Perché l’Islanda potrebbe non fare al caso tuo

Dopo quasi nove anni di vita in Islanda, forse non posso ancora dirmi un veterano (in fin dei conti ci sono alcuni italiani che ci vivono da trent’anni), ma ho imparato davvero tante cose di questa società. Particolarmente perché mi ci sono trasferito a un’età, ventitré anni, in cui ero ancora abbastanza duttile e malleabile da plasmarmi e adattarmi ad essa anziché incastrarmici in qualche modo più o meno scomodo. Ci sono diversi italiani che mi fanno domande sulla vita in Islanda, e se quelli che effettivamente provano a trasferircisi sono solo una piccola parte di quelli che sognano farlo, quelli che poi restano sono una frazione ancora più esigua. Ciò è dovuto a difficoltà specifiche che gli stranieri devono affrontare quando si muovono qui, e sebbene ne abbia menzionate in diverse occasioni, non le ho mai trattate sistematicamente, ragion per cui dedicherò questo post ad esse, a beneficio di chi ha bisogno di avere le idee più chiare in merito.

[N.B. questo post non vuole essere un deterrente. Tra tutti i post che pubblico sono davvero pochi quelli che non fanno venire ai miei lettori o seguaci la voglia di correre in Islanda, per cui – anche per onestà intellettuale – ritengo non soltanto lecito, ma proprio doveroso il presentare anche gli aspetti meno brillanti della vita in Islanda]

Ora affrontiamo la questione; il problema principale, per chi si trasferisce in Islanda sono le aspettative deluse. Leggiamo troppe panzane in rete su come l’Islanda sia un paradiso di egualitarismo, dove tutti vivono ricchi, felici e in armonia, dove il governo è buono e altruista, dove non si ruba e i bambini giocano liberi e felici per le strade senza timore che accada loro qualcosa, vediamo un sacco di foto modificate di aurore boreali, di maglioni di lana islandese, e di casette di legno e lamiera colorate, e di paesaggi incontaminati. Quando poi uno si trasferisce, scopre neanche troppo lentamente che le cose non stanno esattamente così.

Ho pensato molto a come impostare questo discorso, che è molto serio e importante perché tocca la vita delle persone, le loro risorse economiche, i loro sogni e molto altro. Scegliere di trasferirsi è una scelta pesante e difficile sotto molto aspetti, e proprio per questo va ponderata nei dettagli. Non farò i soliti paragrafi ed elenchi puntati parlando in modo astratto di vari problemi a cui va incontro lo straniero, perché voglio essere molto incisivo, e a tale scopo parlerò di queste difficoltà come se dovessi raccontare una storia, rivolgendomi a voi lettori così che siate incoraggiati ad immedesimarvi:

«Vi siete innamorati dell’Islanda. Quelle foto di Kirkjufell con le due cascate in primo piano e l’aurora boreale che danza vi hanno trafitto il cuore. In Italia c’è troppo cemento e troppo chiasso, e vi sentite bloccati e annoiati. Alla fine prendete e vi trasferite, quasi sicuramente a Reykjavík, perché di opportunità lavorative nei villaggi di pescatori da 200 abitanti ce ne sono poche, o magari provate lo stesso a lavorare in un villaggio di pescatori, ma poi vi accorgete di non riuscire a fare amicizia con i locali, che hanno amici e una rete sociale stretta nella zona fin da quando sono nati, e che si stancano a provare a includervi quando non riuscite ad avere una conversazione in islandese. Poi nelle campagne ci sono meno svaghi e meno opportunità. Allora vi stufate di passare tutti i sabati sera soli a guardare Netflix, e magari vi viene voglia di comprarvi un libro, ma non ci sono librerie da voi quindi scendete a Reykjavík. La città non vi piace e preferite l’atmosfera della campagna, ma a forza di scendere per sbrigare commissioni vi si insinua nella testa l’idea che, forse, nella capitale avrete più opportunità e troverete finalmente quello che cercavate. Dunque finite sempre e comunque a Reykjavík. Arriva il primo inverno, poi magari il secondo e il terzo. All’inizio non sembrava neanche male, ma dopo un po’ inizia ad arrivarvi l’angoscia per l’avvicinarsi del buio. Gli islandesi superano l’inverno facendo squadra e preparandosi al Natale, ma voi non siete abbastanza ben inseriti da partecipare, e magari nemmeno vi piace il Natale perché in Italia non facevate nulla di speciale se non andare in chiesa e pranzare con parenti che non sopportavate. Trascurate di prendere l’olio di fegato di merluzzo perché vi sembra una sciocchezza. I mesi passano e il vostro umore peggiora. Nel mentre vi rendete conto che gli articoli letti in rete sul paradiso islandese non vi avevano raccontato tutta la storia: i divari sociali in Islanda possono essere molto ampi, e le fasce di reddito più basse – in cui è molto probabile che vi troviate anche voi – pagano davvero troppe tasse rispetto alla ricchezza che resta in mano a quelle più alte. Iniziate a fare turni massacranti per guadagnare qualcosa di più, tanto amici e famiglia da coltivare non ne avete ancora perché siete nuovi. Con il tempo però iniziate ad accusare una certa malinconia che può trasformarsi in solitudine e angoscia. Se vi siete trasferiti senza un piano, a parte il trasferirvi, è facile che vi troviate isolati, affaticati e delusi. La società intorno a voi, di conseguenza, inizierà a sembrarvi meno idilliaca: noterete che nelle notizie compiono spesso casi di corruzione, ogni tanto emerge qualche omicidio e vi renderete conto che lasciare il telefono incustodito non è sempre una buona idea nemmeno qui. Poi scoprite che spesso non si riescono ad ottenere servizi o aiuti senza conoscere qualcuno o essergli parenti, inoltre l’ufficio tasse vi frega un sacco di soldi i quali salta poi fuori che avreste potuto tenere se solo aveste presentato il tal documento che tutti si sono ben guardati dal menzionare. Ogni tanto comprate qualche libro su Amazon, ma quando andate a ritirarlo all’ufficio postale vi chiedono di pagare una tassa di gestione del doppio del valore del libro. Un giorno vi ammalate e andate dal dottore. Non avevate prenotato e quindi vi chiedono un ticket all’uscita. Questo per 10 minuti in cui il dottore vi manda da uno specialista. Lo specialista vi chiede 80€ per dirvi di prendere una medicina che ne costa 100€ in Islanda ma che in Italia è pagata dalla mutua. Nel mentre piovono le notizie delle spese pazze dei parlamentari, di casi impuniti di evasione fiscale, e del governo che taglia le tasse ai più ricchi. Può capitarvi poi di scoprire che i vostri colleghi islandesi siano pagati di più per lo stesso lavoro che fate voi, e l’affitto che pagavate in nero per risparmiare perché vi siete fidati del sorriso sornione del padrone di casa si è rivelato una pessima idea perché una volta che il suo figlio imbecille ha fallito la carriera di artista neo-post-decostruttivista ad Amsterdam, il vostro alloggio ora serve a lui per studiare la prossima mossa, e il padrone di casa vi sbatte fuori di casa senza appello. A quel punto vi tocca trovare un alloggio diverso, ma Air BnB e la quasi totale mancanza di intervento statale che freni questo mercato selvaggio significa che non ci sono alloggi in centro adatti alle vostre tasche, quindi dovete spostarvi nella periferia più lontana per potervi permettere l’affitto. Data la distanza e i mezzi pubblici imbarazzanti vi serve una macchina. Costano carissime, quindi iniziate a cercare un lavoro più redditizio, magari nell’ambito delle vostre competenze universitarie, ma visto che non siete programmatori informatici o tecnici richiestissimi, scoprite ben presto che se non sapete l’islandese non avete molta speranza di fare altro che i camerieri. Allora vi mettete a imparare l’islandese. Nel mentre frequentate soprattutto stranieri, magari della vostra stessa nazionalità, perché come in tutte le realtà piccole e omogenee, entrare nei giri è difficilissimo, quindi fraternizzate con chi è nella vostra stessa situazione. Vi fate tanti amici stranieri e pochi islandesi. Passando molto più tempo con gli stranieri, il vostro islandese non migliora abbastanza rapidamente, e il fatto che anche loro siano nella vostra stessa situazione (poco inseriti e senza una posizione stabile nella società) fa sì che anche socialmente non avete fatto molti progressi. Gli stranieri, poi, tendono ad andarsene abbastanza rapidamente. Sono relativamente pochi quelli che restano in Islanda, rispetto alle ondate di lavoratori e studenti temporanei. Dunque molti dei vostri nuovi amici durano lo spazio di pochi mesi o un annetto. Alla vostra età trovarsi amici nuovi è molto più difficile perché ognuno ha già più o meno la sua vita e troppi casini a cui pensare. Iniziate a soffrire molto la solitudine. Per combatterla uscite spesso la sera, e per socializzare quando siete fuori spendete una fortuna in birra. Nella vita di tutti i giorni faticate a interpretare documenti complessi e a capire i vostri diritti, quindi perdete denaro e tempo. A questo punto iniziate a lamentarvi del sistema marcio con i vostri amici stranieri, che non fanno altro che confermare. Poi iniziate ad invidiare e a odiare gli italiani che magari conoscete e che sono bene inseriti, preferendo continuare a frequentare quelli che sono nella vostra stessa situazione, finendo dunque per precludervi possibilità di agganci importanti. Si instaura poi un circolo vizioso che vi porta a una spirale di negatività: le aurore le avete viste, ma mai belle come nelle foto, e non potete uscire dalla città per vederle meglio perché non avete la macchina o avete impegni di lavoro, o problemi vari, Reykjavík vi appare grigia e congestionata dal traffico, oppure il Paesino dove vivete vi sembra un avamposto degradato e vuoto senza nulla da offrirvi, la vostra casa è un blocco di cemento e i maglioni islandesi costano metà del vostro budget mensile per la spesa. Non avete nessun amico islandese, al massimo conoscente, e a volte non vi sembra nemmeno di vivere in Islanda, ma in una sorta di recinto delimitato. Vorreste tornare in Italia dai vostri vecchi amici e dalla famiglia, ma i biglietti aerei costano uno sproposito. Se tornate troppo spesso vi prosciugate il conto, quindi vi tocca tornare una, massimo due volte all’anno. Resistete un po’ perché avete fatto tanta scena e vi siete magari vantati troppo con gli amici della vostra scelta, ma poi cedete e ve ne andate. Oppure, peggio ancora, vi tenete dentro la vostra infelicita ma rimanete lo stesso. O per non ammettere il fallimento, o perché vi sentite intrappolati.»

Sembra una storia abbastanza triste e tragica, ma vi assicuro che è molto vicina alla realtà e potrei menzionarvi diverse persone che ho conosciuto le quali ci sono passate più o meno negli stessi termini.

L’Islanda è un Paese con punti di forza e debolezze, ed è molto più facile affrontare le seconde de si accetta questo fatto serenamente dall’Inizio. Venire in Islanda con l’idea di vivere in una favola significa andare a sbattere coi denti contro la dura realtà delle circostanze reali. A tal proposito, in modo più schematico, a mio modesto avviso, l’Islanda potrebbe non essere una buona scelta per te se:

  • Sei timido. Sei tu l’ospite, se le amicizie non le crei tu e non le mantieni con tutta la fatica che ciò richiede, nessuno lo farà per te. E credimi, anche al più misantropo eremita prima o poi tocca interagire con altri umani. Io faccio fatica ad approcciarmi agli sconosciuti: ho dovuto darmi un colpo di reni e farmi avanti. All’inizio ero sempre io a invitare. Non mi veniva mai detto no, ma magari non vedevo la stessa iniziativa. Poi, perseverando, si sono abituati alla mia presenza nella loro vita. Bisogna avere pazienza e perseveranza.
  • Non sei disposto a investire tanto tempo e risorse per imparare la lingua. Gli islandesi hanno famiglia e amici di una vita, se non sei ben inserito – se non parli la lingua e non capisco la loro cultura – potresti soffrire molta solitudine, oppure limitarti a frequentare stranieri. Il problema è che questi vanno e vengono, e in molti casi finiresti per spendere mesi o anni coltivando un’amicizia che poi dovrà fare i conti con oceani e continenti.
  • Vuoi avere una carriera lineare e sicura: qui si può perdere il lavoro a qualsiasi età e la gente si reinventa continuamente cambiando lavoro spesso. Se ti aspetti di fare lo stesso lavoro per decenni sopra decenni, sei nel posto sbagliato.
  • Ami la puntualità e l’organizzazione. L’Islanda è una terra di improvvisatori: quando vivi in una terra che è preda dei capricci della natura è più importante saper improvvisare rispetto al saper pianificare. Ritardi e disorganizzazione sono frequenti.
  • Non puoi fare a meno del cibo italiano. Molte cose non si trovano. Se per te le ricette della nonna sono il sale della vita (e hai tutta la mia comprensione), vivere in Islanda potrebbe risultarti molto difficile. Adattare le tue abitudini alimentari è un passo decisivo.
  • Hai fretta di fare soldi. gli stipendi non sono alti rispetto al costo della vita, e risparmiare è difficilissimo. Scordati di comprare casa in fretta e furia, senza aiuti o lavori ad alto profitto.
  • Ti aspetti molto dal sistema sanitario. Quello islandese non è al livello di quello delle più ricche regioni italiane. Qui curano i sintomi con le aspirine e tanti auguri a curare la malattia, figuriamoci il paziente! Le strutture sono modernissime e con macchinari d’avanguardia, ma i costi posso essere elevati.
  • Tieni all’efficienza. Il servizio nei ristoranti e negli uffici è lentissimo.
  • Ami il sole. Il clima e il buio possono sfiancare anche quelli di voi che sono vampiri inside.
  • Ti trovi a tuo agio con le gerarchie ben definite: in Islanda si discute quasi alla pari tra capo e sottoposto. Ho conosciuto ingegneri di aziende islandesi che hanno collaborato con colleghi italiani e hanno riportato che le incomprensioni nascevano dal fatto che gli italiani sono abituati a dare ordini e vederli eseguiti, mentre gli islandesi si aspettano degli input dai lavoratori e discutono insieme il da farsi. Non aspettarti deferenza, trattamenti ossequiosi e salamelecchi per il fatto di essere più anziano, ricco, o con un lavoro importante. Qui si dà del “tu” anche al presidente.

Se a qualcuno capitasse di leggere questo articolo come primissimo impatto con i miei scritti, consiglio vivamente di consultare il resto del mio blog e della mia pagina Facebook, prima di precipitarsi a tirarmi insulti quali “il solito italiano, sputi nel piatto in cui mangi, è un complotto per tenere italiani migliori di lui lontano e non avere la concorrenza”. Ho sempre aiutato altri italiani quando ho potuto, non manco mai di rimarcare quanto ami la mia vita in questo Paese, e non mi stanco mai di ripetere che preferisco vivere qui che in Italia per una serie di motivi che non ripeto qui.

Un discorso a parte merita la categoria dei fidanzati e degli sposi: avete conosciuto un islandese che si trovava in Italia per lavoro o studio e siccome l’Italia non la tollerate più decidete di trasferirvi in quattro e quattr’otto in Islanda con lui. Potreste pensare che avere un partner islandese sia condizione necessaria e sufficiente ad entrare in questa società. Ma vi sbagliereste di grosso. Conosco diverse persone che hanno sposato islandesi e si sono trasferite qui per poi trovarsi senza lavoro, annoiate, spaesate e in preda alla solitudine. Questo può porre un peso incredibile sulla relazione, perché il partner sarà responsabile per la vostra vita sociale e sarà il vostro tramite con il mondo esterno: questo sarà sfiancante per lei o lui è frustrante e umiliante per voi. Dovete giocoforza crearvi una vita indipendente in modo autonomo. Avere un partner islandese può darvi un vantaggio, ma il lavoro dovrete farlo comunque voi. La mia esperienza è stata che gli islandesi ti accolgono subito come uno di loro se “entri” in un consorzio relazionale con un/un’ islandese, ma ho anche visto disparità di trattamento a seconda dei casi. È necessario osservare e analizzare i loro usi e costumi, capirli, farli propri, e mostrarsi volenterosi di partecipare alla loro vita e al loro mondo culturale. Gli islandesi sono ben consci di essere una cultura piccola e in pericolo, e apprezzano tantissimo quando gli stranieri se ne mostrano interessati. Se dell’Islanda vi importano soltanto i paesaggi, forse è meglio venirci solo a fare foto da turisti, perché non è una società abbastanza grande e variegata che chiunque può ritagliarsi facilmente un angolino adatto alle sue esigenze. Ci sono meno opportunità in quel senso che non in grandi città di grandi Paesi.

Le due prole chiave del discorso, credo, sono consapevolezza, indipendenza e proattività. Perché il vostro trasferimento in Islanda sia un successo dovrete:

  • Studiare bene la situazione è capire a fondo questo Paese – prima e dopo il trasferimento.
  • Essere pronti a dovervi arrangiare senza aiuto. Se ad ogni problema che vi si para davanti andate a chiedere aiuto a un altro italiano non durerete un giorno.
  • Darvi da fare continuamente per creare e consolidare i vostri legami sociali e la vostra presenza nelle cerchie in cui la vostra vita si articola. Fate sentire la vostra presenza in modo positivo, finché agli islandesi la vostra assenza lascerebbe un vuoto nella loro vita di tutti i giorni.

Mi sono dilungato abbastanza ma spero di essere stato esauriente!

6 risposte a “Perché l’Islanda potrebbe non fare al caso tuo”

  1. Ogni mondo e’paese non ti regala niente nessuno.questo e’poco ma sicuro.bisogna essere pratici e fiduciosi.senza farsi troppe aspettative

  2. Ogni mondo e’paese questo e’poco ma sicuro che nessuno ti regala niente.non darsi troppe aspettative.ma certamente i paesi nordici sono molto belli

  3. Avatar dani.rossa@tiscali.it
    dani.rossa@tiscali.it

    Grazie Buone Feste e Buon Nuovo 2020 al Prof. RL Pagani, all Staff e all’ISLANDA!! Cordialmente Suo, Daniele Rossa (PS.Dalle Dolomiti Bellunesi nel Veneto ne Italia via Europa 9 32020 Voltàgo Ag.BL)

  4. hai perfettamente ragione
    concordo
    sono un informatico e sono richiesti
    il problema è l’atteggiamento confronto agli stranieri
    molte delle stesse problematiche le trovano anche in altri paesi, senza fare nomi. Il rispetto, la professionalità devi guadagnartela ovunque sei, all’estero devi concorrere con i colleghi, anche come remunerazione.
    Ma la mentalità islandese, certo straniero in terra straniera
    immedesimarti nella loro cultura

    ma quando ho certo di delineare la situazione italiana
    dove un africano sbarca in Italia è accolto a braccia aperte dalla burocrazia
    dai vari organi governativi con mediatori culturali che spiegano come “muoversi” in un paese che non conoscono e neppure parlano la lingua
    gli islandesi con cui ho parlato sono rimasti un pochino sconcertati
    in inglese, l’islandese e’ ancora un mistero… sono soggetto a varie battute della mia incapacita’.
    diverso il discorso se arriverebbero in Islanda 1.000 stranieri in un mese
    per mesi ripetuti
    la capitale sarebbe con seri problemi e si adeguerebbero alla situazione come sta accadendo in Italia da una decina di anni.
    Hanno ancora il loro mondo idilliaco poiché non fanno parte della comunità europea, Brexit insegna

    sono in Islanda per lavoro, non parlo dall’Italia

    P.S.: adoro l’Islanda non e’ la prima volta che mi chiamano per una consulenza informatica. Non mi crea problemi il clima, adoro la non puntualità’ nei rapporti fra le persone.

  5. […] stai valutando un trasferimento, ti consiglio di leggere “Perché l’Islanda potrebbe non fare al caso tuo?” e “L’utopia islandese”, potrebbero essere determinanti nel capire meglio che tipo di scelta […]

  6. Ciao! Sono qui a Reykjavik in questi giorni con la mia famiglia, mi piace tutto dell’Islanda, ma probabilmente sono troppo mediterranea per pensare di viverci se non per qualche mese e godermi un paese così lontano, da ogni punto di vista, dal mio.

    E, soprattutto, ho una domanda per te: MA DOVE SONO I VECCHI?!

    P.s. Ho persino pensato a una specie di Cocoon immersa nelle acque termali, ma forse mi sono fatta influenzare dall’atmosfera.
    Buona Islanda!

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