Jón Arason, eroe nazionale islandese

Jón Arason è stato l’ultimo vescovo cattolico d’Islanda prima dell’età contemporanea. Inizialmente fu a capo della diocesi di Hólar, che abbracciava il Nord dell’Islanda. Sud, Est e Ovest si trovavano sotto la diocesi di Skálholt, il cui ultimo vescovo cattolico fu Ögmundur Pálsson.

Nei periodi di guerra civile o vuoto di potere in Danimarca (sotto alla quale l’Islanda si trovava dalla fine del 1300, i vescovi agivano in qualità di reggenti e gestivano la politica interna del paese, erano dunque dei grandi leader politici e non solo spirituali.

Con la lega commerciale Hanseatica (nord tedesca) commercianti tedeschi presero a importare le idee della riforma in Islanda, e presto una chiesa protestante sorse nella zona di Hafnarfjörður. I giovani chierici islandesi che si recavano in Germania per studio portarono con se le nuove idee di Lutero, e ben presto si creò un piccolo gruppo di giovani radicalizzati adepti della riforma. Tra questi si trovava Oddur Gottskálksson, che tradusse il nuovo testamento in Islandese alle spalle del suo superiore, il cattolicissimo vescovo di Skálholt. Qui va ricordato che la chiesa cattolica non era contraria alle traduzioni: semplicemente voleva sincerarsi che esse fossero conformi agli originali e non ne distorcessero il senso per supportare questa o quella tesi eretica. I luterani inizialmente tennero un profilo basso, ma una volta che il re danese ebbe reso il luteranesimo la religione di Stato, nel 1537, iniziarono ad osteggiare apertamente l’establishment cattolico islandese.

Nonostante l’aspetto religioso fosse sicuramente presente (almeno in alcuni riformatori), il nocciolo della questione era una più prosaica lotta per il potere: la Danimarca doveva contendersi con il fatto che la Svezia, nel 1523, si era staccata dall’Unione di Kalmar, e ora poneva una minaccia seria. Per finanziare le sanguinose guerre con il vicino, la neonata monarchia svedese usò la scusa della riforma per espropriare la Chiesa e rimpinguare le casse statali. La Danimarca seguì l’esempio.

Dal punto di vista dei giovani studenti universitari, invece, oltre al sempre presente scarto generazionale, per cui ogni generazione sceglie (spesso anche abbastanza arbitrariamente) qualche pretesto per opporsi e sfidare quelle precedenti, c’era probabilmente il fatto che anziché scalare la gerarchia secondo le regole del sistema era più semplice scardinare il sistema stesso e sostituirlo con uno nuovo in cui il gruppo precedentemente inferiore (i luterani) sarebbe diventato dominante, operando dunque una sostituzione dall’alto, e dall’alto è più semplice poi imporre cambiamenti a livelli inferiori. Questo fecero i principi protestanti nord-tedeschi e i monarchi scandinavi: avevano bisogno di accumulare potere e risorse espropriandone il più grande detentore del tempo: la Chiesa.

Per dovere di cronaca, va anche detto che la Chiesa, nel bene e nel male, era estremamente ricca e influente in Scandinavia, assai più di quanto non lo fosse in Europa meridionale. Questo deve aver contribuito non poco a fomentare il risentimento dei signori locali rispetto alla Chiesa, che metteva sempre il becco in tutto e possedeva gran parte del patrimonio.

Nel 1538 i vescovi islandesi dichiararono eresia l’editto reale che istituiva la nuova chiesa riformata, e inviarono una lettera alle parrocchie minacciando la scomunica per gli aderenti alla loro riforma. Nel medioevo una scomunica sarebbe costata molto più cara. Nessuno era più tenuto a rispettarti – o ubbidirti se eri un sovrano, perché uno espulso dalla Chiesa cristiana non aveva diritto a governare sui cristiani. Ma ora i tempi erano cambiati: il re inviò un nuovo governatore in Islanda, il conte tedesco Claus Von Marwitzen, un avventuriero incompetente e senza scrupoli, con l’incarico di istituire il nuovo apparato ecclesiastico e confiscare alcuni beni della chiesa cattolica islandese.

Uno dei primi atti più brutali fu lo sfratto coercitivo dei monaci dal monastero sull’isola di Viðey, al largo della costa di Reykjavík, orchestrato dallo sceriffo Dietrich di Mynden. Il vescovo Ögmundur portò i due in tribunale all’Alþingi, dove questi si difesero dicendo di aver agito su ordine del re, e produssero un documento falso che valse loro la condanna. Questa rimase lettera morta: nessuno in Islanda aveva l’autorità di arrestare i rappresentanti del re.

In seguito, Dietrich e 8 suoi uomini si recarono ad est per razziare i monasteri di Þykkvibær e Kirkjubær, ma si fermarono sulla strada a Skálholt, dove maltrattarono l’anziano vescovo Ögmundur, ma fu una scelta infelice, perché i sostenitori del vescovo radunarono una forza e uccisero il governatore e i suoi.

Al pensionamento di Ögmundur, il successore che egli stesso aveva nominato, Gissur (che si era finto un buon cattolico, ma che era in realtà un protestante) cercò di diffondere la causa luterana tra la popolazione, ma con scarso successo. Il parlamento islandese condannò il suo operato, segno che la maggioranza islandese non vedeva di buon occhio l’avvento della riforma. L’ex-vescovo Ögmundur, resosi conto di aver fatto eleggere un luterano, scrisse una lettera al suo collega della diocesi del nord, la quale venne intercettata e gli valse l’accusa di tradimento, a cui seguì l’arresto e la deportazione in Danimarca, nel contesto della quale morì. Gissur era solo ventottenne quando fu eletto, ma morì prematuramente e fu sostituito da Marteinn, un altro luterano, ma a quel punto entrò sulla scena il vescovo del Nord, Jón Arason.

Questi fece catturare Marteinn e si insediò come vescovo su tutta l’Islanda. Era un uomo corpulento, alto e molto carismatico, fine poeta, e ammiratore della cultura latina, lingua nella quale non era così ferrato come avrebbe voluto, per sua stessa ammissione! Questi scrisse una lettera al Papa chiedendo sostegno, e ricevette una risposta rinfrancante, che lo spinse probabilmente ad agire. Presa la diocesi di Skálholt con la forza cercò di epurare il Sud dalla dottrina luterana e fece riaprire monasteri che erano stati destituiti. A causa di ciò fu accusato di alto tradimento. Aveva scritto una lettera al re danese chiedendo una dispensa per poter praticare in pace la propria religione e conservare i suoi averi, oppure di avere un salvacondotto per poter lasciare l’Islanda senza rischiare la vita.

Per tutta risposta il re avrebbe inviato una forza navale per reprimere nel sangue qualsiasi tentativo di ribellione.

In rivale del vescovo, un islandese protestante, Dadi Guðmundsson, si scontrò con le forze del vescovo e riuscì a catturarlo nell’autunno del 1550. Il vescovo fu condotto a Skálholt con due suoi figli, in attesa di essere processati. I carcerieri (danesi e islandesi) decisero però che era pericoloso tenerli in vita, nel caso attirassero una forza di sostenitori dal Nord, così che decisero di decapitarli. Mentre discutevano il da farsi, sarebbe stata pronunciata la celebre frase: “Ci penseranno l’ascia e la terra”, indicando che la soluzione migliore era tagliare loro la testa.

Fu così che il 7 Novembre 1550 il vescovo Jón Arason fu condotto all’esterno, dove gli fu offerta la possibilità di pentimento e grazia, che rifiutò con fermezza, preparandosi al martirio. Leggenda vuole che, a quel punto, un prete che era stato al suo servizio, Sveinn, gli avrebbe detto “C’è vita oltre la morte, eccellenza!”, e lui, che chiamava il prete Sveinki (Sveiniello) gli avrebbe detto: “Guarda che lo so, Sveiniello”, e questa frase sarebbe diventata proverbiale, e può essere usata quando qualcuno pronuncia un’ovvietà imbarazzante.

I carcerieri furono comunque individuati e uccisi da una forza di sostenitori del fu Jón Arason, le cui spoglie trasportarono a Hólar per l’inumazione.

Jón Arason diventò poi un simbolo dell’indipendenza nazionale dell’Islanda, ed è anche antenato di praticamente tutti gli islandesi che vivono oggi. Un cippo commemorativo è installato nel luogo della sua esecuzione a Skálholt.

Con Jón Arason il cattolicesimo si spense in Islanda, la corona ordinò il trasferimento in Danimarca di tutti gli arredi ecclesiastici in metalli preziosi, così da fonderli e finanziare le guerre contro la Svezia, così che più di mezzo millennio di arte e tradizioni locali legate ad esso, incluse leggende, culti dei santi, andarono perduti.

Le due sedi vescovili di Skálholt e Hólar sono state, fino almeno al secolo XVIII, i veri centri di cultura e potere dell’Islanda. Skálholt era quanto di più potesse avvicinarsi ad una capitale. Entrambe le località sono visitabilissime, e ne vale davvero la pena. Skálholt è vicinissima alla famosa Secret Lagoon di Flúðir, Hólar è invece in una valle laterale raggiungibile deviando a sinistra lungo la penisola a est della quale si trova Akureyri. È davvero bello visitarli avendo consapevolezza della densa storia che si è consumata in questi luoghi!

5 risposte a “Jón Arason, eroe nazionale islandese”

  1. […] cercando anche l’appoggio del Papa. La decapitazione dell’ultimo vescovo cattolico, Jón Arason, avvenuta nel 1550, segna la fine del medioevo […]

  2. […] fu ufficialmente proibito dal 1550, anno della decapitazione dell’ultimo vescovo cattolico, Jón Arason, che – in una modalità, se vogliamo, schizofrenica – viene considerato un eroe […]

  3. Grazie per la conoscenza profonda di un mondo mitico nel quale ci fai entrare.

  4. […] Riforma Luterana, imposta dal re danese e completata nel 1550 dopo una strenua resistenza, nonostante i tentativi di eliminare ogni traccia dei 550 anni precedenti di cultura cattolica, non […]

  5. […] non è confermata. La festività è comunque un elemento del retaggio cattolico, sopravvissuto alla Riforma Luterana completata nel […]

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