Balena spiaggiata sulla costa islandese

Il 12 marzo 2021 si è diffusa la notizia del rinvenimento di un cadavere di balena sulla spiaggia ovest della penisola di Reykjanes, presso la località del faro di Garður, a circa un’ora di auto dalla capitale. Mi sono recato sul luogo, spinto dalla curiosità per quello che è un evento abbastanza raro ed eccezionale.

La prima cosa che ho notato è stato il fatto che il corpo della bestia sembrava piuttosto rigonfio. Ciò però non mi ha stupito: le balene sono estremamente isolate dal loro spesso strato di grasso, visto che vivono anche nei mari glaciali, e la loro temperatura interna resta elevata anche a diversi giorni dopo la morte, cosa che favorisce la fermentazione interna, con conseguente produzione di gas, che possono accumularsi fino a fare esplodere la carcassa. Mi sono avvicinato giusto il tempo di scattare qualche foto e poi mi sono allontanato subito. La sera successiva le autorità hanno messo in guardia sul pericolo esplosioni, invitando la popolazione a non avvicinarsi troppo.

Gli scienziati hanno prelevato dei campioni per lo studio, ma non hanno ancora accertato il motivo del decesso (o quanto meno la notizia non è ancora stata diffusa), pare però abbastanza chiaro che non si tratti di uno dei tragici incidenti che rimbalzano sui giornali. Abbiamo probabilmente a che fare con i resti di un individuo anziano o malato trasportati a riva dalle correnti.

Siamo abituati a pensare agli spiaggiamenti dei cetacei come incidenti dovuti all’azione sconsiderata dell’uomo, o alla confusione degli animali, magari causata anch’essa da attività umane, come l’uso dei sonar. Tuttavia, uno spiaggiamento può anche avvenire solo a seguito di una morte per cause naturali (vecchiaia/malattia), se la carcassa galleggia e le correnti sono favorevoli. Il mare sembra molto lontano, cosa che ha portato alcuni a meravigliarsi, ma questo perché la costa è molto bassa, e quando la marea cala, l’acqua arretra molto di più. In condizioni di alta marea, l’acqua raggiunge l’area dove è adagiato il corpo del cetaceo.

La balena in questione è una megattera di 16 metri: il suo nome deriva dal greco mega/μεγα (“enorme”) e ptera/πτερα (“ali”) con riferimento alla lunghezza delle pinne, che possono raggiungere i cinque metri. È un cetaceo del sottordine dei mysticeti, della famiglia delle balenottere. I mysticeti sono cetacei che, al posto dei denti (che troviamo negli odontoceti, come le orche) presentano una fitta serie di lamine di cheratina, dette fanoni, usate per filtrare plancton e piccoli crostacei. Il nome islandese della megattera è hnúfubakur.

La megattera, grazie al cielo, non è una specie minacciata, e il suo areale occupa tutti gli oceani, con eccezione delle parti più estreme dell’attivo, e di mari interni come il Mediterraneo (dove è stata avvistata raramente) e le braccia di mare tra le isole dell’arcipelago canadese. È famosa per i salti fuori dall’acqua e per gli elaborati canti, che durano diversi minuti e sono ripetuti anche per ore. Hanno chiazze bianche sulle pinne e sul ventre, che permettono agli scienziati di riconoscere i singoli individui. Sulla fronte, sul muso e sulle pinne hanno dei vistosi tubercoli che contengono ciascuno una setola con funzioni sensoriali, un po’ come i baffi di un gatto. Sulla pancia hanno delle scanalature che permettono al ventre di espandersi, come un soffietto o una fisarmonica, aumentando la capacità di immagazzinare acqua, e dunque l’eventuale nutrimento presente in essa.

Nella storia islandese, le balene di grandi dimensioni non sono state cacciate sistematicamente di norma, perché gli islandesi non avevano imbarcazioni tali da permettere la caccia ai cetacei, anche se un minimo di caccia a cetacei (magari quelli di dimensione ridotte) c’è sempre stata. Erano soprattutto gli spiaggiamenti che mettevano a disposizione grasso, carne, olio e anche ossa utilizzabili per l’intelaiatura di costruzioni! (La pelle della balena è ricca di vitamina C, ed è dunque l’equivalente delle nostre arance per le popolazioni dell’Artico, come I groenlandesi). Le balene spiaggiate erano una fonte di ricchezza dunque, in un tempo in cui gli islandesi non potevano certo fare gli schizzinosi. Abbiamo testimonianza di faide mortali scatenate da liti per lo sfruttamento di cetacei spiaggiati, ad esempio nella Saga di Grettir. Jónsbók, codice legale islandese promulgato nel XIII secolo, si dilunga sui diritti di sfruttamento, stabilendo i diritti dell’arpionatore, del proprietario della spiaggia dove si arena una balena, e il dovere di distribuirne una parte ai poveri de circondario, cosa che ne sottolinea il valore che lo spiaggiamento di questi animali aveva per la società nel suo complesso.

L’Islanda non caccia le balene in modo sistematico da lungo tempo. Aveva bandito tale attività nel 1986, ma poi l’aveva ripresa un po’ nel 2006, anche se negli ultimi anni era rimasta solo una compagnia privata che cacciava una piccola quota a fini commerciali (soprattutto per la vendita all’estero). Negli ultimi due anni, nessuna balena è stata cacciata, e si è diffusa sempre di più la consapevolezza che questi cetacei oggi costituiscono una fonte di introito economico assai più redditizia se sono vivi. In tutto il mondo, la caccia alle balene, nel 2012, aveva generato un introito di 31 milioni, mentre il whale watching aveva prodotto 2,1 miliardi di dollari e dato lavoro a 13.000 persone. Gli islandesi non consumano carne di balena in modo abituale, e tanti non l’hanno mai nemmeno assaggiata. Alcuni si sono messi a mangiarla e a difendere la caccia per nazionalismo “di rigetto”, dopo che i soliti attivisti esagitati si erano messi a fare baccano per porsi sul piedistallo morale. E questo merita una riflessione: mi è stato raccontato da una signora faroese che anche la caccia alle balene pilota nelle Føroyar, che tanto traumatizza i nostri animi, sembrava avviata verso il tramonto quando l’attività degli attivisti di Green-peace ha spinto molti faroesi che prima non erano interessati alla caccia a prendere posizione e a dire “sai che c’è? È la mia storia e cultura e la difendo”. Purtroppo anche le buone cause possono rivelarsi controproducenti se operate con premesse e mezzi sbagliati. Andare con arroganza da una popolazione e pretendere che facciano come diciamo noi, perché noi siamo moralmente superiori e più avanzati, mentre loro sono solo dei selvaggi, non è il migliore modo di ottenerne la collaborazione. Io sono assolutamente contrario alla caccia alle balene, ma sono anche assolutamente contrario a certi radicalismi male informati che procedono da una boriosa superiorità morale la quale porta certi individui ad arrogarsi il diritto di dire al prossimo come vivere la propria vita. Gli islandesi ci sono arrivati da soli a capire che le balene conviene a tutti che restino vive (e che conviene anche all’economia).

Un manoscritto del codice legale Jónsbók. Il titolo recita: «Qui comincia la sezione sugli spiaggiamenti, dove si tratta di spiaggiamenti di legname, balene e altre cose».

Nella foto sotto, una miniatura che mostra la lavorazione di una balena spiaggiata; da un manoscritto —contenente il codice legale Jónsbók — della seconda metà del XIV secolo, AM 350 fol., Skarðsbók, collocata all’inizio della sezione sugli spiaggiamenti. Notate come la raffigurazione della balena ricordi quella di un normale pesce, anche se di dimensioni abnormi. È possibile che il copista non avesse mai visto direttamente uno di questi animali e se lo sia immaginato come un enorme pesce.

Ancora oggi, in islandese, un inaspettato colpo di fortuna viene definito “spiaggiamento di balena”, hvalreki, in islandese — pronunciato più o meno “cvàl-réche”: si può sentire l’esclamazione “þvílíkur hvalreki!”/“Un tal spiaggiamento di balena!” o espressioni simili.

Trovarmi davanti a una creatura così grande e imponente, seppur non più in vita, mi ha suscitato emozioni complesse. Un grande rispetto, misto forse ad ammirazione e timore reverenziale. Mi sono avvicinato giusto per mostrare le proporzioni rispetto a me.

Ovviamente è più piacevole osservare questi animali da vivi in mezzo al mare, ma anche la vista di un esemplare come questo rende l’idea della maestosità e della bellezza di queste creature meravigliose, che suscitano rispetto. Nonostante il fatto che fosse senza vita, la creatura emanava un senso di grazia e solennità. «È soltanto un animale!», diranno alcuni, ma è pur sempre un animale che la maggior parte di noi non vedrà mai, specialmente così da vicino.

La carcassa è stata rimossa e trascinata al largo soltanto il 16 marzo 2021, a seguito di proteste: alcune persone avevano vilipeso il cadavere, incidendolo e scarificandolo con simboli volgari. Alcuni addirittura vi si erano arrampicati sopra, mostrando la più totale mancanza di rispetto nonché sprezzo del pericolo, visto il già menzionato rischio di esplosioni. Fa tristezza pensare che possa esistere una tale mancanza di rispetto.

4 risposte a “Balena spiaggiata sulla costa islandese”

  1. Ciao, buongiorno. Grazie, molto interessante questo articolo. A proposito della “Saga di Gunnar”, da due giorni ho iniziato a leggere “la saga di Vigdis” di Sigrid Unset, pubblicata in Italia da Utopia Edizioni, ed uno dei protagonisti è Gunnar di Vadin. C’è qualche legame, o è addirittura lo stesso Gunnar? Grazie, buon lavoro.

  2. Amo l’Islanda e trovo belli e interessanti sia gli articoli che i suoi video. Grazie e tanti auguri per il suo futuro

  3. Che brutto vedere la foto con i bambini sul cadavere della povera balena… Rispetto zero. Grazie per l’articolo!

  4. O mio dio questa è una catastrofe😔😔

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