguistico. L’Islanda costringe a fare una pausa e andare oltre alle apparenze.

Su un piano diverso, però, c’è qualcosa in più a rendere queste semplici costruzioni ancor più speciali. Ho certamente notato che diversi, credenti e non, sostengono di sentire molto di più il contatto con il trascendente nella semplicità di questi luoghi, ma c’è un altro fattore da considerare: il contesto. Siamo in una tundra subartica. Eppure anche qui l’uomo ha trovato il modo di esprimere il suo slancio verso l’assoluto. Nonostante la lotta per sopravvivere in una terra inclemente, ecco che si trovano le energie per innalzare un piccolo spazio, un’oasi nel deserto dove pregare e celebrare. Dove cantare e suonare.

E importa davvero che il canto sarà quello di cantori non professionisti e il suono non sarà quello di un organo con qualche migliaio di canne, ma la voce sincera di qualche contadino stonato e lo stridio zelante di un langspil scordato? Guardate i fiorellini nella foto sotto. Fermatevi un momento. Sono sbocciati nel cuore di una petraia arida come la morte. Avrebbe senso guardarli con gli occhi di chi pensa che non siano belli quanto i tulipani del proprio giardino o le orchidee del proprio soggiorno?

E potremmo fare una riflessione ulteriore: è così straordinario che un giardino italiano, o un soggiorno ben controllato e con temperatura costante in un Paese mediterraneo, possano ospitare tulipani e orchidee? Chiaramente no. È quasi scontato che un Paese come l’Italia, un crocevia di culture e commerci per millenni, abbia prodotto quello che ha prodotto. Qualche mamma all’antica direbbe forse che l’Italia “ha fatto solo il suo dovere”, ma che ci sia qualcosa qui nella tundra non è affatto scontato — e anche una scatola di legno verniciata di pece è un miracolo da ammirare con gioia. Come i primi passi lenti e faticosi di una persona che si credeva non avrebbe più potuto camminare. Li paragonereste, voi, ai balzi di un atleta olimpico? Ecco, non fatelo qui, non fatelo con l’Islanda.

Se capite questo, avrete capito tutto.

3 risposte a “L’essenza dell’Islanda”

  1. Infatti, carissimo, preferisco mille volte la scatoletta di legno impecetata, che la chiesona protestante che vuole elevarsi in piena Reykjavik.. 😉

  2. Articolo profondo, bellissimo. Ti avvicina ancor più all’Islanda e all’essenza delle cose. Complimenti Roberto.

  3. Una lezione istruttiva per i viaggiatori snob.

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