Le rune

La disciplina che si occupa delle rune è la runologia. Per runologia si intende uno studio accademico indirizzato soprattutto ad analizzare i testi scritti in rune in quanto testimonianze storiche. Nulla a che vedere, dunque, con la “runologia” intesa come attività esoterica volta a predire il futuro in voga negli ambiti neopagani contemporanei. Il runologo studia le rune come artefatti culturali, e come testimonianza di uno stadio arcaico di certe lingue germaniche, al fine di tracciarne l’evoluzione storica, la differenziazione dialettale (o la sua assenza), e si occupa di renderne il significato nel suo contesto storico per poter essere interpretato poi da storici o archeologi che ne utilizzeranno le informazioni per ricomporre il puzzle del passato.

La pietra di Jelling, sulla quale il re Haraldr Denteblu fece commemorare la sua unificazione della Danimarca e cristianizzazione dei danesi nel X secolo.

Le rune sono un sistema di scrittura alfabetico (anche se alcuni insistono sul non voler usare il termine alfabeto per la fase più antica, perché l’ordine delle lettere non iniziava con a e b, ma per altri “alfabeto” è un qualsiasi sistema di scrittura che rappresenta con simboli grafici i fonemi, ovvero le unità sonore, di una lingua). Questo sistema fu utilizzato nell’Europa centro-settentrionale a partire dal II secolo d.C., e il loro sviluppo è probabilmente da ricercarsi nel contatto delle tribù germaniche con l’impero romano. La tesi oggi più accreditata tra i runologi è che esse siano state modellate a partire dall’alfabeto latino, e non da uno degli alfabeti simili in uso nell’Italia settentrionale (come viene ancora oggi insegnato in alcuni corsi di filologia germanica) perché in tal caso ci aspetteremmo una profusione di reperti runici in corrispondenza del confine tra il mondo nord-italico e quello germanico – nell’attuale Germania meridionale, mentre il cuore dei ritrovamenti di iscrizioni runiche più antiche è la Danimarca e parte della Svezia e della Norvegia meridionali.

Dal momento che l’archeologia, negli ultimi decenni, ha rivelato l’esistenza di intensissimi contatti tra il mondo romano e quello scandinavo (la Danimarca abbonda di monete e reperti romani, pur non essendo mai stata sotto il controllo romano), è più prudente individuare l’alfabeto runico come un’importazione dal mondo romano adattata alle esigenze linguistiche del mondo germanico arcaico. La maggior parte delle lettere runiche possono essere derivate da quelle latine, applicando alcune regole grafiche che ne giustificano le differenze (per esempio, le rune non possono avere tratti orizzontali, perché incidendoli sul legno, si confonderebbero con le venature del materiale.

Una volta si riteneva che le rune fossero nate come uno strumento magico, ma oggi questa tesi non è più sostenuta: le iscrizioni runiche più antiche sono di tipo onomastico, la gente incideva il proprio nome su oggetti di uso quotidiano o su armi. L’uso commemorativo sulle lapidi si diffonde dalla metà del primo millennio e solamente in Scandinavia. Esistono anche oggetti, come bracciali, medaglioni e amuleti che riportano iscrizioni estremamente sintetiche e di difficile interpretazione – non ultimo perché non sappiamo quasi nulla della società che li ha prodotti, se non quel poco (e incerto) che possiamo dedurre dall’archeologia. Questi oggetti vengono spesso interpretati con una valenza magica, ma si tratta di una scappatoia. Il più delle volte, quando viene detto che un’iscrizione aveva una valenza magica, si deve intendere “non abbiamo la più pallida idea di cosa significhi”. I runologi partono da premesse diverse sul contesto, e questo influenza poi l’interpretazione che viene data ad iscrizioni ambigue o misteriose: uno scettico vedrà scarabocchi fatti come esercizio, uno più convinto del valore magico vedrà qualche formula.

Riporto un esempio del professor M. P. Barnes ché dovrebbe illustrare quanto brancoliamo nel buio rispetto alle rune: «immaginate che la nostra civiltà non lasci altro dietro di sé che 400 iscrizioni circa. Un archeologo del futuro ne troverà una molto rovinata che sembra riportate una parola in inglese del XXI secolo: wordperfect. Lo studioso del futuro dovrà capire se si tratta di una parola o di più parole, se sia un verbo o un nome, e se abbia connotazione religiosa. Può essere un commando da leggere come “scrivi perfettamente”? Oppure immaginiamo che il testo sia giunto nel futuro molto danneggiato, pieno di graffi e scheggiature: qualcuno potrebbe leggervi una ‘s’ iniziale e concludere che si tratti di swordperfect, e non sapendo praticamente nulla sulla società del XXI secolo concluderebbe che si tratti di un’iscrizione connessa ad un luogo di produzione di armi bianche, o al sito di una battaglia. Altri potrebbero invece pensare che la lettura corretta sia wortperfect (a volte la stessa runa può rappresentare suoni simili, come t/d), e che il reperto sia da collegare a pratiche religiose che implicavano l’uso di allucinogeni (wort in inglese sta per “erba medicinale”).»

Da questa ipotesi per assurdo è possibile dedurre la natura fortemente speculativa di ogni interpretazione volta a trattare le rune come prodotto di una sfera culturale: sappiamo semplicemente troppo poco delle rune o della società che le ha prodotte per poter azzardare ipotesi nette sul loro significato.

Da qualche decennio, nella cultura pop, abbiamo assistito ad un imponente sviluppo nell’utilizzo delle rune come strumento divinatorio e magico. Vengono venduti libri e kit con rune incise su tasselli di diverso materiale. In questi casi, ogni lettera è vista come un simbolo magico che incapsula un potere speciale, di solito dedotto dai loro nomi, che i filologi hanno ricostruito a partire da testimonianze tarde in anglosassone, islandese e norvegese. Per esempio la lettera ᚠ sarebbe associata a ricchezza e prosperità – sicuramente perché il suo nome *fehu significa “bestiame/ricchezza” (la parola è imparentata con il latino pecus (pecora) da cui pecunia (denaro). Queste interpretazioni sono però da inquadrarsi come elaborazioni religiose attuali, e non hanno nessun riscontro nelle fonti antiche. Non esistono testi che illustrino il valore magico proprio di ogni lettera, e i pochi passaggi letterari che sembrano suggerire una valenza magica dei segni sono in realtà ambigui e potrebbero benissimo riferirsi a formule magiche estese scritte usando le rune come lettere. In questo contesto, le rune sono, appunto, soltanto dei segni grafici che, proprio come le lettere di ogni altro alfabeto, potevano essere usate per scrivere parole o formule magiche. L’uso attuale delle rune, pur essendo un fenomeno moderno, e dunque slegato dal passato storico di questo sistema di scrittura, è comunque un fenomeno legittimo, e che un domani desterà senza dubbio la curiosità degli studiosi, che faranno di queste pratiche del terzo millennio – ispirate alle rune del primo – un oggetto della loro ricerca. Dico questo perché spesso si vede un asse contrapposto da un lato del quale stanno i filologi o i runologi, e dall’altro gli utilizzatori attuali delle rune. I primi insistono sull’infondatezza storica delle pratiche attuali, i secondi rivendicano il diritto di crearsi una sfera spirituale con le simbologie che più li aggradano. Lo scontro nasce quando l’insistenza sul fondamento storico si traduce nella negazione del diritto di elaborare il retaggio del passato in forme spirituali nuove da un lato, oppure quando si cerca di conferire a pratiche spirituali nuove una storia antica falsificando il passato.

Tornando invece alla storia, le rune sono dunque da vedersi, in senso storico, essenzialmente come un sistema di scrittura che ha assolto a varie funzioni nel corso della sua storia, e che è stato soppiantato dal diffondersi dell’alfabeto latino e della pergamena. Nonostante interessanti esperimenti o “giochi” antiquari, come il codice danese del 1300 detto “Codex Runicus”, le rune erano più comode per l’incisione, essendo composte esclusivamente da linee rette.

Il Codex Runicus, una copia in rune della noiosissima raccolta di leggi della Scania (regione anticamente danese che oggi corrisponde alla punta meridionale della Svezia). Non contiene magie o segreti occulti, ma leggi!

Esistono diversi alfabeti runici, perché le lingue germaniche di sono evolute nel tempo e hanno elaborato diversi sistemi per rappresentare i loro suoni. Quando si prende in esame un alfabeto runico, dunque, è necessario avere ben chiara la sua collocazione storica, per evitare di accostarlo in modo anacronistico a fatti o momento storico che con esso non hanno nulla a che vedere. Ad esempio, per uno studioso accademico che conosce la storia di questi segni, vedere l’alfabeto fuþark antico accostato, riportato qui sotto, ad iconografie vichinghe fa davvero strano: sarebbe come decorare con l’alfabeto etrusco del merchandising dedicato alla Roma imperiale.

ᚠᚢᚦᚨᚱᚲᚷᚹ•ᚺᚻᚾᛁᛃᛇᛈᛉᛊ•ᛏᛒᛖᛗᛚᛜᛝᛟᛞ

Questo alfabeto è scomparso dall’uso nel secolo precedente all’inizio del periodo delle incursioni vichinghe, per cui è assurdo vederlo accostato ai vichinghi nella cultura popolare. I riferimenti ai vichinghi in qualsiasi prodotto culturale – libro o oggetto – che include questo alfabeto sono assolutamente anacronistici, come il portachiavi qui sotto, che riporta il nome dell’Islanda in un alfabeto che in Islanda non è mai stato usato e che è caduto in disuso più di un secolo prima dalla sua colonizzazione:

Negli ultimi due/tre secoli del primo millennio, ovvero il periodo conosciuto come “vichingo”, si diffonde in Scandinavia un alfabeto runico semplificato detto fuþark recente. È questo l’alfabeto usato per scrivere la lingua antico-nordica:

  • ᚠ = f/v
  • ᚢ = u/w, o, ø
  • ᚦ = þ, ð
  • ᚬ= ą, o, æ
  • ᚱ = r
  • ᚴ = k, g
  • ᚼ= h
  • ᚾ = n
  • ᛁ = i, e
  • ᛅ = a, æ, e
  • ᛦ = ʀ
  • ᛋ = s
  • ᛏ = t, d
  • ᛒ = b, p
  • ᛘ = m
  • ᛚ = l

Le iscrizioni del periodo medievale incise con questo alfabeto (o innumerevoli varianti di esso), sono estremamente abbondanti, e ne ritroviamo per tutto il mondo nordico, fino alla Groenlandia. Si trovano su monumenti, chiese, pietre, oggetti quotidiani, monete, “cartellini” in legno per segnalare proprietà, pergamena…e sono usate in tutti i modi possibili e immaginabili. Troviamo spesso rune utilizzate per trascrivere testi in latino, come preghiere (ave Maria e Padre nostro), oppure poesie, anche latine (troviamo “omnia vincit amor”), ma anche messaggi brevi su bastoncelli di legno (una sorta di SMS medievale), alcuni dei quali a sfondo sessuale ed estremamente volgari.

Le rune sono una scelta molto comune per i tatuaggi. Il problema è che spesso vengono usate in modo scorretto; ad esempio si usa spesso la versione antica del fuþark per scrivere in antico nordico-islandese, o anche in islandese moderno, mentre questa lingua (o meglio: queste die fasi storiche della stessa lingua) sono state rappresentate utilizzando un alfabeto runico diverso, oppure si mescolano caratteri da serie diverse. Un buon esempio è il seguente monogramma ideato in occasione di un concerto della famosa band islandese Sigur Rós:

Un esempio di “mappazzone”: hanno usato ed unito le seguenti lettere runiche per scrivere il nome Sigur Rós: ᛍᛁᚴᚢᚱ ᚱᛟᛍ, peccato abbiano mescolato alfabeti diversi. La forma corretta con le lettere runiche del periodo delle incursioni vichinghe dovrebbe essere ᛋᛁᚴᚢᚱ ᚱᚢᛋ oppure ᛌᛁᚴᚢᚱ ᚱᚢᛌ. La lettera ᛍ è una forma medievale più tarda, e se si usa quella allora si deve – per coerenza – usare anche le forme medievali delle altre lettere, ottenendo ᛍᛁᚵᚢᚱ ᚱᚮᛍ. Mentre ᛟ è una forma dell’alfabeto runico antico usata tra il II e il VIII secolo, scomparsa prima dell’inizio del periodo vichingo e della colonizzazione dell’Islanda. Si potrebbe definire “errore da matita blu”.

Per farvi capire l’effetto che provoca su qualcuno che si intende di rune, eccovi il mio nome scritto mescolando lettere latine, greche ed etrusche:

Ro𐌁𐌄ϱ𐌕𐌏

Per curiosità: questo è il modo con cui spesso si possono identificare i falsi. Il falsificatore spesso non possiede la dimestichezza per evitare errori come il mescolare simboli di serie diverse, e per il runologo l’effetto visivo è come quello di “Ro𐌁𐌄ϱ𐌕𐌏” per voi: si nota subito che c’è qualquadra che non cosa!

Altra questione tangenziale sono i simboli magici, che vengono libera(l)mente definiti rune ormai ovunque sul web, ma che con le rune non c’entrano nulla, perché le rune sono lettere alfabetiche, non simboli magici o sigilli. Per approfondire, puoi leggere l’articolo dedicato che ho linkato, e anche questo.

Se desiderate tatuarvi delle rune, o un simbolo magico, assicuratevi di aver consultato un esperto di lingua antico-nordica che abbia dimestichezza con le rune. I tatuaggi sono “scelte” impegnative, e gli errori non sono eliminabili con il correttore!

Una risposta a “Le rune”

  1. Finalmente un articolo sulle rune di stampo accademico e non amatoriale, esoterico. Potresti consigliarmi dei libri sulle rune e sulla cultura scandinava che riguardino l’aspetto storico, linguistico e archeologico? Purtroppo su internet si trovano solo libri di carattere esoterico e divinatorio.
    Grazie in anticipo!
    Graziella

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