Sopravvivere all’inverno islandese (o a quello italiano in Lockdown)

Una delle questioni che più preoccupano le persone che intendono spostarsi nella Terra del Ghiaccio è come sopravvivere all’inverno. Inverno che, ahinoi, non solo è freddo, ma anche lungo: inizia a novembre e continua fino ad aprile. Trovandomi ormai al mio settimo inverno in Islanda, sento di aver imparato qualche trucco che posso condividere con i meno esperti. Ho passato inverni tempestosi, inverni nevosi, inverni noiosi, e inverni all’insegna del ghiaccio. Restare bloccato in casa per l’inverno, dunque, non è nulla di nuovo per me e, in tempo di Covid, penso sia utile raccontare queste esperienze non solo per chi vive o vorrebbe vivere in Islanda, ma anche per chi – trovandosi in Italia – si trova per la prima volta costretto ad un isolamento involontario.

Per quanto riguarda le circostanze in cui ci si trova passando l’inverno in Islanda, premessa doverosa, non mi stancherò mai di ricordarlo, è che nonostante la latitudine, l’Islanda non è eccessivamente fredda nelle aree costiere, dove si concentra il grosso dei centri abitati. L’entroterra canadese, o quello degli U.S.A., ma anche certe località nelle Alpi, sono altrettanto fredde se non di più. Non vale soltanto la regola che più si va a nord, più fa freddo. Ci sono altri fattori a influenzare le temperature, come l’altitudine e le masse d’acqua. Il punto più freddo del mondo non è il Polo Nord, ma una cittadina alberata nella Siberia orientale, a sud rispetto all’Islanda. L’Islanda, beneficiando della corrente del golfo, ha temperature medie non troppo lontano dallo zero nei mesi più freddi (ovviamente possono esserci picchi verso il basso e verso l’alto: -5, -10°, oppure +5 o +10°). Naturalmente ciò non implica che l’inverno sia esente da problemi. Se il freddo non è così terribile, il vento la neve, il ghiaccio e le occasionali bufere possono causare più di qualche inconveniente. Può capitare di non poter uscire di casa, o comunque che sia consigliabile evitarlo il più possibile, particolarmente in occasione delle tempeste o delle nevicate eccezionali. Tutte le notti passano efficientissimi spazzaneve, ma non riescono sempre a coprire tutto il territorio, e alcune zone possono restare impassabili.

In effetti, vivendo qui ho dovuto sviluppare strategie di sopravvivenza più o meno sofisticate. Immaginando l’inverno così a nord, spesso ci si chiede: Come si sopporta il buio, l’isolamento e alla pesantezza che essi esercita sulla psiche? Bisogna esserci nati?

Cerchiamo di rispondere a queste domande: intanto cominciamo con il confutare il mito per cui in Islanda ci sarebbero sei mesi di buio. Nemmeno al Polo ci sono sei mesi di buio. In Islanda c’è un minimo di luce anche intorno al solstizio d’inverno, il giorno più breve dell’anno nell’emisfero boreale. Dal solstizio d’estate, il 2- giugno, quando il sole quasi non tramonta e c’è luce tutta notte, fino al solstizio d’inverno, quando il sole rimane sopra all’orizzonte a sud solo due o tre ore, c’è una diminuzione graduale per cui si perdono sei minuti di luce al giorno circa (tre la mattina e tre la sera). Il 21 settembre si hanno esattamente 12 ore di luce e 12 di buio, dopodiché si perde un’ora circa ogni dieci giorni: a fine novembre le ore di luce sono 6, intorno a Natale 3, e poi ricominciano ad aumentare allo stesso ritmo, un’ora ogni dieci giorni. In inverno il sole fa capolino a sud per poi ricadere dietro all’orizzonte, ma poi inizia a sorgere sempre più a est e tramontare sempre più a ovest, fino a quando, intorno al solstizio estivo, sorge a nord-est e tramonta appena appena quasi a nord, dopo aver descritto un cerchio completo intorno al cielo, e risorge poco dopo appena più a est.

Questo stato di cose non è ideale per noi esseri umani. Ci mette a dura prova, è inutile negarlo, ma ci sono diverse strategie che si possono adottare, alcune relative al mero atto pratico del dover vivere in queste condizioni estreme, e altre – forse più importanti – inerenti alla sfera psicologica, che potete applicare anche all’isolamento dovuto al coronavirus.

Per quanto riguarda la sfera pratica, è fondamentale è procurarvi qualcosa di impermeabile. Se vivete qui a lungo termine potrete tranquillamente avere il cappottino elegante da usare quando possibile, ma è molto consigliabile avere un bel giubbotto imbottito impermeabile con cappuccio. Se vi muovete molto a piedi, i copripantaloni sono una benedizione, visto che piove e nevica in orizzontale! Ugualmente, scarpe tecniche o scarponcini in Goretex o simili sono una buona idea quando tutta l’isola è invasa dalla neve per giorni e giorni. Se siete impacciati potete anche acquistare i ramponi da applicare alle suole delle scarpe per non scivolare: li trovate nei supermercati. Sciarpa, guanti e berretta di lana sono imprescindibili, e se riuscite a superare il fastidio del lato fashion, è ottimo avere delle calze di lana islandese da indossare sopra alle calze normali e sopra ai pantaloni (i pantaloni di solito sono troppo stretti per questi calzettoni). Per le belle occasioni, è abbastanza normale arrivare alle feste vestiti con impermeabili e soprapantaloni, per poi cambiarsi le scarpe sul posto. Ci si arrangia così.

Ci si riesce a spostare anche in bici, anche se si deve fare attenzione ai tratti ghiacciati, specie se in discesa. Ho sempre cercato di non uscire quando erano previsti forti venti o piogge battenti, e prestato molta attenzione in curva per via del fondo stradale gelato. Non sono mai caduto in bici, ma sono scivolato diverse volte a piedi sul ghiaccio, e ghiaccio e neve mette a dura prova l’ABS della macchina, la quale nel frattempo ho comprato come upgrade dalla bicicletta. Per guidare in Islanda durante l’inverno è necessario saper giocare molto con il freno motore. Frenare su neve e ghiaccio è sempre un rischio, meglio scalare le marce e rilasciare la frizione piano piano per dare modo al motore di rallentare (e magari frenando appena appena nel mentre).

Per ciò che concerne il buio, devo ammettere che a me non ha causato problemi il primo inverno. Secondo mia madre era perché anche in Italia vivevo rinchiuso nel mio sarcofago (come chiama la mia stanza), tenendo le tapparelle abbassate. Non è esattamente vero, e comunque il riflesso della luce italica sullo schermo del computer durante il giorno era fastidioso, per questo tenevo le tapparelle abbassate. In ogni caso la mancanza di luce non mi ha mai causato depressione. L’unica cosa che noto è che a volte faccio più fatica del solito ad alzarmi la mattina, ma la risposta del corpo varia di anno in anno. Alcuni inverni pesano di più e altri meno. La neve aiuta molto: nonostante il fastidio che può arrecare, gli islandesi amano la neve perché crea bagliore. Nel cuore dell’inverno, senza la neve, l’atmosfera può essere molto cupa. Troverete in ogni caso diversi islandesi D.O.C che vi confermeranno come non ci si abitui mai al buio. Molti di loro ne soffrono pesantemente, dal che se ne deduce che “esserci nati” non è una garanzia.

Ho quasi sempre assunto l’olio di fegato di merluzzo. Non so se sia solo un mito che aiuti a combattere tutti i malanni dell’universo, ma le autorità sanitarie islandesi insistono tantissimo sul suo consumo regolare (un cucchiaio pieno ogni mattina!), e io certamente non mi sono mai ammalato in inverno da quando sono qui. La cosa che mi è stata detta subito all’incontro di orientamento all’inizio del mio primo anno, quando ero uno studente in studi medievali islandesi, è quanto sia importante socializzare. Più passano gli anni, più mi accorgo di quanto questo sia il punto fondamentale. Gli islandesi socializzano tanto, coltivano le loro relazioni familiari e amicali, organizzano tante cene e occasioni, e cercano di tenersi occupati con attività che contribuiscono alla creazione di un’atmosfera accogliente all’interno. Quando il tempo o la pandemia rendono impossibile incontrare gli amici, una bella alternativa è ritagliarsi momenti per delle videochiamate, accompagnate da qualcosa di piacevole come una cioccolata calda o un tè profumati alla cannella o a qualche altro aroma che evoca memorie piacevoli. Io chiamo regolarmente i miei genitori, mia sorella, le mie nonne e vari amici della mia natia Cremona, oltre a rimanere in contatto con i miei amici qui in Islanda. Mantenere vivi i contatti, seppur in forma digitale, aiuta a combattere il senso di isolamento.

Un gesto che, pur sembrando stupido e inutile, si rivela sempre vincente, è quello di accendere candele. Invece di abbaglianti e asettiche luci artificiali, provate a sedere al tavolo della colazione o della cena con delle luci soffuse di candela: non saprei spiegare perché, ma hanno un effetto psicologico incredibile, tanto che l’autorità sanitaria islandese consiglia di farlo nelle sue linee guida su come affrontare l’inverno.

Un importante ed efficace modo per rendere la permanenza forzata in casa più sopportabile è rendere la propria casa più accogliente. Molti di noi italiani, specie al sud, hanno un po’ la fissa di tenere la casa come uno specchio nel caso “arrivi qualcuno”, e vivono soprattutto all’esterno, magari addirittura non usando certe stanze come il salotto o la sala da pranzo per non intaccare la loro asettica perfezione da catalogo di un mobilificio. In Puglia ho visto casi estremi di gente che viveva in una sola stanza in quello che credevo essere un tugurio su un terrazzo, salvo poi fare “il giro della casa” e scoprire che avevano una reggia tirata a lucido ai piani inferiori: finestre sbarrate, porta sigillata, divani coperti…e nulla faceva pensare che fosse la casa di qualcuno. Sembrava l’installazione di un catalogo da negozio di mobili e casalinghi. Bisogna superare questa fissa, se si è costretti a non uscire. I giudizi degli altri per un soprammobile fuori posto sono solo nella nostra testa, e se anche fossero reali, non dovrebbero essere un nostro problema: la casa è un luogo creato per un nostro bisogno, non per fare sfoggio con gli altri. Entro certi limiti di pulizia e ordine, non c’è nulla di male ad avere una casa vissuta.

Quando si è costretti a stare al chiuso per il buio, il freddo o il COVID-19, può essere di immenso aiuto decorare la casa: candele e luci natalizie, secondo gli psicologi, hanno un effetto positivo sulla psiche perché evocano memorie di momenti di gioia e serenità; è buona cosa sfruttarle il prima possibile, in caso di bisogno. Leggere libri, bere insieme qualcosa intorno al tavolo con una candela accesa e qualcosa da sgranocchiare in mezzo, mettere musiche piacevoli in sottofondo e azzardarsi a sporcare qualche pentola in più per preparare qualcosa tutti insieme sono tutte attività che hanno benefici comprovati sul nostro umore (la gioia di fare attività insieme, in famiglia o con gli amici, ripaga abbondantemente il fastidio di dover pulire poi; per combattere la malinconia bisogna darsi un colpo di reni, e se non siete disposti a usare la casa perché non volete disordinarla o sporcarla partite malissimo: le case sono fatte per essere vissute, a maggior ragione quando siete costretti a restarci dentro per cause di forza maggiore!).

Foto dell’amico Marco Di Marco.

Profumi, suoni e stimoli visivi particolari come quelli elencati sopra sono il vero segreto per superare l’inverno. In Islanda viene vissuta con molta trepidazione l’attesa del Natale: avere qualcosa da attendere con ansia è una delle forze propulsive più potenti per l’animo umano. Se appartenere alla genia dei detestatori del Natale (ne conosco tanti italiani, ma nemmeno uno islandese), forse significa che il Natale lo avete sempre fatto sbagliato: fate uno sforzo per plasmarvi un Natale che, una volta finito, ricorderete con nostalgia e non vedrete l’ora di ripetere l’anno successivo. Quando possibile, in Islanda è importante approfittare delle ore di luce per fare due passi all’aperto: passeggiare nella neve è un’ottima idea per temprare lo spirito. Altrimenti si possono passare i pomeriggi con gli amici in qualche caffè molto cozy sorseggiando cioccolata, e leggendo o lavorando a maglia. Alternativamemte si può andare in piscina (quando le autorità sanitarie non ne hanno decretato la chiusura!). Stare a mollo nell’acqua calda col vento gelido e la pioggia sulla testa che gela nei capelli è un ottimo modo di socializzare. Io solitamente mi reco alla Vesturbæjarlaug (“piscina termale del borgo dell’ovest”), nell’area ovest di Reykjavík. Non è la più bella (quella, secondo me, è una che si trova più lontano, a Laugardalur) ma è una specie di istituzione. Potete pensare a un modo migliore di trascorrere i lunghi inverni sub-artici?

Non ho visto persone uscir di senno per il buio. Conosco alcuni che hanno comprato una lampada UV, e per alcuni aiuta molto a svegliarsi la mattina. Sopravvivere all’inverno islandese, o all’isolamento in generale, non è una missione impossibile, ma richiede uno sforzo proattivo da parte vostra e un impegno costante per non cadere preda della malinconia. Dandosi il famoso colpo di reni, si può tirare avanti fino alla luce carica di speranza della primavera, e poi a quella che non muore mai dell’estate.

3 risposte a “Sopravvivere all’inverno islandese (o a quello italiano in Lockdown)”

  1. Un po’ ti invidio, forse ti invidio molto a dir la verità…posso solo immaginare gli scenari, le atmosfere, i paesaggi innevati e i profumi che qui da me non posso più incontrare…

  2. Ciao Roberto, ho letto tutto d’un fiato ciò che hai scritto, e condivido pienamente l’entusiasmo nel rendere più “gioiose” possibili le giornate chiusi in casa a prescindere se ci si trova come te in Islanda o altrove. Io vivo a Torino, e credimi per settimane il sole lo vediamo per poche ore al giorno, ma per via dello smog e delle nubi basse che dall autunno alla fine dell inverno sembrano far parte del contesto paesaggistico. Grazie per i consigli, ritrovo nelle tue parole una carica emotiva veramente notevole!

  3. Bell’articolo Roberto, efficacissima descrizione delle atmosfere dell’inverno artico, il mio sogno ad occhi aperti… Condivido con te un viscerale amore per l’Islanda e soprattutto per l’inverno islandese, fin dal primo viaggio mi ha catturato!!
    A presto Islanda!!!

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